28 luglio 2010

Racconti in diretta: Realizzazioni, esperienze, riflessioni spirituali.

Tirrenia (PI), 25 Luglio 2010 - Celebrazione di Shri Guru Purnima.
Siamo sul mare per un programma di Sat-sanga dedicato alla celebrazione di Shri Guru Purnima. Sono le prime ore del giorno e siamo seduti sulla spiaggia in raccoglimento. Shrila Gurudeva inizia a parlare. “Oggi è una giornata speciale: è la sacra ricorrenza di Guru Purnima, il giorno di luna piena in cui si celebrano le glorie del Maestro spirituale, il cui valore è riconosciuto da tutte le tradizioni autentiche. Il Guru rappresenta un archetipo ed in quanto tale è insostituibile per chi desidera una vita evolutiva. Una persona può anche avere una buona predisposizione ad imparare e tante potenzialità, ma se non viene educata da chi possiede già determinate conoscenze ed esperienze, non sarà in grado di esprimersi appieno, anzi avrà difficoltà anche a riconoscere i suoi stessi talenti. Infatti, se da piccolo non venisse educato, l'essere umano non imparerebbe nemmeno a camminare e nemmeno riuscirebbe a parlare. Il medesimo principio, a maggior ragione, vale per ciò che concerne l'educazione spirituale. Il Guru educa il discepolo con insegnamenti e modelli di vita che permettono una progressiva purificazione della coscienza e la propria realizzazione nel rapporto con se stessi, con gli altri e con Dio. Il Guru non è un'icona o una figura presente solo a livello virtuale: il Maestro interviene nella vita del discepolo orientandolo e correggendolo per il suo bene e per la sua evoluzione, e il discepolo desidera farsi correggere per migliorarsi. La cura, la guida, la correzione del Guru sono offerte con amorevolezza, non formalmente ma sostanzialmente, perché a volte si rendono necessari anche un linguaggio forte, un polso fermo, ma questo non implica il venir meno dell'amorevolezza, anzi rappresenta l'espressione di un impegnativo sacrificio che il Guru fa per poter educare il proprio discepolo. L'insegnamento viene offerto, non è mai un'imposizione, anzi è un richiamo continuo allo sviluppo di autonomia di pensiero, della libertà interiore e del senso di responsabilità. Il discepolo e il Guru hanno un nemico comune: l'orgoglio. Il Guru deve imparare a gestire l'orgoglio del discepolo e il discepolo deve imparare a gestire il proprio orgoglio. Orgoglio significa superbia, il credersi superiori agli altri, e questa superbia acceca, rende incapaci di accogliere gli insegnamenti. Shrila Prabhupada ci metteva in guardia dalla dilagante moda occidentale di volere un Guru solo come status-symbol, senza aver capito effettivamente chi sia un Maestro spirituale e qual è il rapporto corretto che dovrebbe unire Guru e discepolo, con i relativi doveri e responsabilità. Cogliamo l'occasione di questa giornata per celebrare le glorie del Maestro spirituale autentico. Shri Krishna spiega: Io mi manifesto in due forme: all'interno, nel cuore, come Shri Paramatma e all'esterno nella forma di Guru che vi può parlare, educare, redarguire, complimentare, incoraggiare. Il Guru è la forma umana che incarna la misericordia di Dio. Adesso vorrei che ognuno di voi offrisse una sua riflessione sulla propria comprensione della figura del Guru. Poi leggeremo e canteremo assieme alcuni poemi di grandi Acarya vaishnava che celebrano il Maestro spirituale e così ognuno di voi avrà modo di verificare e di estendere la propria comprensione. Vi sarà utile anche ascoltare le riflessioni dei vostri compagni di viaggio, le cui realizzazioni possono aiutare a procedere fino a destinazione. La via è lunga, impervia, qualche volta abbiamo il vento contro, a volte il sentiero è scivoloso, in altri punti rischiamo di essere assaliti dalle tre belve (la lussuria, l'avidità e la collera), e poi ci sono le tentazioni, i pericoli, l'accontentarsi del livello raggiunto considerandosi già arrivati; se non rinnoviamo il nostro impegno tutti i giorni, sarà dura anche soltanto mantenere i risultati conseguiti, che dire procedere verso la meta. Occorrono purezza, devozione, dedizione, abbandono a Dio, coerenza”. Socchiudiamo gli occhi e ci immergiamo nella meditazione sulle qualità del Maestro spirituale. A turno ciascuno di noi esprime le sue riflessioni. Eccone alcune...Il Guru è colui che insegna con il proprio esempio, che ha compassione infinita