28 ottobre 2009
20 ottobre 2009
Il Viaggio di Dante e la Bhagavad-gita.
Esperienza psicologica di Inferno, Purgatorio e Paradiso per l'uomo contemporaneo.
Sabato 26 settembre in Palazzo Vecchio a Firenze la Bhagavad-gita della tradizione vedico-vaishnava, che Shrila Prabhupada ha diffuso in Occidente, e la Divina Commedia di Dante Alighieri, hanno dialogato in uno scenario suggestivo, ispirando e affascinando le circa seicento persone intervenute da tutta Italia per l'occasione. Il suggestivo contesto storico artistico ha ospitato egregiamente l'evento, condotto da Matsyavatara Prabhu. Esso ha avuto luogo nel Salone De' Cinquecento ed è stato videoproiettato in quello De' Dugento. Le scene di battaglia raffigurate nei dipinti del Vasari, il Genio della Vittoria di Michelangelo e le statue di Vincenzo De' Rossi rappresentanti Le Fatiche di Ercole sembravano rievocare i momenti cruciali del viaggio esistenziale di Arjuna nella Gita e di Dante nella Commedia. L'angosciante crisi che entrambi vivono, che pare a loro quasi peggiore della morte, li conduce in una difficile battaglia (‘la guerra sì del cammino e sì de la pietate’) dalla quale escono entrambi vittoriosi. Matsyavatara Prabhu ha dapprima tracciato una contestualizzazione culturale e socio-storico-politica delle due opere, descrivendo tratti peculiari dell'antica tradizione indovedica e della civiltà medioevale ai tempi di Dante con riferimento alle loro rispettive fonti. Sono state offerte prospettive culturali di ampio respiro in uno stimolante confronto-dialogo tra Oriente e Occidente, tracciando collegamenti tra culture solo apparentemente distanti: i grandi classici greci e latini, gli antichi rishi vedici, la tradizione alchemica medievale e il Dolce Stil Novo, la letteratura islamica e i mistici sufi, il cristianesimo e la tradizione della Bhakti vaishnava. Su due grandi schermi scorrevano immagini che rievocavano i contenuti delle due opere, mentre Matsyavatara Prabhu entrava nel vivo approfondendo i profili psicologici dei caratteri di Arjuna e Dante nelle loro sorprendenti convergenze: due eminenti figure politiche, un principe e un priore, che nel loro dramma esistenziale e sociale, appassionatamente intraprendono la ricerca di un sentiero evolutivo che dalla selva oscura li riconduce alla luce dell’alta consapevolezza, il ben dell'intelletto dantesco e il buddhi-yukta di Krishna nella Bhagavad-gita. Attraverso le spiegazioni offerte, le voci di Arjuna e di Dante parevano dialogare tra loro esprimendo le stesse problematiche esistenziali, di cui si è potuta toccare con mano la sorprendente attualità; a tali cruciali interrogativi rispondevano gli insegnamenti di Krishna nella Gita e di Virgilio e Beatrice nella Commedia, offrendo soluzioni e valori di riferimento per vari aspetti convergenti. In entrambi i casi l'esperienza della crisi si rivela essere lo stimolo più grande per la propria personale evoluzione, che passa attraverso il riconoscimento e il superamento dei propri limiti fino all'illuminazione e all'incontro con Dio. Dante riconquista la luce attraverso la discesa negli inferi, in cui riconosce i propri vizi e le umane bassezze, e Arjuna ritrova la pace combattendo nello spirito dell’offerta a Shri Krishna quella battaglia di Kurukshetra che ogni individuo è chiamato ad affrontare nella propria vita. Dando risposta alle domande poste dal pubblico sono emerse, in un coinvolgente e vivido affresco, le caratteristiche degli stati di coscienza di inferno, purgatorio e paradiso, corrispondenti alle dimensioni bhur, bhuvah, svahah della psico-cosmogonia indovedica. I protagonisti della Gita e della Commedia sono stati colti e rappresentati nei loro significati più profondi: uscendo dall'alone di un'interpretazione meramente letteraria e accademica, essi hanno espresso con forza e chiarezza le loro istanze. Chi ascoltava ha potuto rispecchiarsi nelle loro vicende, li ha incontrati nella propria vita, li ha scoperti presenti nel proprio animo poiché sorprendente espressione di debolezze e virtù proprie, di differenti tendenze e livelli di consapevolezza. Alcuni dei temi approfonditi nel confronto tra Bhagavad-gita e Divina Commedia: la figura archetipica del maestro spirituale, gli ostacoli lungo il cammino, il rapporto individuo-società, le vie alchemiche della purificazione del cuore, e soprattutto l'amore come culmine dell'esperienza realizzativa in entrambi i percorsi iniziatici. La Bhakti della tradizione indovedica e l'amor divino della Commedia rappresentano nelle due opere la méta comune da raggiungersi e al tempo stesso il comune mezzo che conduce a quella suprema méta. In essa è racchiuso il senso della vita prima della morte e oltre la morte. Il viaggio dalla terra al cielo, dalla morte all'immortalità, dalle tenebre alla luce, dall'uomo a Dio, dalle passioni egoiche all'amore immortale è l'avventuroso percorso che in parallelo compiono Dante ed Arjuna, e che ogni individuo ha la possibilità di intraprendere per ritrovare la propria collocazione armonica nell'universo e realizzare se stesso oltre i condizionamenti dell'ego, di tempo e spazio. La Gita e la Commedia – ha concluso Matsyavatara Prabhu – sono opere di intramontabile valore, le cui straordinarie convergenze fanno cadere le contrapposizioni tra Oriente e Occidente, abbattono fanatismi laici e religiosi; esse insegnano ad integrare l'umano con il Divino, a realizzare il Divino senza rinnegare l'umano. La Gita e la Commedia possono non solo proficuamente dialogare tra loro, ma far dialogare anche le genti di oggi, l'individuo e la società, creature, creato e Creatore, conducendo nelle loro espressioni più alte alla realizzazione della divina saggezza e dell'amore immortale. L'amor che move il sole e le altre stelle. La Bhakti come suprema forza purificatrice, che trascende i confini di tempo e spazio e che costituisce l'apice di ogni percorso spirituale autentico.
