In viaggio verso Napoli, 4 Giugno 2010.
Durante il viaggio, in riferimento ai vari luoghi e città che vediamo, Shrila Gurudeva ci racconta episodi della storia, aiutandoci a trarne insegnamento per orientare la nostra vita verso la virtù e verso il Divino.
“La storia scorre nel nostro sangue, nei nostri neuroni, fa parte del nostro inconscio collettivo. Già da ragazzo mi interessavo della storia perché comprendevo che il conoscere certe dinamiche e certi errori permetteva di evitarli, di non compierli a nostra volta. Ma ora capisco che quel che veramente ci affranca dal compierli non è solo conoscerli ma aprirsi ad una visione superiore. Ci sono persone che fanno cose ignominiose pur conoscendo le conseguenze che quelle stesse cose hanno determinato nella vita di altri”.
Siamo arrivati vicino a Porto Santo Stefano, dove vediamo un fiume che entra nel mare. Pensiamo che è il fiume della vita, dell'io che scopre il sé, dell'uomo che entra in Dio. Acqua che si estende nel mare infinito. E' il miracolo dell'espansione della coscienza.
“La vita si snoda e si espande nel futuro. Se ci comportiamo bene, senza mai danneggiare nessuno, con sentimenti di Bhakti verso Dio ed ogni essere, viviamo nella Luce che mai tramonta”.
Siamo quasi arrivati a Napoli. Cantiamo la Gayatri contemplando il sole al tramonto. L'indaco del cielo è tinteggiato del rosso del sole. La bellezza immensa di Dio trionfa fuori e dentro di noi, in una visione che ci lascia senza parole.
Shrila Gurudeva ci dice con soavità, con una voce che sembra giunga da un'altra dimensione:
“Quando siamo centrati nel nostro sé profondo e collegati in Amore a Dio e ad ogni creatura, non si soffre né per il condizionamento del tempo né per quello dello spazio, non si ha più paura nemmeno della morte. Tutto dipende dalla nostra attitudine, dalla nostra predisposizione interiore”.
Napoli, 5 Giugno 2010.
Oggi c'è il Seminario sul tema “Psicologia del Ciclo della Vita”.
Siamo raccolti in una sala nel centro di Napoli con una trentina di persone che ascoltano con profondo interesse.
“Per riuscire a comprendere la psicologia del ciclo della vita, occorre in primo luogo liberarsi da quei pregiudizi che inducono a considerare di valore o esistente solo ciò che è visibile con i limitati strumenti psicofisici. Non attacchiamoci a ciò che vediamo come se fosse tutto. Il mondo visibile è una proiezione del mondo invisibile, che costituisce l’origine e il fondamento di ciò che percepiamo con i sensi. Attraverso il percorso spirituale della Bhakti, possiamo sperimentare in questo mondo, qui ed ora, di appartenere ad una dimensione trascendente rispetto a quella psicofisica. Questa esperienza libera dalla paura della morte, ci fa sperimentare una gioia ineffabile e un gusto superiore, l’originario gusto della Vita. Impariamo a chiederci: quali sono i benefici che apporta il morire? Questa domanda sottende una visione della morte ribaltata rispetto a quella imperante, ma solo se ci poniamo in questa prospettiva possiamo scoprire l'utilità della morte quale passaggio da una dimensione di esistenza ad un'altra che ci permette di continuare il nostro viaggio evolutivo. In questo senso, se sviluppiamo la giusta consapevolezza, la morte può trasformarsi in un’occasione straordinaria per fare un salto di qualità, per varcare quella soglia che ci proietta in nuove e più elevate visioni e verità. Per acquisire tale consapevolezza, occorre imparare ogni giorno a morire, realizzando che solo ciò ci permette di rinascere. Ogni giorno, infatti, possiamo morire a cattive abitudini, a difetti della personalità per rinascere ad un bene più grande, sempre più elevato, fino a riscoprire quell'Amore universale rivolto verso tutti e verso ogni cosa e che tutto collega alla sua origine divina”.
Il Seminario si conclude con una Visualizzazione meditativa intensa e suggestiva. Queste le parole con le quali Shrila Gurudeva conclude questa esperienza:
“Meditando sull'impermanenza di questo mondo, possiamo aprirci alla realizzazione di ciò che non muta, che è eterno e che è l'essenza stessa del nostro essere e della nostra vita. Tale realizzazione dissipa ogni paura, così come le tenebre si dileguano in presenza della luce.”
