Appunti di viaggio, 1 Maggio 2010, Shri Govardhana.
Il primo maggio con Shrila Gurudeva e tanti devoti (eravamo 130!) ci siamo riuniti a Shri Govardhana, così è stato ribattezzato il luogo in campagna a Castelnuovo della Misericordia, in provincia di Livorno, che già ci accolse due anni fa per un altro indimenticabile programma di Sat-Sanga ospiti dei genitori di Madhavipriya. Anche questa volta con un kirtana gioioso salutavamo i devoti man mano che arrivavano. Ad accoglierli c'era anche il profumo dei fiori e dell'erba di campo, il verde dei prati, la luce e il tiepido calore del sole primaverile, gli alberi con i frutti in boccio e il soffiare del vento tra le foglie: il saluto e l'abbraccio della Natura che ristora, che dà pace, che con la sua bellezza rende onore al Suo Creatore. Seduti nel prato, ammirando un bellissimo paesaggio, di fronte all'immagine di Shrila Prabhupada e ad un bellissimo dipinto di Shri Shri Krishna e Balarama che corrono e giocano nei prati con le mucche e i pastorelli, Shrila Gurudeva ci ha offerto insegnamenti di valore straordinario per la nostra vita spirituale, che sono arrivati fino al cuore. Un'esperienza unica che ricorderemo per sempre. Ecco alcune gocce di questo nettare.
“La più grande conflittualità che si possa sperimentare non è quella interpersonale ma quella intrapersonale, che consiste in una lotta titanica tra differenti funzioni o tendenze della stessa personalità. Lungo il percorso della realizzazione spirituale questi conflitti intrapsichici sono i più difficili da superare, sono quelli che più di altri ci mettono alla prova. Per superare tali ostacoli, dobbiamo imparare a distinguere tra le voci dell'io e la voce del sé. A volte la lucidità viene meno e si compiono azioni contrarie alla nostra evoluzione, ma se ricerchiamo la voce del sé e rimediamo subito agli errori commessi, possiamo riprendere il sentiero senza smarrirci, arricchiti da un'importante lezione di vita. Un uomo può avere avuto tanti fallimenti nella sua esistenza, ma fino a che non considera gli altri la causa dei suoi mali non sarà un fallito. Ascoltare la voce del sé significa imparare a conoscersi. Conoscersi significa essersi esplorati profondamente. Non conoscersi significa vivere da persone superficiali, come se fossimo alieni a noi stessi. Chiedetevi: “Sono soddisfatto? Sto vivendo una vita felice?” Se non state vivendo felicemente significa che quel che sapete di voi non è sufficiente, a prescindere da quel che pensavate di sapere. Dovete intraprendere il viaggio verso una conoscenza più profonda di voi stessi. Spesso nei grandi testi dell'antichità il viaggio della realizzazione spirituale è paragonato ad un'impresa eroica. Il mondo è il palcoscenico di questo viaggio e gli ostacoli sono simbolicamente rappresentati dai mostri, dai malvagi che imperversano in ogni storia ed impresa eroica e che sono la proiezione dei nostri mali. Solo riconoscendo l'ostacolo possiamo impegnarci a superarlo. Conoscersi equivale ad esistere in maniera cento volte più intensa e consapevole rispetto a chi non conosce se stesso. Ma infine dobbiamo conoscere non solo noi stessi ma anche Dio. E Dio lo si può conoscere solo attraverso di Lui. È solo Dio che ci può aprire la strada che ci conduce a Lui, perché la saggezza umana non basta. E' per questo che Arjuna ha bisogno di Krishna e che Dante ha bisogno di Virgilio. Occorre porci in ascolto della Voce divina che ci aiuta a liberarci dalle nostre identificazioni con il corpo e con la psiche, dalle nostre brame egoiche che rappresentano le mura del nostro carcere. É Dio che apre le porte della nostra prigione, che ci rivela la strada che conduce a Lui, che ci fa vedere la realtà. “O saggezza umana, sai proferire quanto può dire un bimbo attaccato alla mammella! Tu non puoi descrivere la grandiosità dell'infinito, la sua maestà, quella felicità spirituale completamente appagante che tutti noi ricerchiamo”. Quella beatitudine è della