Per chi è interessato è disponibile un video dell'evento.
Per informazioni: secretary@c-s-b.org.
Sabato 26 settembre in Palazzo Vecchio a Firenze la Bhagavad-gita della tradizione vedico-vaishnava, che Shrila Prabhupada ha diffuso in Occidente, e la Divina Commedia di Dante Alighieri, hanno dialogato in uno scenario suggestivo, ispirando e affascinando le circa seicento persone intervenute da tutta Italia per l'occasione. Il suggestivo contesto storico artistico ha ospitato egregiamente l'evento, condotto da Matsyavatara Prabhu. Esso ha avuto luogo nel Salone De' Cinquecento ed è stato videoproiettato in quello De' Dugento. Le scene di battaglia raffigurate nei dipinti del Vasari, il Genio della Vittoria di Michelangelo e le statue di Vincenzo De' Rossi rappresentanti Le Fatiche di Ercole sembravano rievocare i momenti cruciali del viaggio esistenziale di Arjuna nella Gita e di Dante nella Commedia. L'angosciante crisi che entrambi vivono, che pare a loro quasi peggiore della morte, li conduce in una difficile battaglia (‘la guerra sì del cammino e sì de la pietate’) dalla quale escono entrambi vittoriosi. Matsyavatara Prabhu ha dapprima tracciato una contestualizzazione culturale e socio-storico-politica delle due opere, descrivendo tratti peculiari dell'antica tradizione indovedica e della civiltà medioevale ai tempi di Dante con riferimento alle loro rispettive fonti. Sono state offerte prospettive culturali di ampio respiro in uno stimolante confronto-dialogo tra Oriente e Occidente, tracciando collegamenti tra culture solo apparentemente distanti: i grandi classici greci e latini, gli antichi rishi vedici, la tradizione alchemica medievale e il Dolce Stil Novo, la letteratura islamica e i mistici sufi, il cristianesimo e la tradizione della Bhakti vaishnava. Su due grandi schermi scorrevano immagini che rievocavano i contenuti delle due opere, mentre Matsyavatara Prabhu entrava nel vivo approfondendo i profili psicologici dei caratteri di Arjuna e Dante nelle loro sorprendenti convergenze: due eminenti figure politiche, un principe e un priore, che nel loro dramma esistenziale e sociale, appassionatamente intraprendono la ricerca di un sentiero evolutivo che dalla selva oscura li riconduce alla luce dell’alta consapevolezza, il ben dell'intelletto dantesco e il buddhi-yukta di Krishna nella Bhagavad-gita. Attraverso le spiegazioni offerte, le voci di Arjuna e di Dante parevano dialogare tra loro esprimendo le stesse problematiche esistenziali, di cui si è potuta toccare con mano la sorprendente attualità; a tali cruciali interrogativi rispondevano gli insegnamenti di Krishna nella Gita e di Virgilio e Beatrice nella Commedia, offrendo soluzioni e valori di riferimento per vari aspetti convergenti. In entrambi i casi l'esperienza della crisi si rivela essere lo stimolo più grande per la propria personale evoluzione, che passa attraverso il riconoscimento e il superamento dei propri limiti fino all'illuminazione e all'incontro con Dio. Dante riconquista la luce attraverso la discesa negli inferi, in cui riconosce i propri vizi e le umane bassezze, e Arjuna ritrova la pace combattendo nello spirito dell’offerta a Shri Krishna quella battaglia di Kurukshetra che ogni individuo è chiamato ad affrontare nella propria vita. Dando risposta alle domande poste dal pubblico sono emerse, in un coinvolgente e vivido affresco, le caratteristiche degli stati di coscienza di inferno, purgatorio e paradiso, corrispondenti alle dimensioni bhur, bhuvah, svahah della psico-cosmogonia indovedica. I protagonisti della Gita e della Commedia sono stati colti e rappresentati nei loro significati più profondi: uscendo dall'alone di un'interpretazione meramente letteraria e accademica, essi hanno espresso con forza e chiarezza le loro istanze. Chi ascoltava ha potuto rispecchiarsi nelle loro vicende, li ha incontrati nella propria vita, li ha scoperti presenti nel proprio animo poiché sorprendente espressione di debolezze e virtù proprie, di differenti tendenze e livelli di consapevolezza. Alcuni dei temi approfonditi nel confronto tra Bhagavad-gita e Divina Commedia: la figura archetipica del maestro spirituale, gli ostacoli lungo il cammino, il rapporto individuo-società, le vie alchemiche della purificazione del cuore, e soprattutto l'amore come culmine dell'esperienza realizzativa in entrambi i percorsi iniziatici. La Bhakti della tradizione indovedica e l'amor divino della Commedia rappresentano nelle due opere la méta comune da raggiungersi e al tempo stesso il comune mezzo che conduce a quella suprema méta. In essa è racchiuso il senso della vita prima della morte e oltre la morte. Il viaggio dalla terra al cielo, dalla morte all'immortalità, dalle tenebre alla luce, dall'uomo a Dio, dalle passioni egoiche all'amore immortale è l'avventuroso percorso che in parallelo compiono Dante ed Arjuna, e che ogni individuo ha la possibilità di intraprendere per ritrovare la propria collocazione armonica nell'universo e realizzare se stesso oltre i condizionamenti dell'ego, di tempo e spazio. La