e aiuta il discepolo a correggere i propri errori, ad elevare e purificare sempre più la sua coscienza. La figura del Guru è il più importante punto di riferimento nella vita del discepolo, poiché il Guru è in contatto con Dio ed è la manifestazione stessa dell'Amore e della Compassione divina. Seguendo i suoi insegnamenti, il discepolo può imparare a ricollegarsi a Dio. Il Maestro spirituale ha conoscenza della Realtà e insegna al discepolo a comprendere la sua vera identità. Il Guru offre strumenti per liberarsi dagli anartha, dai condizionamenti che hanno oscurato la visione spirituale e che impediscono la relazione con Dio. Il Guru è in collegamento costante con Krishna; in ogni situazione, anche nelle più difficili, sente questa relazione con Dio e la esprime servendoLo e amandoLo. Il Maestro è esperto ad orientare il cammino spirituale del proprio discepolo, lo aiuta a tenersi lontano dalle trappole di Maya, cerca di preservarlo da deviazioni filosofiche o da attaccamenti egoici al prestigio, all'onore, alla tendenza a prevaricare, che produrrebbero nel discepolo sofferenza e rovina. Il Maestro spirituale mette in pratica e vive in prima persona gli insegnamenti che diffonde, dunque educa il proprio discepolo alla coerenza. Il Guru rivela l'arte del servizio devozionale e la insegna con il suo modello di vita. La sua esistenza è dedicata al servizio del proprio Guru e al servizio di Dio per il bene di tutte le creature. Il Guru è una manifestazione diretta della Misericordia divina. Il Guru corregge con amorevolezza il proprio discepolo, lo aiuta nel suo passaggio dalle tenebre alla luce, dalla coscienza condizionata alla vera comprensione del senso della vita. Il Guru è il nostro collegamento con Krishna e va adorato come Krishna stesso. Grazie alla Sua misericordia possiamo avanzare nel percorso spirituale. Il Guru è la nostra unica speranza per poter sconfiggere i nostri condizionamenti. Dopo averci ascoltato, Shrila Gurudeva commenta le nostre riflessioni e ne estende il senso. “Il Guru insegna la pratica devozionale, impegnando il discepolo secondo le proprie caratteristiche di guna e karma. La devozione si sviluppa attraverso il servizio offerto a Vaishnava, Guru e Krishna. La pratica del servizio di devozione permette di sottrarsi alle attività incentrate sul falso ego, che rappresentano la causa principale di degradazione. Il Maestro è la vita stessa del discepolo. Il suo ruolo implica grande responsabilità, coerenza, fermezza, fede, abbandono a Dio, coraggio nell'educare gli altri e nell'aiutarli a superare i loro limiti. Il Guru è fisso e irremovibile nella sua realizzazione spirituale e nella sua devozione per il proprio Maestro e per Dio. Egli conosce in profondità chi siamo realmente e attraverso la pratica del servizio devozionale può aiutarci a riprendere coscienza della nostra relazione con Krishna, permettendoci di sperimentare qui ed ora l'atmosfera, i sentimenti e le relazioni del mondo spirituale. Il servizio devozionale, infatti, per essere autentico, efficace, sincero, deve essere incentrato sulla relazione. Non è tanto quel che facciamo che è decisivo quanto l'attitudine con cui agiamo, lo spirito di offerta che ci muove e la relazione che desideriamo sviluppare con il destinatario della nostra offerta. L'offerta che Shri Krishna apprezza è quella fatta con il cuore. Il servizio purifica ed eleva quando è compiuto con devozione, quando diventa “relazione”. Dobbiamo ricercare la purezza, la dedizione e soprattutto l'abbandono. Senza abbandono a Dio è difficile fronteggiare le prove che la vita riserva a tutti, sia al discepolo che al Guru”. A questo punto Shrila Gurudeva ci invita a cantare tre bellissime laudi in onore del Maestro spirituale: Guruvastaka di Vishvanath Cakravarti Thakur, Guruvandanam di Narottama das Thakur e Gurudeva di Bhaktivinoda Thakur. “Che non vi distragga l'esperienza estetica. Cercate di far risuonare dentro di voi le parole che pronunciate e il loro significato, e trasformateli in immagini che possano arricchirvi e ricollegarvi alla vostra natura profonda di felicità spirituale”. Dopo il canto Shrila Gurudeva continua a parlarci delle caratteristiche del Maestro spirituale. “Il Guru prova Amore per tutte le creature e tratta tutti con equanimità, rapportandosi a ciascuno in base al livello