natura di Dio, spirituale e infinita. Perché relegare la nostra vita ad una bellezza effimera, la cui ricerca ci sfianca e ci priva di forza morale e d'intelletto? Ricerchiamo piuttosto l'origine divina di ogni bellezza del mondo e colleghiamo ogni cosa al suo Creatore, affinché possiamo contemplarla nella sua autentica essenza, liberandoci dai condizionamenti dell'ego che imperterrito grida: io e mio! Solo se ci rivolgiamo a Dio possono cadere tutti gli ostacoli lungo il nostro sentiero. Li vediamo cadere come birilli centrati da un colpo maestro che consiste nell'abbandono al Supremo. Dobbiamo porci in cammino verso Dio, ma mai nessun uomo ne ha scorto le tracce. Dio non lascia tracce percepibili con i sensi. Le Upanishad ci rimandano a questo concetto con espressioni arcane: canta di Colui che è indicibile, pensa a Colui che è impensabile, cerca Colui che è invisibile. Ma allora a chi canto, a chi penso, chi cerco? Nella Bhagavad-gita XVIII.66 Shri Krishna spiega come è possibile trovare e seguire le Sue tracce: abbandonandosi a Lui. È l'abbandono che ci permette di sviluppare quello stato d'animo indispensabile per unirci a Dio, per vedere ciò che è invisibile agli occhi umani. La scienza e la tecnica potranno produrre microscopi sofisticatissimi, ma Colui che è il più grande del più grande e il più piccolo del più piccolo sarà sempre celato dal Suo velo di Maya. Questo velo scompare solo per coloro che si abbandonano a Lui. Abbandonatevi a Lui: questa è la perfezione! Rinunciate al vostro ego, perché questo è il pegno per abbandonarsi a Lui. Liberatevi da tutte le maschere che vi vincolano al tempo e allo spazio. Esse producono le deformazioni che si manifestano nella psiche e tutti gli ostacoli lungo il sentiero della realizzazione spirituale. Sono queste maschere che ci impediscono di vedere Dio. Ricercate Dio, perdetevi in Lui e troverete voi stessi. La scoperta di Dio coincide con la scoperta di se stessi. Abbandonatevi a Lui e penetrate il Suo mistero. Pensate alle tante sfide che hanno dovuto affrontare i grandi devoti di tutte le tradizioni: Prahlada è stato perseguitato dal padre; i Pandava dai parenti che complottarono per ucciderli; Bilva Mangala Thakur fu perseguitato dalla sua lussuria; Haridas Thakur fu torturato dalle autorità religiose hindu; i profeti furono sgozzati, decapitati, scaraventati nelle fosse dei leoni; Cristo fu accusato dal sinedrio, vilipeso dal pubblico e crocifisso; Francesco fu diseredato dal padre; Al-Haji fu decapitato e mentre la sua testa rotolava per terra, la sua bocca continuava a cantare i nomi divini. Credete che sia facile giungere alla realizzazione spirituale? È molto più facile uccidersi, rinunciare alla vita. La realizzazione spirituale richiede tutta la nostra dedizione, ma è indubbiamente l'unica cosa di valore che c'è da fare nella vita, anche se rare sono le persone che lo capiscono. Anche se avete commesso degli errori e la vostra coscienza si è intorbidata, chiedetevi e dite a voi stessi: “Ma io voglio rinunciare alla limpidezza, alla luce, all'illuminazione? Al momento ci sono forze dentro me che creano degli ostacoli ma io voglio superarli. Non voglio sopportare la contaminazione, non voglio rinunciare alla bellezza, non voglio giocarmi la possibilità di vivere con purezza, nella chiarezza totale. Ho fiducia nella Misericordia divina, che è poi anche la divina Provvidenza e l'Intelligenza cosmica, che sa molto meglio di me cosa mi occorre: io ho solo da abbandonarmi ad essa, il che vuol dire abbandonarmi a Dio. Io non temo Dio, io temo me stesso. Da Dio non può venire altro che Bene, e l'ho già sperimentato numerose volte. E' da me che può venire il male, soprattutto quando perdo il dominio delle mie passioni, delle mie brame o quando mi identifico con le mie debolezze in nome di quella pseudo-libertà che non è altro che un capriccio della mente e dei sensi”. Andiamo alla ricerca della nostra dimensione originaria che è la