Gita e la Commedia – ha concluso Matsyavatara Prabhu – sono opere di intramontabile valore, le cui straordinarie convergenze fanno cadere le contrapposizioni tra Oriente e Occidente, abbattono fanatismi laici e religiosi; esse insegnano ad integrare l'umano con il Divino, a realizzare il Divino senza rinnegare l'umano. La Gita e la Commedia possono non solo proficuamente dialogare tra loro, ma far dialogare anche le genti di oggi, l'individuo e la società, creature, creato e Creatore, conducendo nelle loro espressioni più alte alla realizzazione della divina saggezza e dell'amore immortale. L'amor che move il sole e le altre stelle. La Bhakti come suprema forza purificatrice, che trascende i confini di tempo e spazio e che costituisce l'apice di ogni percorso spirituale autentico.
Per chi è interessato è disponibile un video dell'evento.
Per informazioni: secretary@c-s-b.org.
01 ottobre 2009
'Il valore delle relazioni' di Shriman Matsyavatara Prabhu.
La qualità delle relazioni è garantita solo se sappiamo apprezzare il valore e le qualità degli altri e della relazione in sé. La carenza o addirittura la mancanza di tale apprezzamento produce un deserto relazionale. Per ovviare a ciò, primo passo indispensabile è imparare a riconoscere i pregi a chi li ha. Cosa dire, quando, quanto e a chi non è sempre facile da capire o da intuire: le relazioni umane sono un universo complesso. A volte mettiamo il cuore in una relazione, cerchiamo di svilupparla al meglio delle nostre possibilità, eppure non riusciamo a costruire con l'altro quel che era nelle nostre intenzioni. A noi spetta impegnarci e fare il massimo, con intento evolutivo, con gioia e desiderio di crescere assieme ma senza aspettative, sempre aperti alla risposta dell'altro, rispettando l'altrui libertà. Se davvero desideriamo imparare ad amare gli altri, non ci adageremo passivamente sulle persone sviluppando con loro relazioni morbose, di dipendenza, caricandole delle nostre aspettative e pretese egoiche e con queste soffocando la possibilità di interagire ed operare favorevolmente per il bene comune. Chi non riesce a mettere in pratica questo basilare principio, crolla con il crollare della relazione: perde quota e cade al suolo senza neanche aver avuto il tempo di accorgersene. Investiamo nelle relazioni le nostre migliori energie, tutta l'intelligenza e il cuore, ma facciamolo senza ammalarci di perfezionismo, essendo umilmente consapevoli degli umani limiti, nostri e altrui. Anche ciò ci aiuterà ad apprezzare il valore di ciò che stiamo costruendo. Per edificare una relazione, che sia di coppia, amicale, parentale o di Guru-discepolo, tenete di conto dei tre principi fondamentali che Vitruvio stabilì come prioritari per l'edificazione delle costruzioni:
1) Stabilità
2) Funzionalità
3) Bellezza
Un edificio deve essere stabile, solido, capace di reggere agli urti del tempo e degli elementi della natura, e così una relazione. Non si può costruire su di un terreno fragile che non regge: si debbono necessariamente scegliere terreni solidi. Se abbiamo a che fare con un terreno fragile, occorre prima di tutto iniziare un lavoro di consolidamento del terreno stesso, prima di cominciarvi a costruire. Non si può consolidare il terreno e nel frattempo iniziare a costruirvi sopra: non funzionerà, per certo l'edificio non potrà reggere, così come una relazione non potrà reggere agli urti del tempo e alle sfide della vita se non è stata ben impostata, ben preparata, coltivata, rafforzata, maturata. Affinché si manifestino i propri ed altrui talenti e qualità, affinché si sviluppino le siddhi, ovvero le perfezioni nella relazione, e diventino sempre più fulgenti, in tutta la loro potenzialità espressa, occorre costruire su basi solide e per far ciò occorre operare con continuità, senza intermittenza, senza distrazioni o dispersioni di energie, viceversa le nostre possibilità di sviluppo e di realizzazione rimarranno incompiute, flebili come piccole lucciole che si accendono e spengono nel buio della notte. La discontinuità, e i conseguenti sbalzi di umore, rovinano le relazioni e ogni cosa che si fa: sono il minotauro che si deve prendere per le corna e vincere, se vogliamo portare a compimento le nostre imprese. Oltre ad operare con continuità per favorire il vigore, la tenuta e la stabilità delle relazioni, occorre impostare i nostri rapporti in base a ciò che è più funzionale. Funzionale a cosa? Alla nostra e altrui evoluzione. Una relazione può essere di per sé stabile e bella, ma se non è funzionale all'alto scopo che ci siamo prefissi, quale sarà il suo valore? Per imparare ad impostare le relazioni secondo il principio della funzionalità, è importante sviluppare le qualità della flessibilità, della duttilità, dell'elasticità, che ci permettono di scegliere a seconda della situazione in cui ci troviamo il comportamento più idoneo – per quel tempo (kala), luogo (desha) e circostanza (patra) - rispetto ai valori che ci siamo dati o che intendiamo perseguire. Infine, oltre ad essere stabile e funzionale, una costruzione secondo