di coscienza che la persona esprime. La capacità di discernere è una delle lezioni più avanzate che possiamo apprendere nella forma umana. Per riuscirci dobbiamo diventare umili, centrati nella Divinità che è dentro e fuori di noi, presente come Anima suprema in ogni essere. Chi vede Me in tutto e tutto in Me, dice Krishna, è il saggio dalla mente perfetta. Ci sono persone che in particolar modo manifestano la luce divina ed altre che esprimono invece una minore spiritualità; alcune addirittura sono come chiuse in una cappa di ego dalla quale filtra ben poco, ma noi sappiamo che dietro a quella cappa c'è un essere spirituale che grida dal dolore. L'aiuto a quel prigioniero è un grande servizio che si rende al mondo. Il servizio al Guru è uno strumento formidabile per entrare in contatto con Dio. Attraverso la Misericordia del Maestro si fa l'incontro epocale: l'incontro con Dio. Ma è attraverso la Misericordia di Dio che possiamo ricevere la Misericordia del Guru ed incontrarlo sul nostro percorso di vita. Sarà poi il Guru a rivelarci Dio presente in ogni cosa, in tutte le creature, anche in chi non si vorrebbe attribuire qualità divine. Incontrare il Guru significa riconoscerlo. Non tutti coloro che vedono con gli occhi, hanno visto con il cuore; non tutti hanno compreso a fondo tra coloro che vedono con il cuore; non tutti fanno propri gli insegnamenti ricevuti e rare sono le persone che li praticano fino alla perfezione. La via verso la pura Krishna-Bhakti è lunga, ma è anche meravigliosa, affascinante. Ad ogni passo possiamo sperimentare una gioia crescente, quella vera dell'anima”. In ricordo di due confratelli di Shrila Gurudeva recentemente scomparsi, cantiamo “Ohe Vaishnava Thakur” di Bhaktivinoda Thakur e “Saparshada-bhagavad-viraha-janita-vilapa” di Narattoma das Thakur. “Consideriamo l'immensa fortuna di quando abbiamo vaishnavaautentici che vivono tra noi. E' una ricchezza incommensurabile, indicibile. Attraverso il servizio sincero reso loro con umiltà, dedizione e devozione, si ottiene nama ruci: il gusto per il Nome divino”. Shrila Gurudeva comincia a raccontarci della vita di grandi devoti: Madhavendra Puri, Ishvara Puri, Govinda das, Svarupa Damodara Gosvami, Ramananda Raya, Rupa Gosvami, Sanatana Gosvami (di cui oggi ricorre la ricorrenza della dipartita da questo mondo). “Questi grandi devoti avevano conquistato il tesoro immortale e sconfinato dell'Amore per Dio, la Krishnabhakti. Erano sempre immersi in sentimenti di compassione per tutte le creature, desiderosi di condividere con chiunque incontrassero quel dono infinito che avevano ricevuto da Shri Krishna Caitanya Mahaprabhu. Erano come oceani di Misericordia; nuotavano nella beatitudine dell'Amore divino, quella gioia eterna, quella soddisfazione piena che la materia non può mai dare, in nessuna condizione. Il nostro rapporto con ciò che è esteriore non ci fa sperimentare neanche una briciola di quella soddisfazione, e quando invece ci pare che la materia possa darci un po' di gioia, in realtà essa è una sorta di allucinazione, un miraggio di felicità, soltanto un riflesso di ciò che è l'autentica beatitudine. La felicità non è utopia. Noi siamo nati per essere felici, per liberarci da illusioni, attaccamenti, da tutti quei condizionamenti che sono gli ostacoli che ci separano dalla felicità. Questa vita umana ci serve per prendere le distanze dagli attaccamenti egoici e per trasformare la loro energia contaminata in energia pura, spostando l'oggetto della nostra attenzione da ciò che ci ha incatenato a ciò che non solo ci libera ma che è anche Amore e Felicità. Questa è la funzione del Guru: aiutare il discepolo a reinvestire le proprie energie, fantasie, creatività, talenti, aspirazioni più intime nello scopo della vita, al servizio di Dio. La Bhakti non consiste in una arida rinuncia al mondo: essa è la capacità di trasformare anche l'attrazione per la materia in fascino spirituale, impegnando ogni ricchezza, energia, forza e conoscenza al servizio del Signore. Per fare un percorso spirituale non si deve rinunciare ai propri talenti, anzi essi debbono essere reinvestiti tutti nella realizzazione spirituale. La bhakticonsiste nel porre i nostri sensi imperfetti al servizio del Signore dei sensi, Hrishikesha. In questo modo anche i sensi tornano alla loro matrice divina”.