para-prakriti, la natura spirituale che si realizza soltanto attraverso la Misericordia divina. Nella Bhagavad-gita XVIII.56 Shri Krishna dice: “Sebbene impegnato in varie attività nel mondo, il mio devoto raggiunge per la mia Grazia l'eterna e immortale dimora”. Non pensiate che questa dimora sia raggiungibile solo dopo la morte e che sia un altrove fisico. È qui per chi la vuole qui ed è altrove per chi la vuole altrove, per coloro che qui ed ora non desiderano abbandonarsi a Dio. E' la stessa cosa che avviene a chi pensa che l'erba del vicino sia sempre più verde della sua: dovrà rinascere numerose volte fino a che scoprirà che anche la sua erba può diventare verde se solo lo desidera. E' necessario modificare la propria attitudine e il proprio comportamento. Shri Krishna esorta Arjuna con queste parole: “Dedica ogni tua azione a Me e agisci sempre sotto la mia protezione. Mentre agisci,sii pienamente cosciente di Me.” (Bhagavad-gita XVIII.57). Possiamo diventare coscienti di Krishna servendoLo. “Se diventi coscienti di Me, supererai per Mia Grazia, tutti gli ostacoli dell'esistenza condizionata. Se invece non agisci con questa coscienza ma con falso ego, non ascoltandomi, sarei perduto” (Bhagavad-gita XVIII.58). La Misericordia divina distrugge ogni avversità, mentre l'ego falso crea ostacoli insormontabili. Esso produce bolle d'illusione in cui le persone possono rimanere intrappolate per esistenze intere. Nella Bhagavad-gita XV.7 viene spiegato che Dio accompagna il migrare di ogni essere. Dio ci accompagna sempre, ovunque, ed è questa Sua presenza che dobbiamo realizzare. Se a qualcuno di voi chiedessero: “Ma tu sei solo?”, potreste rispondere: “No, non sono solo”. “Chi c'è con te?”.“Con me c'è Dio”. “E dov'è Dio?”. “ É dentro di me”. L'esperienza della presenza del Divino cambia la vita, ci pone su di un altro piano di esistenza che non può essere spiegato a parole perché è ineffabile, travalica le possibilità di comprensione della logica umana. La Misericordia divina ci fa realizzare che il Signore supremo è situato nel cuore di ognuno. “Io sono nel cuore di ogni essere. Da Me vengono la conoscenza, il ricordo e l'oblio” (Bhagavad-gita XV.15). Il Signore supremo è situato nel cuore di ognuno e dirige l'errare di ogni essere in ogni struttura della materia. Abbandonatevi completamente a Lui, il Signore di tutti i mondi, di tutte le creature. Con una scintilla del Suo splendore, Egli crea e sostiene gli universi. Dio è Tutto. Abbandonatevi a Lui e per la Sua Grazia raggiungerete la pace spirituale e l'eterna immortale dimora. Poiché i Suoi passi non lasciano tracce, è attraverso l'abbandono che noi riceviamo indicazioni chiare e indiscutibili per raggiungerLo. E' attraverso la fede che raggiungerLo diventa possibile. Quella fede che resta salda anche se ci trovassimo di fronte al patibolo. Senza quella fede vi sentirete insicuri anche in un fortino sorvegliato da guardie scelte. Shri Krishna dice ad Arjuna: “Poiché tu sei mio carissimo amico e sei privo di invidia, ti rivelo la conoscenza più segreta. Ascolta la mia parola, pronunciata per il tuo bene” (Bhagavad-gita IX.1). “Signore, Colui che ha avuto la fortuna di entrare nella Tua via, si è dimenticato di sé e si è immerso in Te”. Anche solo un piccolo passo su questa via offre benefici eterni, poiché avvicina alla libertà, all'immortalità, all'Amore. Ci avvicina alla libertà di amare e di sentirsi amati dall'Anima suprema, dalla Coscienza dell'umanità, dall'Uno che diventa molteplice, dall'Infinito che largisce il bene dell'immortalità. “Pensa sempre a Me e diventa Mio devoto. Adorami e offriMi le tue opere. Così certamente verrai a Me, perché sei un amico a Me infinitamente caro. Lascia ogni credo e abbandonati a Me. Io ti libererò dalle reazioni dei tuoi peccati. Non temere” (Bhagavad-gita XVIII.65-66). L'abbandono a Dio è il più grande strumento di salvezza. L'abbandono a Dio spazza via ogni ostacolo dal sentiero spirituale”.