Vitruvio deve essere anche bella, e così ugualmente una relazione. Per quanto gli umani si siano sforzati di stabilire dei canoni estetici, il senso del bello è sempre sfuggito a rigidi schemi o a preimpostate categorizzazioni. La bellezza è proporzione, armonia, perfezione delle forme, ma anche quel certo “non so che” che rappresenta il fascino di una certa cosa, persona o relazione: la sua unicità. E così, se affiniamo lo sguardo, se eleviamo la coscienza, se purifichiamo il sentire, possiamo scoprire fascino e bellezza in ogni essere, in ogni relazione, realizzando che la bellezza è oltre la mera parvenza delle forme: corrisponde all'intima essenza di ciò che è. Nella tradizione il bello era infatti inscindibile dal buono, dalle qualità dell'anima. Avviare relazioni affettive basandosi su criteri di estetica superficiale, quella ingannevole delle forme, vuol dire condannarsi a fallimenti sicuri. “Non t'inganni l'ampiezza dell'entrare”, dice Minosse a Dante, e continua: “Bada di chi te fide”. Ciò è importante per non intraprendere relazioni frutto di scelte avventate, il cui esito non può essere che frustrazione, sofferenza, tante volte depressione e disperazione. Impegniamoci ad interagire con gli altri con il costante ed unico desiderio di beneficarli, di perseguire il loro successo, quello vero, che è di natura puramente spirituale: ciò rappresenterà la migliore protezione per la nostra vita, per noi stessi, per le nostre relazioni. Sarà il principio potente, seppur invisibile, che guiderà in senso evolutivo ogni nostra scelta e ci orienterà sempre nella giusta direzione ad ogni cruciale bivio della vita. Impariamo a relazionarci sempre lasciando la possibilità agli altri di accogliere o rifiutare la nostra offerta di amore, perché l'amore vive di libertà. Ascoltiamo la nostra voce interiore quando agiamo, quando operiamo nel mondo, quando ci relazioniamo; se ci dà degli avvisi, se ci esorta ad essere cauti, prestiamole attenzione ed agiamo con prudenza, senza lanciarci in situazioni o in relazioni che potrebbero essere pericolose e che potrebbero danneggiarci e danneggiare più di quanto il nostro piccolo intelletto possa capire. La gradualità nello stabilire relazioni e nello stringere rapporti è essenziale per avere successo nella vita, così come è essenziale, una volta fatta una scelta con ponderatezza e lungimiranza, non cambiare improvvisamente i piani, seguendo acriticamente gli impulsi di mente e sensi, lasciandosi sopraffare dalla vita istintuale e venendo meno ai principi basilari della stabilità e della coerenza. Purtroppo l'impostazione prevalente della società moderna induce ad agire in maniera superficiale ed avventata, bruciando i tempi ed anche le relazioni, ma se vogliamo costruire rapporti di valore occorre investimento di tempo e di attenzione, sensibilità, maturità, cura, preoccupazione, senso di responsabilità, accoglienza, tolleranza, capacità di aprirsi all'altro per comunicare e per ascoltare profondamente. Evitiamo di coltivare quelle relazioni o azioni che non sono coerenti al progetto di vita che intendiamo realizzare, perché senza un progetto e senza seguire con continuità il metodo che ci porta a realizzarlo, non faremmo altro che ripartire ogni volta daccapo, consumando tempo ed energie e mostrando a noi stessi e agli altri la peggiore versione della nostra personalità. Elaboriamo un progetto dei nostri prossimi anni di vita come una sorta di carta nautica su cui meditare. Le cose grandi che si fanno sono tutte frutto di una visualizzazione interiore; per realizzare occorre saper visualizzare e anche saper correggere in corso d'opera le nostre visualizzazioni. Impegnarci a fare un progetto della nostra vita e a seguirlo coerentemente, significa fondare noi stessi e la nostra esistenza su basi solide, resistenti alle tante crisi che comunque tutti noi dovremo affrontare e che solo in questo modo potranno essere trasformate in occasioni di elevazione attraverso il riconoscimento e il superamento dei nostri limiti, accelerando sempre più il nostro cammino verso gli obiettivi che danno valore al nostro percorso nel mondo. Abbiamo un anno, una vita, un'eternità di fronte. Fare un progetto di vita e lavorarci con continuità ci stimola a conoscerci profondamente, a discernere tra il nostro io storico e il vero sé, tra obiettivi illusori e scopi di valore, tra relazioni effimere e relazioni propedeutiche al risveglio della coscienza, il tutto per favorire il grande viaggio di ogni essere umano verso la più elevata consapevolezza e la realizzazione del Divino dentro e fuori di sé. In ogni pensiero, desiderio, parola ed azione possiamo esprimere con intensità e ogni giorno con rinnovata freschezza la nostra istanza profonda di conoscere e amare noi stessi, gli altri e Dio, amando Dio in ogni essere e ogni essere in Dio. In questo modo dentro noi e in ogni persona che incontriamo getteremo semi di amore vero, quel sentimento puro e universale che può appagare completamente l'anima. Per sviluppare questo supremo amore occorre sviluppare le qualità