Shri Guru Purnima, ki jay!
Gaura bhakta vrinda, ki ya!
Shrila Gurudeva, ki jay!

Racconti in diretta: Realizzazioni, esperienze, riflessioni spirituali.

Il Miracolo della Luce del Sole e della Misericordia Divina - Bhaktivedanta Ashrama (23 Luglio 2010).
Siamo nel Tempio di fronte a Divinità meravigliosamente vestite. Shrila Gurudeva ci legge e commenta dallo Shrimad Bhagavatam, canto XI, capitolo 26. Dalle pagine del Bhagavatam e dalla bocca di loto di Shrila Gurudeva ascoltiamo insegnamenti bellissimi, che penetrano nel profondo. Anche solo uno di questi, se interiorizzato e messo in pratica con coerenza, potrebbe salvarci e renderci felici.
Shri Krishna rivolge ad Uddhava seguenti parole:


"Come il freddo, la paura e l'oscurità si dissolvono per chi si avvicina al fuoco del sacrificio,
così l'indolenza, la paura e l'ignoranza vengono distrutte in chi si dedica a servire i devoti del Signore.


I devoti del Signore, serenamente e stabilmente situati nella conoscenza assoluta,
sono il rifugio ultimo di coloro che stanno annegando nello spaventoso oceano dell'esistenza materiale.
Questi devoti sono simili a robusti vascelli che vengono a salvare coloro che stanno affogando in quelle tempestose acque.


Come il cibo è vita per tutte le creature, come io sono il rifugio ultimo di chi soffre, e come la religione è la ricchezza di coloro che stanno lasciando questo mondo, così i miei devoti sono l'unica salvezza per chi ha paura di cadere in una condizione di esistenza miserabile.

I santi conferiscono occhi divini [capaci di vedere oltre le apparenze],
mentre il sole permette di vedere solo esternamente e soltanto quando è sorto nel cielo.


I miei devoti sono per tutti le vere Divinità degne di adorazione e la vera famiglia.
Sono il sé individuale e in ultima analisi non sono differenti da Me".


[Shrimad Bhagavatam XI.26.31- 34]