Dopo un dolce bhajan e dopo la festa di prasada, rispettato nel verde tra fiori profumati, il Viaggio continua.
“Quando non vediamo la soluzione ai nostri problemi, dobbiamo guardare in alto, non in basso. Dobbiamo concentrarci sugli insegnamenti spirituali e mettere in moto le nostre migliori qualità, anche quelle che non ci ricordiamo più di possedere. E' il nostro ego che pone limiti alle nostre infinite possibilità di evoluzione, di gioia e amore. Ognuno di noi ha la grande opportunità di evolvere, di avvicinarsi a Dio. Perché bloccare la marcia verso la perfezione? Perché non predisporci con il giusto stato d'animo, quello che ci permette di abbandonarci al Signore e di ricevere la Sua misericordia? Se non apriamo il cuore, la Misericordia non entra. Aprire il cuore vuol dire ricercare l'abbandono a Dio, e questo è possibile solo se abbandoniamo le illusioni e se ci predisponiamo con spirito di servizio nei confronti di Shri Vaishnava, Guru e Krishna. La predisposizione all'abbandono ci apre la via ma è Dio soltanto che ci può aprire la porta per farci entrare nel Suo Amore. Preghiamo il Signore affinché ci permetta di servirLo e di realizzare così il gusto del Suo Amore. La realizzazione di questo gusto, che è la pura Bhakti, ci ripaga da solo da qualsiasi fatica abbiamo sostenuto lungo il percorso. Il gusto della Bhakti è la Vita”.
Shrila Gurudeva ki, jay!
Shrila Prabhupada ki, jay!
Bhaktiseva, ki jay!
Il primo maggio con Shrila Gurudeva e tanti devoti (eravamo 130!) ci siamo riuniti a Shri Govardhana, così è stato ribattezzato il luogo in campagna a Castelnuovo della Misericordia, in provincia di Livorno, che già ci accolse due anni fa per un altro indimenticabile programma di Sat-Sanga ospiti dei genitori di Madhavipriya. Anche questa volta con un kirtana gioioso salutavamo i devoti man mano che arrivavano. Ad accoglierli c'era anche il profumo dei fiori e dell'erba di campo, il verde dei prati, la luce e il tiepido calore del sole primaverile, gli alberi con i frutti in boccio e il soffiare del vento tra le foglie: il saluto e l'abbraccio della Natura che ristora, che dà pace, che con la sua bellezza rende onore al Suo Creatore. Seduti nel prato, ammirando un bellissimo paesaggio, di fronte all'immagine di Shrila Prabhupada e ad un bellissimo dipinto di Shri Shri Krishna e Balarama che corrono e giocano nei prati con le mucche e i pastorelli, Shrila Gurudeva ci ha offerto insegnamenti di valore straordinario per la nostra vita spirituale, che sono arrivati fino al cuore. Un'esperienza unica che ricorderemo per sempre. Ecco alcune gocce di questo nettare.