dell'anima come fedeltà, lealtà, castità, trasparenza, pulizia, veridicità, senso di responsabilità, affidabilità, compassione, coraggio, amicizia, determinazione, perseveranza, imprimendole nella mente e soprattutto nel cuore, non con sterile forza di volontà e freddo raziocinio, che rischiano di sfociare in caparbietà e durezza, ma con l'impeto vitale dell'anima che rende interiormente forti ma flessibili, determinati ma dolci, entusiasti e pazienti allo stesso tempo, per la fede realizzata nelle infinite potenzialità del sé e per quella sviluppata capacità di equilibrio dinamico che ci tiene in piedi anche quando siamo urtati, anche se qualcuno ci provoca o ci disturba con un comportamento offensivo. Se seguissimo gli impulsi della mente reagiremmo con collera, con stizza, tirando fuori il peggio di noi, ma grazie alla pratica di una disciplina di vita, possiamo riuscire a trasformare queste pulsioni, canalizzando in modo costruttivo il loro potenziale energetico. La collera viene allora trasformata in parole che scrollano le persone dall'illusione senza ferirle, senza far perdere la speranza, ridando loro visione. Questo equilibrio dinamico è indispensabile da svilupparsi, e per raggiungere tale scopo fino alla più elevata realizzazione spirituale la tradizione indovedica raccomanda il metodo della sadhana-bhakti, collaudato da millenni, con efficacia sperimentata da innumerevoli persone. Una disciplina interiore di grande spessore per compiere la più grande delle imprese nella vita umana, quella dell'auto-realizzazione, che necessita di tutto il nostro impegno e di un orientamento sicuro, poiché ogni grande impresa è soggetta a grandi sfide. Se desideriamo relazioni di valore, tanti ci metteranno alla prova, con tentazioni e provocazioni. Ma se manteniamo salda la rotta, i piaceri fugaci gradualmente perdono di attrazione, le offese ricevute ci appaiono come grandi occasioni per superare i nostri limiti, e sempre più il Signore del cuore, che dal cuore parla al nostro cuore, Shri Kamadeva, soddisferà ogni nostro più intimo desiderio dell'anima, ogni aspirazione, ogni gioia che si desidera offrire al servizio di Dio. Chi desidera diventare un asceta diventerà un vero asceta, chi aspira ad essere un buon capofamiglia lo sarà, chi vuole produrre ricchezze a beneficio di tutti svilupperà l'intelligenza e l'intraprendenza per farlo se si comporta secondo l'ordine cosmo-etico di origine divina che sostiene ogni essere e l'universo intero, mentre chi arraffa per sé non produrrà mai nulla, né per sé né per gli altri. Nessuno può essere felice se non è in un trend evolutivo stabile. Per immetterci in questo trend evolutivo dobbiamo impegnarci a superare i nostri limiti: quelli strutturatisi geneticamente, quelli che sono conseguenza dell'ambiente in cui si è vissuto e quelli che sono il risultato di errori compiuti. Possiamo riuscirci se investiamo fiducia in noi stessi, nelle nostre qualità intrinseche, e in quelle altrui, riscoprendo quel tesoro che giace celato in ciascuno e che corrisponde alla nostra essenza profonda. I difetti, i condizionamenti, i limiti per i quali soffriamo sono superfetazioni che coprono la nostra vera identità. Non scoraggiatevi se non vedete subito i risultati: in realtà essi si stanno già strutturando ad un livello più sottile anche se voi non li percepite con gli occhi fisici, ma chi è esperto e sa guardare nel cuore li vede. Poiché tutto nel mondo è inscindibilmente collegato e per la legge universale della reciprocità tutto quel che è fatto è reso, per valorizzare noi stessi dobbiamo valorizzare gli altri, e lo possiamo fare se coltiviamo fiducia nelle loro qualità, esprimendo la convinzione che essi possono fare molto più di quel che credono ed essendo sempre pronti ad offrire loro parole di conforto nei momenti di bisogno, affinché il nostro ricordo possa aiutarli anche quando noi non ci saremo più o loro non saranno più con noi. Che le nostre parole e il nostro esempio di vita aiutino ad affrontare i momenti più duri, le prove più grandi, offrendo quell'energia e quella fiducia che serve per andare avanti anche se si è in salita, per poi magari scoprire - dopo la prima curva - che finisce la salita e inizia la discesa. Tanti di noi avranno già fatto questa confortante esperienza. Ogni individuo può realizzare se stesso se s'impegna in attività costruttive volte alla realizzazione spirituale, le uniche che profondamente soddisfano permettendo di esprimere al meglio la propria creatività, e se coltiva relazioni che hanno scopo evolutivo, le uniche che colmano il cuore di gioia e che possono essere condivise con tutti, perché l'amore vero non è esclusivo. La relazione con Dio è quella che dovremmo più di ogni altra privilegiare, ma poiché ogni creatura è espressione del Divino, il rispetto, la premura, l'apprezzamento e l'affetto dovrebbero scorrere verso ogni essere. Il destino del corpo è incerto, improvvisamente possiamo morire per una grave malattia, per un incidente o per chissà cos'altro. Non sappiamo cosa possa succedere a questa