Questi shloka sono decisamente vivificanti e nutrienti spiritualmente, ci dice Shrila Gurudeva. La luce del sole, che ormai si è alzato nel cielo, penetra dalle finestre e Shrila Gurudeva inizia a raccontarci ciò che segue: “Ieri l'altro sul mare, mentre cantavo la sacra Gayatri mantra osservando il sole, cercavo quanto più possibile di entrare nello spirito del sole, nella sua misericordia, nell'essenza del servizio che rende ad ogni creatura,"il pianeta che mena dritto altrui per ogni calle", e questa meditazione ha prodotto in me una vicinanza estrema a questo bellissimo astro; in quell'occasione ho visto quello che anche altre volte avevo visto ma questa volta con occhi nuovi. Ho visto i raggi dorati del sole, i suoi riflessi persistenti nell'acqua calma. Anche questa volta, come chissà quante altre volte, ho notato che sembrava che il sole fosse diretto proprio verso di me. Ma questa indubbiamente, rispetto agli altri momenti già vissuti, è stata un'esperienza speciale. Ho pensato al veggente del Rig Veda che ha rivelato la sacra Gayatri, meditando sul divino astro del sole che illumina ogni esistenza. Chiunque guardi al sole, lo vede sempre rivolto verso di sé. Ed è questa la sua grandezza. Il sole non è esclusiva di nessuno. La sua forza, luce, vitalità, calore sono a beneficio di ogni creatura. E così è il Guru: non è proprietà esclusiva di nessuno; i suoi insegnamenti hanno valore per tutti e a tutti sono rivolti. Così come lo sono gli insegnamenti universali degli Shastra. Se abbiamo questa consapevolezza, possiamo cogliere ovunque la Sapienza e l'Amore e condividerle con tutti. Per sviluppare tutte le potenzialità dell'essere umano e la pura visione spirituale, occorre ricevere la Misericordia di Dio e questo è possibile ricevendo la Misericordia del Maestro spirituale e dei devoti. Ma chi ci dà gli occhi per capire chi sono i devoti? Sono gli Shastra che ci permettono di riconoscere il Guru e i devoti. Gli Shastra sono gli occhi attraverso i quali possiamo percepire la vita e la sua essenza spirituale, che in questo modo possiamo riuscire a testimoniare noi stessi, in prima persona. Attraverso questa sperimentazione diretta, la fiducia nella realtà descritta negli Shastra diventa fede realizzata, solida e capace di resistere alle tante prove della vita. L'anima possiede in sé perfetta visione, ma nello stato di coscienza condizionata questa visione risulta inaccessibile a colui che si è identificato con la mente e la cui percezione è oscurata da maya, dall'energia esterna del Signore. Chi si dedica a Dio invocando la Sua Grazia vede semplificarsi e accelerarsi il suo percorso spirituale. La Misericordia divina sbaraglia tutti gli ostacoli: condizionamenti, blocchi, tendenze distruttive, apatia. E la Misericordia divina la si ottiene facilmente quando siamo impegnati in devotional service, diceva Shrila Prabhupada pronunciando queste due parole con maestà e solennità. Era la sua traduzione del concetto di Bhakti Yoga. Scendendo su di noi, la Misericordia divina ci illumina, ci dà la visione e ci permette di evitare gli ostacoli che si presentano sotto forma di azioni, parole, pensieri e desideri distruttivi. I devoti, poiché aspirano sempre e unicamente alla perfezione, si purificano in ogni istante, anche quando vengono offesi o insultati. Non importa quel che succede, che sia piacevole o meno, l'importante è utilizzare tutto per avanzare spiritualmente. Chi ha questa consapevolezza vede tutto in Dio e Dio in tutto, in ogni essere, in ogni evento, in ogni crisi. Nella Bhagavad-gita (V.18) Shri Krishna dice: Il saggio è colui che vede ogni creatura con occhio equanime. Equanime non significa “uguale”. Infatti, con ognuno il saggio si rapporta in maniera diversa a seconda del livello di sviluppo che ciascuno ha, ma allo stesso tempo egli vede tutti, anche gli animali, nella loro natura originaria di anime spirituali eterne. Con questa visione non possono sussistere paura, risentimento, rancore, astio, odio. Solo l'Amore alberga in chi ha un cuore puro.

12 luglio 2010

Racconti in diretta: Realizzazioni, esperienze, riflessioni spirituali.

Bhaktivedanta Ashrama, 1 Luglio 2010.
Stamani Shrila Gurudeva ha tenuto una bellissima riflessione sull'importanza del canto dei Santi Nomi. Sempre di più realizziamo che il Santo Nome è il Tesoro. E' il segreto per diventare Felici.