“La più grande conflittualità che si possa sperimentare non è quella interpersonale ma quella intrapersonale, che consiste in una lotta titanica tra differenti funzioni o tendenze della stessa personalità. Lungo il percorso della realizzazione spirituale questi conflitti intrapsichici sono i più difficili da superare, sono quelli che più di altri ci mettono alla prova. Per superare tali ostacoli, dobbiamo imparare a distinguere tra le voci dell'io e la voce del sé. A volte la lucidità viene meno e si compiono azioni contrarie alla nostra evoluzione, ma se ricerchiamo la voce del sé e rimediamo subito agli errori commessi, possiamo riprendere il sentiero senza smarrirci, arricchiti da un'importante lezione di vita. Un uomo può avere avuto tanti fallimenti nella sua esistenza, ma fino a che non considera gli altri la causa dei suoi mali non sarà un fallito. Ascoltare la voce del sé significa imparare a conoscersi. Conoscersi significa essersi esplorati profondamente. Non conoscersi significa vivere da persone superficiali, come se fossimo alieni a noi stessi. Chiedetevi: “Sono soddisfatto? Sto vivendo una vita felice?” Se non state vivendo felicemente significa che quel che sapete di voi non è sufficiente, a prescindere da quel che pensavate di sapere. Dovete intraprendere il viaggio verso una conoscenza più profonda di voi stessi. Spesso nei grandi testi dell'antichità il viaggio della realizzazione spirituale è paragonato ad un'impresa eroica. Il mondo è il palcoscenico di questo viaggio e gli ostacoli sono simbolicamente rappresentati dai mostri, dai malvagi che imperversano in ogni storia ed impresa eroica e che sono la proiezione dei nostri mali. Solo riconoscendo l'ostacolo possiamo impegnarci a superarlo. Conoscersi equivale ad esistere in maniera cento volte più intensa e consapevole rispetto a chi non conosce se stesso. Ma infine dobbiamo conoscere non solo noi stessi ma anche Dio. E Dio lo si può conoscere solo attraverso di Lui. È solo Dio che ci può aprire la strada che ci conduce a Lui, perché la saggezza umana non basta. E' per questo che Arjuna ha bisogno di Krishna e che Dante ha bisogno di Virgilio. Occorre porci in ascolto della Voce divina che ci aiuta a liberarci dalle nostre identificazioni con il corpo e con la psiche, dalle nostre brame egoiche che rappresentano le mura del nostro carcere. É Dio che apre le porte della nostra prigione, che ci rivela la strada che conduce a Lui, che ci fa vedere la realtà. “O saggezza umana, sai proferire quanto può dire un bimbo attaccato alla mammella! Tu non puoi descrivere la grandiosità dell'infinito, la sua maestà, quella felicità spirituale completamente appagante che tutti noi ricerchiamo”. Quella beatitudine è della natura di Dio, spirituale e infinita. Perché relegare la nostra vita ad una bellezza effimera, la cui ricerca ci sfianca e ci priva di forza morale e d'intelletto? Ricerchiamo piuttosto l'origine divina di ogni bellezza del mondo e colleghiamo ogni cosa al suo Creatore, affinché possiamo contemplarla nella sua autentica essenza, liberandoci dai condizionamenti dell'ego che imperterrito grida: io e mio! Solo se ci rivolgiamo a Dio possono cadere tutti gli ostacoli lungo il nostro sentiero. Li vediamo cadere come birilli centrati da un colpo maestro che consiste nell'abbandono al Supremo. Dobbiamo porci in cammino verso Dio, ma mai nessun uomo ne ha scorto le tracce. Dio non lascia tracce percepibili con i sensi. Le Upanishad ci rimandano a questo concetto con espressioni arcane: canta di Colui che è indicibile, pensa a Colui che è impensabile, cerca Colui che è invisibile. Ma allora a chi canto, a chi penso, chi cerco? Nella Bhagavad-gita XVIII.66 Shri Krishna spiega come è possibile trovare e seguire le Sue tracce: abbandonandosi a Lui. È l'abbandono che ci permette di sviluppare quello stato d'animo indispensabile per unirci a Dio, per vedere ciò che è invisibile agli occhi umani. La scienza e la tecnica potranno produrre microscopi sofisticatissimi, ma Colui che è il più grande del più grande