struttura della materia nella quale abitiamo, ma abbiamo una grande certezza: se qui ed ora intraprendiamo il viaggio evolutivo, esso continuerà anche oltre la dipartita da questo corpo fisico e ciò che abbiamo seminato qui fiorirà altrove rendendo facile e veloce il nostro progresso. Rinasceremo in un ambiente favorevole, da genitori che ci educano amorevolmente, incontreremo persone speciali che orientano il nostro cammino. Cerchiamo di vivere in maniera più umile possibile impegnando le energie che il Signore ci dà al servizio Suo e per il bene di tutti, senza lamentarci se siamo chiamati a salire su di un trono o a sederci per terra. Se l'utilità è il principio, e se l'utilità è funzionale ad uno scopo evolutivo, dobbiamo essere disponibili a fare qualsiasi cosa siamo chiamati a fare, al di là delle nostre preferenze egoiche. La Katha Upanishad spiega che è dal dovere che nasce il vero piacere, quello che dura e che appaga completamente. Parlare di temi come questi con chi ci sta più a cuore, con chi più è ricettivo, significa scambiare parole e gesti di amore: sono queste le effusioni del vero amore, le espressioni del più nobile tra i sentimenti. Amate, agite con il cuore, con spirito di gioco a favore del grande progetto evolutivo della vita. Questa attitudine vi dispenserà ogni gioia, vi permetterà di sviluppare ogni perfezione.
1) Stabilità
2) Funzionalità
3) Bellezza
Un edificio deve essere stabile, solido, capace di reggere agli urti del tempo e degli elementi della natura, e così una relazione. Non si può costruire su di un terreno fragile che non regge: si debbono necessariamente scegliere terreni solidi. Se abbiamo a che fare con un terreno fragile, occorre prima di tutto iniziare un lavoro di consolidamento del terreno stesso, prima di cominciarvi a costruire. Non si può consolidare il terreno e nel frattempo iniziare a costruirvi sopra: non funzionerà, per certo l'edificio non potrà reggere, così come una relazione non potrà reggere agli urti del tempo e alle sfide della vita se non è stata ben impostata, ben preparata, coltivata, rafforzata, maturata. Affinché si manifestino i propri ed altrui talenti e qualità, affinché si sviluppino le siddhi, ovvero le perfezioni nella relazione, e diventino sempre più fulgenti, in tutta la loro potenzialità espressa, occorre costruire su basi solide e per far ciò occorre operare con continuità, senza intermittenza, senza distrazioni o dispersioni di energie, viceversa le nostre possibilità di sviluppo e di realizzazione rimarranno incompiute, flebili come piccole lucciole che si accendono e spengono nel buio della notte. La discontinuità, e i conseguenti sbalzi di umore, rovinano le relazioni e ogni cosa che si fa: sono il minotauro che si deve prendere per le corna e vincere, se vogliamo portare a compimento le nostre imprese. Oltre ad operare con continuità per favorire il vigore, la tenuta e la stabilità delle relazioni, occorre impostare i nostri rapporti in base a ciò che è più funzionale. Funzionale a cosa? Alla nostra e altrui evoluzione. Una relazione può essere di per sé stabile e bella, ma se non è funzionale all'alto scopo che ci siamo prefissi, quale sarà il suo valore? Per imparare ad impostare le relazioni secondo il principio della funzionalità, è importante sviluppare le qualità della flessibilità, della duttilità, dell'elasticità, che ci permettono di scegliere a seconda della situazione in cui ci troviamo il comportamento più idoneo – per quel tempo (kala), luogo (desha) e circostanza (patra) - rispetto ai valori che ci siamo dati o che intendiamo perseguire. Infine, oltre ad essere stabile e funzionale, una costruzione secondo Vitruvio deve essere anche bella, e così ugualmente una relazione. Per quanto gli umani si siano sforzati di stabilire dei canoni estetici, il senso del bello è sempre sfuggito a rigidi schemi o a preimpostate categorizzazioni. La bellezza è proporzione, armonia, perfezione delle forme, ma anche quel certo “non so che” che rappresenta il fascino di una certa cosa, persona o relazione: la sua unicità. E così, se affiniamo lo sguardo, se eleviamo la coscienza, se purifichiamo il sentire, possiamo scoprire fascino e bellezza in ogni essere, in ogni relazione, realizzando che la bellezza è oltre la mera parvenza delle forme: corrisponde all'intima essenza di ciò che è. Nella tradizione il bello era infatti inscindibile dal buono, dalle qualità dell'anima. Avviare relazioni affettive basandosi su criteri di estetica superficiale, quella ingannevole delle forme, vuol dire condannarsi a fallimenti sicuri. “Non t'inganni l'ampiezza dell'entrare”, dice Minosse a Dante, e continua: “Bada di chi te fide”. Ciò è importante per non intraprendere relazioni frutto di scelte avventate, il cui esito non può essere che frustrazione, sofferenza, tante volte depressione e disperazione. Impegniamoci ad interagire con gli altri con il costante ed unico desiderio di beneficarli, di perseguire il loro successo, quello vero, che è di natura puramente spirituale: ciò rappresenterà la migliore protezione per