“Lo stadio più elevato nel canto del Mahamantra si ha quando la coscienza s'immerge completamente nei giochi divini di Radha e Krishna. Per giungere a questo obiettivo si debbono verificare degli stadi intermedi, tra i quali il rimanere fissi nella concentrazione sul canto e sull'ascolto dei Santi Nomi. Attraverso tale concentrazione prolungata si perviene progressivamente ad uno stato meditativo; di pari passo, il mondo esteriore comincia a dileguarsi e la coscienza si sottrae alla forza illudente degli oggetti dei sensi. La serenità, la soddisfazione, la letizia, la gioia incrementano e diventano una presenza costante nella nostra vita. Entriamo così in quella dimensione dell'essere in cui regna la pace, in cui le turbolenze del mondo rappresentate dalle dualità che generano continui sbalzi d'umore si attenuano fino a diventare nulle. Questo loro esaurirsi non spegne la gioia, ma fa esattamente il contrario: permette alla gioia e all'appagamento interiore di manifestarsi appieno, in tutta la loro forza e con tutti i benefici conseguenti. Alla coscienza si rivelano i rasa, i sentimenti dell'anima, che non possono essere percepiti fintanto che la persona è travolta dalle dualità della vita. Queste dualità entrano e prorompono nella nostra coscienza quando noi diamo loro attenzione e importanza. Tale spiegazione può apparire semplice, ma in effetti la ragione di tutto quel che accade è fondata su di una semplice verità che non è semplicioneria, ma è una comprensione chiara della realtà delle cose. Non è un asura, un perfido, un malvagio che inietta nella nostra coscienza elementi di disturbo: siamo noi che li introduciamo, seppur spesso inconsapevolmente. Ognuno alla fine è causa del proprio male, è l'aguzzino di se stesso, è l'unico responsabile del veleno che ha lasciato penetrare nella propria coscienza. Detto ciò, è altrettanto vero che la ricchezza interiore che ciascuno di noi possiede è stata acquisita per merito proprio, quando abbiamo scelto di collegarci alla nostra essenza spirituale e a Dio che è l'Origine di ogni Bene e Fonte eterna di Grazia e Misericordia. Se nella nostra coscienza ci sono elementi luminosi, siamo noi che li abbiamo introdotti posando su di essi la nostra attenzione e portandoli così nel nostro mondo interiore, volgendoci sempre più verso l'eterno, verso il mondo non duale. Nelle sue opere Platone parla della tensione tra l'anima e il corpo: l'anima vuole liberarsi dal corpo, ma il corpo la trattiene attraverso la psiche. Anche Krishna nella Bhagavad-gita XV.7 spiega che i condizionamenti si annidano nella psiche ed è dunque nella psiche che dobbiamo ricercare le cause dei nostri disturbi della personalità, quelli che ci fanno apparire attraenti le dualità del mondo e che addirittura ci fanno credere che l'illusione sia la realtà e che possiamo trovare nell'illusione la soluzione ai nostri problemi e la gioia cui aspiriamo. Il sogno di diventare felici con gli oggetti dei sensi concepiti come fini a se stessi, vincola sempre di più il corpo all'anima, moltiplica i condizionamenti e in questo modo la persona inganna se stessa credendo che la felicità sia da ricercarsi fuori da sé. Così passa e si esaurisce la vita cercando di raggiungere quel pomo più alto sull'albero dei desideri che riteniamo sia il più dolce ma, una volta raggiunto, colto e mangiato, si scopre subito dopo i primi morsi che non ha gusto e in un colpo si realizza l'inutilità di tutti gli sforzi fino a quel momento compiuti. Anche chi nel mondo ha raggiunto posizioni elevate, prestigio, denaro, potere o quant'altro, alla fine non trova in ciò una soddisfazione reale e duratura. Similmente, anche chi bevesse non solo un bicchiere ma una bottiglia intera d'acqua di mare, non potrebbe certo togliersi la sete, anzi più beve quell'acqua più la sete aumenta. Dobbiamo rifuggire le vanità e cercare ciò che davvero può darci la gioia. I materialisti sono innamorati dell'aspetto immanente di Dio ma, poiché non lo ricollegano alla sua Origine, rimangono condizionati dalle energie della Natura e perdono la possibilità di beneficiarne senza rimanerne vincolati. Gli spiritualisti, invece, sono affascinati dall'aspetto trascendente di Dio, apprezzando al contempo anche la sua manifestazione immanente ma, al contrario dei primi, avvicinandola non per godimento egoistico ma con uno spirito di servizio verso il Creatore che l'ha generata. Chi non concupisce la materia ma la considera strumento che può rivelarsi utile alla propria evoluzione, risulta immune dal condizionamento generato dagli oggetti dei sensi, i quali perdono tutta la loro potenzialità negativa. Shrila Prabhupada ci spiega questo concetto con il seguente paragone: “E' come essere morsicati da un serpente senza denti; non ci arrecherà danno perché gli occorrono i denti per iniettare il veleno. Così il devoto che opera al servizio di Dio e che desidera partecipare al lila