e il più piccolo del più piccolo sarà sempre celato dal Suo velo di Maya. Questo velo scompare solo per coloro che si abbandonano a Lui. Abbandonatevi a Lui: questa è la perfezione! Rinunciate al vostro ego, perché questo è il pegno per abbandonarsi a Lui. Liberatevi da tutte le maschere che vi vincolano al tempo e allo spazio. Esse producono le deformazioni che si manifestano nella psiche e tutti gli ostacoli lungo il sentiero della realizzazione spirituale. Sono queste maschere che ci impediscono di vedere Dio. Ricercate Dio, perdetevi in Lui e troverete voi stessi. La scoperta di Dio coincide con la scoperta di se stessi. Abbandonatevi a Lui e penetrate il Suo mistero. Pensate alle tante sfide che hanno dovuto affrontare i grandi devoti di tutte le tradizioni: Prahlada è stato perseguitato dal padre; i Pandava dai parenti che complottarono per ucciderli; Bilva Mangala Thakur fu perseguitato dalla sua lussuria; Haridas Thakur fu torturato dalle autorità religiose hindu; i profeti furono sgozzati, decapitati, scaraventati nelle fosse dei leoni; Cristo fu accusato dal sinedrio, vilipeso dal pubblico e crocifisso; Francesco fu diseredato dal padre; Al-Haji fu decapitato e mentre la sua testa rotolava per terra, la sua bocca continuava a cantare i nomi divini. Credete che sia facile giungere alla realizzazione spirituale? È molto più facile uccidersi, rinunciare alla vita. La realizzazione spirituale richiede tutta la nostra dedizione, ma è indubbiamente l'unica cosa di valore che c'è da fare nella vita, anche se rare sono le persone che lo capiscono. Anche se avete commesso degli errori e la vostra coscienza si è intorbidata, chiedetevi e dite a voi stessi: “Ma io voglio rinunciare alla limpidezza, alla luce, all'illuminazione? Al momento ci sono forze dentro me che creano degli ostacoli ma io voglio superarli. Non voglio sopportare la contaminazione, non voglio rinunciare alla bellezza, non voglio giocarmi la possibilità di vivere con purezza, nella chiarezza totale. Ho fiducia nella Misericordia divina, che è poi anche la divina Provvidenza e l'Intelligenza cosmica, che sa molto meglio di me cosa mi occorre: io ho solo da abbandonarmi ad essa, il che vuol dire abbandonarmi a Dio. Io non temo Dio, io temo me stesso. Da Dio non può venire altro che Bene, e l'ho già sperimentato numerose volte. E' da me che può venire il male, soprattutto quando perdo il dominio delle mie passioni, delle mie brame o quando mi identifico con le mie debolezze in nome di quella pseudo-libertà che non è altro che un capriccio della mente e dei sensi”. Andiamo alla ricerca della nostra dimensione originaria che è la para-prakriti, la natura spirituale che si realizza soltanto attraverso la Misericordia divina. Nella Bhagavad-gita XVIII.56 Shri Krishna dice: “Sebbene impegnato in varie attività nel mondo, il mio devoto raggiunge per la mia Grazia l'eterna e immortale dimora”. Non pensiate che questa dimora sia raggiungibile solo dopo la morte e che sia un altrove fisico. È qui per chi la vuole qui ed è altrove per chi la vuole altrove, per coloro che qui ed ora non desiderano abbandonarsi a Dio. E' la stessa cosa che avviene a chi pensa che l'erba del vicino sia sempre più verde della sua: dovrà rinascere numerose volte fino a che scoprirà che anche la sua erba può diventare verde se solo lo desidera. E' necessario modificare la propria attitudine e il proprio comportamento. Shri Krishna esorta Arjuna con queste parole: “Dedica ogni tua azione a Me e agisci sempre sotto la mia protezione. Mentre agisci,sii pienamente cosciente di Me.” (Bhagavad-gita XVIII.57). Possiamo diventare coscienti di Krishna servendoLo. “Se diventi coscienti di Me, supererai per Mia Grazia, tutti gli ostacoli dell'esistenza condizionata. Se invece non agisci con questa coscienza ma con falso ego, non ascoltandomi, sarei perduto” (Bhagavad-gita XVIII.58). La Misericordia divina distrugge ogni avversità, mentre l'ego falso crea ostacoli insormontabili. Esso produce bolle d'illusione in cui le persone possono rimanere intrappolate per esistenze intere. Nella Bhagavad-gita XV.7 viene spiegato che Dio accompagna il migrare di ogni essere. Dio ci accompagna sempre, ovunque, ed è questa Sua presenza che dobbiamo realizzare. Se a qualcuno di voi chiedessero: “Ma tu sei solo?”, potreste rispondere: “No, non sono solo”. “Chi c'è con te?”