la nostra vita, per noi stessi, per le nostre relazioni. Sarà il principio potente, seppur invisibile, che guiderà in senso evolutivo ogni nostra scelta e ci orienterà sempre nella giusta direzione ad ogni cruciale bivio della vita. Impariamo a relazionarci sempre lasciando la possibilità agli altri di accogliere o rifiutare la nostra offerta di amore, perché l'amore vive di libertà. Ascoltiamo la nostra voce interiore quando agiamo, quando operiamo nel mondo, quando ci relazioniamo; se ci dà degli avvisi, se ci esorta ad essere cauti, prestiamole attenzione ed agiamo con prudenza, senza lanciarci in situazioni o in relazioni che potrebbero essere pericolose e che potrebbero danneggiarci e danneggiare più di quanto il nostro piccolo intelletto possa capire. La gradualità nello stabilire relazioni e nello stringere rapporti è essenziale per avere successo nella vita, così come è essenziale, una volta fatta una scelta con ponderatezza e lungimiranza, non cambiare improvvisamente i piani, seguendo acriticamente gli impulsi di mente e sensi, lasciandosi sopraffare dalla vita istintuale e venendo meno ai principi basilari della stabilità e della coerenza. Purtroppo l'impostazione prevalente della società moderna induce ad agire in maniera superficiale ed avventata, bruciando i tempi ed anche le relazioni, ma se vogliamo costruire rapporti di valore occorre investimento di tempo e di attenzione, sensibilità, maturità, cura, preoccupazione, senso di responsabilità, accoglienza, tolleranza, capacità di aprirsi all'altro per comunicare e per ascoltare profondamente. Evitiamo di coltivare quelle relazioni o azioni che non sono coerenti al progetto di vita che intendiamo realizzare, perché senza un progetto e senza seguire con continuità il metodo che ci porta a realizzarlo, non faremmo altro che ripartire ogni volta daccapo, consumando tempo ed energie e mostrando a noi stessi e agli altri la peggiore versione della nostra personalità. Elaboriamo un progetto dei nostri prossimi anni di vita come una sorta di carta nautica su cui meditare. Le cose grandi che si fanno sono tutte frutto di una visualizzazione interiore; per realizzare occorre saper visualizzare e anche saper correggere in corso d'opera le nostre visualizzazioni. Impegnarci a fare un progetto della nostra vita e a seguirlo coerentemente, significa fondare noi stessi e la nostra esistenza su basi solide, resistenti alle tante crisi che comunque tutti noi dovremo affrontare e che solo in questo modo potranno essere trasformate in occasioni di elevazione attraverso il riconoscimento e il superamento dei nostri limiti, accelerando sempre più il nostro cammino verso gli obiettivi che danno valore al nostro percorso nel mondo. Abbiamo un anno, una vita, un'eternità di fronte. Fare un progetto di vita e lavorarci con continuità ci stimola a conoscerci profondamente, a discernere tra il nostro io storico e il vero sé, tra obiettivi illusori e scopi di valore, tra relazioni effimere e relazioni propedeutiche al risveglio della coscienza, il tutto per favorire il grande viaggio di ogni essere umano verso la più elevata consapevolezza e la realizzazione del Divino dentro e fuori di sé. In ogni pensiero, desiderio, parola ed azione possiamo esprimere con intensità e ogni giorno con rinnovata freschezza la nostra istanza profonda di conoscere e amare noi stessi, gli altri e Dio, amando Dio in ogni essere e ogni essere in Dio. In questo modo dentro noi e in ogni persona che incontriamo getteremo semi di amore vero, quel sentimento puro e universale che può appagare completamente l'anima. Per sviluppare questo supremo amore occorre sviluppare le qualità dell'anima come fedeltà, lealtà, castità, trasparenza, pulizia, veridicità, senso di responsabilità, affidabilità, compassione, coraggio, amicizia, determinazione, perseveranza, imprimendole nella mente e soprattutto nel cuore, non con sterile forza di volontà e freddo raziocinio, che rischiano di sfociare in caparbietà e durezza, ma con l'impeto vitale dell'anima che rende interiormente forti ma flessibili, determinati ma dolci, entusiasti e pazienti allo stesso tempo, per la fede realizzata nelle infinite potenzialità del sé e per quella sviluppata capacità di equilibrio dinamico che ci tiene in piedi anche quando siamo urtati, anche se qualcuno ci provoca o ci disturba con un comportamento offensivo. Se seguissimo gli impulsi della mente reagiremmo con collera, con stizza, tirando fuori il peggio di noi, ma grazie alla pratica di una disciplina di vita, possiamo riuscire a trasformare queste pulsioni, canalizzando in modo costruttivo il loro potenziale energetico. La collera viene allora trasformata in parole che scrollano le persone dall'illusione senza ferirle, senza far perdere la speranza, ridando loro visione. Questo equilibrio dinamico è indispensabile da svilupparsi, e per raggiungere tale scopo fino alla più elevata realizzazione spirituale la tradizione indovedica raccomanda il metodo della sadhana-bhakti, collaudato da millenni, con efficacia sperimentata da innumerevoli