divino, anche se vive nella prigione del corpo è comunque libero dai condizionamenti della Natura ed è per questo che nelle Scritture viene definito jivan mukta: liberato in vita. Egli utilizza il corpo come un prezioso strumento con il quale fare esperienze evolutive e aiutare tante persone a ricongiungersi alla loro essenza spirituale e a Dio. Per giungere a questo elevato stadio, non c'è pratica più efficace della meditazione sui Nomi divini, che diventa particolarmente potente se compiuta nelle ore di Brahma-muhurta, dalle 4 alle 8 del mattino, e che ci offre l'opportunità di realizzare la dimensione spirituale. Questo risultato ovviamente non è conseguito da tutti, benché tutti abbiano la possibilità di ottenerlo. Quel che ostacola tale conseguimento sono i condizionamenti che sono penetrati nella coscienza. É per questo che è così fondamentale, come spiega Shri Caitanya Mahaprabhu, la pratica di ceto darpana marjanam, la pulizia dello specchio della mente primariamente attraverso l'ascolto dei sadhu che rafforzano in noi la consapevolezza dell'importanza della meditazione. Per favorire la concentrazione e la pratica meditativa, dobbiamo evitare di cedere alle distrazioni. L'osservanza dei quattro principi regolatori è indispensabile per evitare quelle più virulente. Lo scopo è arrivare a quel livello di concentrazione sull'ascolto dei Nomi divini che non sia meccanico ma sentito nel profondo: è a quel punto che diventa possibile una rapida purificazione che previene sbalzi di umore e abbassamenti di coscienza e che fa pervenire ad una consapevolezza illuminata. Allora il viaggio diventa veramente affascinante, gioioso, estatico, ma a questa meta si perviene attraverso stadi intermedi di illuminazione progressiva. Uno dei pericoli più grandi nella meditazione sono i colpi di sonno, ovvero quello stato di coscienza addormentato, assopito, effetto di tamo-guna, in cui si non è lucidi né tantomeno pienamente consapevoli di quello che si sta facendo. L'effetto di rajas non è meno deleterio poiché produce vikshipta, la distrazione, che è l'esatto contrario della meditazione. Da innumerevoli vite la nostra coscienza è abituata ad accogliere distrattamente tutto quel che le perviene attraverso i sensi, tanto che questo stato confusionale non appare ai più come qualcosa da evitare ma come la normalità. Gli Acarya e i testi sacri ci permettono di prendere consapevolezza di questa cognizione errata e ci offrono strumenti per migliorare il nostro stato coscienziale. Spetta a noi metterli in pratica. Il canto dei Nomi divini durante le ore di Brahma muhurta, cercando di concentrare la coscienza sull'ascolto di queste potenti vibrazioni spirituali, porta innumerevoli benefici anche a chi, dovendo combattere con una mente selvaggia, non è ancora capace di meditare sulle qualità del Signore, sulle Sue avventure divine (lila), sulle Sue divine forme (rupa). I cosiddetti benpensanti in servizio permanente alla mera razionalità, potrebbero biasimare tale esercizio ritenendolo una forzatura, ma tale operazione di contenimento è indispensabile per riscoprire la nostra natura originaria, il volto del sé oltre le maschere dell'ego. Quando si diventa poi signori della propria dimora psichica non ci sarà più necessità di contrastare le spinte della mente ribelle, poiché si sarà raggiunta la pace interiore, che non corrisponde alla morte della psiche ma all'ottimo funzionamento e all'armonizzazione di quest'ultima con le funzioni naturali dell'anima. Chi non ha una buona sadhana, sarà costretto a rimanere ad un livello di meditazione superficiale e la sua coscienza continuerà a riempirsi di elementi inidonei alla realizzazione spirituale: è per questo motivo che la sadhana è una condizione sine qua non per giungere alla realizzazione spirituale. Attenzione: non cadete nella trappola di bruciare le tappe e di credervi prima del tempo liberati o spontaneamente innamorati di Dio, perché i contenuti condizionanti ancora presenti sul fondo della coscienza potrebbero risultare letali. Le Scritture ci spiegano l'importanza di non trascurare mai la sadhana che è un dono divino che abbiamo ricevuto per misericordia degli Acarya. E nell'ambito della sadhana il canto dei santi Nomi è prioritario. Prima di dedicarsi alle responsabilità sociali di cui ci si è fatti carico o ai doveri nella sacra seva, è essenziale iniziare la giornata con Harinama japa. Nel servizio devozionale tutto è Vaikuntha, ma nell'era di Kali la pratica del canto del santo Nome è superiore rispetto ad ogni altro strumento di purificazione della coscienza. Praticatela cercando di prestare attenzione alla qualità del vostro canto, oltre che impegnandovi per un tempo sufficientemente lungo. Osservate attentamente quel che avviene e quel che risuona dentro di voi, invocate la Misericordia divina e sempre di più vi scoprirete responsabili e capaci di migliorare il vostro stato di coscienza”.