.“Con me c'è Dio”. “E dov'è Dio?”. “ É dentro di me”. L'esperienza della presenza del Divino cambia la vita, ci pone su di un altro piano di esistenza che non può essere spiegato a parole perché è ineffabile, travalica le possibilità di comprensione della logica umana. La Misericordia divina ci fa realizzare che il Signore supremo è situato nel cuore di ognuno. “Io sono nel cuore di ogni essere. Da Me vengono la conoscenza, il ricordo e l'oblio” (Bhagavad-gita XV.15). Il Signore supremo è situato nel cuore di ognuno e dirige l'errare di ogni essere in ogni struttura della materia. Abbandonatevi completamente a Lui, il Signore di tutti i mondi, di tutte le creature. Con una scintilla del Suo splendore, Egli crea e sostiene gli universi. Dio è Tutto. Abbandonatevi a Lui e per la Sua Grazia raggiungerete la pace spirituale e l'eterna immortale dimora. Poiché i Suoi passi non lasciano tracce, è attraverso l'abbandono che noi riceviamo indicazioni chiare e indiscutibili per raggiungerLo. E' attraverso la fede che raggiungerLo diventa possibile. Quella fede che resta salda anche se ci trovassimo di fronte al patibolo. Senza quella fede vi sentirete insicuri anche in un fortino sorvegliato da guardie scelte. Shri Krishna dice ad Arjuna: “Poiché tu sei mio carissimo amico e sei privo di invidia, ti rivelo la conoscenza più segreta. Ascolta la mia parola, pronunciata per il tuo bene” (Bhagavad-gita IX.1). “Signore, Colui che ha avuto la fortuna di entrare nella Tua via, si è dimenticato di sé e si è immerso in Te”. Anche solo un piccolo passo su questa via offre benefici eterni, poiché avvicina alla libertà, all'immortalità, all'Amore. Ci avvicina alla libertà di amare e di sentirsi amati dall'Anima suprema, dalla Coscienza dell'umanità, dall'Uno che diventa molteplice, dall'Infinito che largisce il bene dell'immortalità. “Pensa sempre a Me e diventa Mio devoto. Adorami e offriMi le tue opere. Così certamente verrai a Me, perché sei un amico a Me infinitamente caro. Lascia ogni credo e abbandonati a Me. Io ti libererò dalle reazioni dei tuoi peccati. Non temere” (Bhagavad-gita XVIII.65-66). L'abbandono a Dio è il più grande strumento di salvezza. L'abbandono a Dio spazza via ogni ostacolo dal sentiero spirituale”.
Dopo un dolce bhajan e dopo la festa di prasada, rispettato nel verde tra fiori profumati, il Viaggio continua.
“Quando non vediamo la soluzione ai nostri problemi, dobbiamo guardare in alto, non in basso. Dobbiamo concentrarci sugli insegnamenti spirituali e mettere in moto le nostre migliori qualità, anche quelle che non ci ricordiamo più di possedere. E' il nostro ego che pone limiti alle nostre infinite possibilità di evoluzione, di gioia e amore. Ognuno di noi ha la grande opportunità di evolvere, di avvicinarsi a Dio. Perché bloccare la marcia verso la perfezione? Perché non predisporci con il giusto stato d'animo, quello che ci permette di abbandonarci al Signore e di ricevere la Sua misericordia? Se non apriamo il cuore, la Misericordia non entra. Aprire il cuore vuol dire ricercare l'abbandono a Dio, e questo è possibile solo se abbandoniamo le illusioni e se ci predisponiamo con spirito di servizio nei confronti di Shri Vaishnava, Guru e Krishna. La predisposizione all'abbandono ci apre la via ma è Dio soltanto che ci può aprire la porta per farci entrare nel Suo Amore. Preghiamo il Signore affinché ci permetta di servirLo e di realizzare così il gusto del Suo Amore. La realizzazione di questo gusto, che è la pura Bhakti, ci ripaga da solo da qualsiasi fatica abbiamo sostenuto lungo il percorso. Il gusto della Bhakti è la Vita”.
Shrila Gurudeva ki, jay!
Shrila Prabhupada ki, jay!
Bhaktiseva, ki jay!
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