persone. Una disciplina interiore di grande spessore per compiere la più grande delle imprese nella vita umana, quella dell'auto-realizzazione, che necessita di tutto il nostro impegno e di un orientamento sicuro, poiché ogni grande impresa è soggetta a grandi sfide. Se desideriamo relazioni di valore, tanti ci metteranno alla prova, con tentazioni e provocazioni. Ma se manteniamo salda la rotta, i piaceri fugaci gradualmente perdono di attrazione, le offese ricevute ci appaiono come grandi occasioni per superare i nostri limiti, e sempre più il Signore del cuore, che dal cuore parla al nostro cuore, Shri Kamadeva, soddisferà ogni nostro più intimo desiderio dell'anima, ogni aspirazione, ogni gioia che si desidera offrire al servizio di Dio. Chi desidera diventare un asceta diventerà un vero asceta, chi aspira ad essere un buon capofamiglia lo sarà, chi vuole produrre ricchezze a beneficio di tutti svilupperà l'intelligenza e l'intraprendenza per farlo se si comporta secondo l'ordine cosmo-etico di origine divina che sostiene ogni essere e l'universo intero, mentre chi arraffa per sé non produrrà mai nulla, né per sé né per gli altri. Nessuno può essere felice se non è in un trend evolutivo stabile. Per immetterci in questo trend evolutivo dobbiamo impegnarci a superare i nostri limiti: quelli strutturatisi geneticamente, quelli che sono conseguenza dell'ambiente in cui si è vissuto e quelli che sono il risultato di errori compiuti. Possiamo riuscirci se investiamo fiducia in noi stessi, nelle nostre qualità intrinseche, e in quelle altrui, riscoprendo quel tesoro che giace celato in ciascuno e che corrisponde alla nostra essenza profonda. I difetti, i condizionamenti, i limiti per i quali soffriamo sono superfetazioni che coprono la nostra vera identità. Non scoraggiatevi se non vedete subito i risultati: in realtà essi si stanno già strutturando ad un livello più sottile anche se voi non li percepite con gli occhi fisici, ma chi è esperto e sa guardare nel cuore li vede. Poiché tutto nel mondo è inscindibilmente collegato e per la legge universale della reciprocità tutto quel che è fatto è reso, per valorizzare noi stessi dobbiamo valorizzare gli altri, e lo possiamo fare se coltiviamo fiducia nelle loro qualità, esprimendo la convinzione che essi possono fare molto più di quel che credono ed essendo sempre pronti ad offrire loro parole di conforto nei momenti di bisogno, affinché il nostro ricordo possa aiutarli anche quando noi non ci saremo più o loro non saranno più con noi. Che le nostre parole e il nostro esempio di vita aiutino ad affrontare i momenti più duri, le prove più grandi, offrendo quell'energia e quella fiducia che serve per andare avanti anche se si è in salita, per poi magari scoprire - dopo la prima curva - che finisce la salita e inizia la discesa. Tanti di noi avranno già fatto questa confortante esperienza. Ogni individuo può realizzare se stesso se s'impegna in attività costruttive volte alla realizzazione spirituale, le uniche che profondamente soddisfano permettendo di esprimere al meglio la propria creatività, e se coltiva relazioni che hanno scopo evolutivo, le uniche che colmano il cuore di gioia e che possono essere condivise con tutti, perché l'amore vero non è esclusivo. La relazione con Dio è quella che dovremmo più di ogni altra privilegiare, ma poiché ogni creatura è espressione del Divino, il rispetto, la premura, l'apprezzamento e l'affetto dovrebbero scorrere verso ogni essere. Il destino del corpo è incerto, improvvisamente possiamo morire per una grave malattia, per un incidente o per chissà cos'altro. Non sappiamo cosa possa succedere a questa struttura della materia nella quale abitiamo, ma abbiamo una grande certezza: se qui ed ora intraprendiamo il viaggio evolutivo, esso continuerà anche oltre la dipartita da questo corpo fisico e ciò che abbiamo seminato qui fiorirà altrove rendendo facile e veloce il nostro progresso. Rinasceremo in un ambiente favorevole, da genitori che ci educano amorevolmente, incontreremo persone speciali che orientano il nostro cammino. Cerchiamo di vivere in maniera più umile possibile impegnando le energie che il Signore ci dà al servizio Suo e per il bene di tutti, senza lamentarci se siamo chiamati a salire su di un trono o a sederci per terra. Se l'utilità è il principio, e se l'utilità è funzionale ad uno scopo evolutivo, dobbiamo essere disponibili a fare qualsiasi cosa siamo chiamati a fare, al di là delle nostre preferenze egoiche. La Katha Upanishad spiega che è dal dovere che nasce il vero piacere, quello che dura e che appaga completamente. Parlare di temi come questi con chi ci sta più a cuore, con chi più è ricettivo, significa scambiare parole e gesti di amore: sono queste le effusioni del vero amore, le espressioni del più nobile tra i sentimenti. Amate, agite con il cuore, con spirito di gioco a favore del grande progetto evolutivo della vita. Questa attitudine vi dispenserà ogni gioia, vi permetterà di sviluppare ogni perfezione.
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