Le persone sono ispirate, commosse. Le invitiamo a partecipare il giorno successivo ad un incontro di Sat-Sanga all'aperto, nella Villa Floridiana.
Napoli, 6 Giugno 2010.
La mattina andiamo in visita a Castel Sant'Elmo, costruito nel 1500 da Pietro di Toledo, Viceré di Napoli. E' una fortezza maestosa. In essa vediamo la genialità umana all'opera. Il castello è costruito sulla roccia, perfettamente studiato per attacco e difesa.
Shrila Gurudeva osserva: “Qui la grandezza dell'ingegno dell'uomo è posta al servizio dell'ego, quando invece dovrebbe essere messa al servizio di Dio, del Bene e dell'Amore”.
Nel pomeriggio organizziamo un programma di sat-sanga nella Villa Floridiana, in un bellissimo parco. Sediamo all'ombra di alberi secolari. Siamo una cinquantina di persone. Tra queste molte che avevano partecipato al Seminario di ieri ed altri amici di Napoli che già ci conoscono. Dopo un bhajan Shrila Gurudeva comincia a parlare di valori spirituali universali e della via dell'Amore. Alcune persone di passaggio si fermano incuriosite ad ascoltare e rimangono fino alla fine dell'incontro, per oltre due ore.
“La realtà di questo mondo è temporanea e in continua mutazione ma è anche fonte di fascino e piena di bellezza. E' sufficiente osservare una cascata, un monte o un bambino che gioca per sentire questo fascino. I Veda, e in particolar modo la via dell'Amore divino o Bhakti-Yoga, non ci ingiungono di fuggire dal mondo o di voltare le spalle alle sue bellezze. Ci stimolano piuttosto ad un'attitudine e stato di coscienza in cui possiamo apprezzare la bellezza del creato ringraziando il Creatore e desiderando al contempo realizzare quella bellezza spirituale che è ben superiore a ciò che riusciamo a contemplare con gli occhi fisici. Questo mondo esprime infatti solo una manifestazione fugace della realtà. Esso è in continua mutazione, mentre la nostra essenza è l'eternità. Qui anche la più grande bellezza decade e sfuma. I piaceri dei sensi si trasformano in sofferenza, quel che prima era splendore diventa cupo e grigio. Per questo motivo i Veda esortano a guardare attraverso le apparenze per vedere l'essenza della realtà. In sanscrito la sostanza che costituisce il mondo viene chiamata dravya. Ma esiste qualcosa che è l'essenza di quella sostanza. Quell'essenza è il Brahman. Il Brahman è l'essenza di tutte le cose, la forza che tutto sostiene. Nella Bhagavad-gita si dice che la sorgente del Brahman è Krishna. Il Brahman è il sostegno di tutto ciò che vedete vivere. È il Brahman dentro ad un seme che genera l'albero. Se imparate questa semplice verità: aham brahmasmi, “io sono Brahman”, diventate coscienti di essere immortali. Uno può essere sano ma se crede di essere malato, soffre come se lo fosse veramente. E cosa gli succede se continua a coltivare questa falsa convinzione? Che si ammala veramente. Similmente, chi crede di essere mortale soffre come se davvero dovesse morire.
Il mantra ha una grande forza intrinseca. Lavora nella nostra struttura psichica e purifica le nostre convinzioni profonde. Chi siamo? Come possiamo tornare in possesso delle nostre potenzialità e realizzare l'immortalità? L'uomo moderno crede di saperne molto di più dell'uomo antico, ma purtroppo spesso è schiavo di una conoscenza priva di una prospettiva trascendente. La tradizione della Bhakti ci offre insegnamenti e pratiche spirituali per realizzare l'immortalità dell'essere, della vita e delle nostre relazioni. Anch'esse infatti sono eterne se non le macchiamo con l'egoismo, quando siamo coscienti che esse uniscono esseri spirituali eterni. Il Brahman è l'energia di cui è costituito l'atman, l'essere spirituale individuale. C'è una relazione tra atman e Brahman, tra l'essere individuale e l'Essere supremo, tra il piccolo sé e il grande Sé, tra l'anima e Dio?
I testi indovedici spiegano che esiste tra loro una relazione eterna, ma lo schermo dell'ego ci impedisce la visione di tale realtà. L'ego è la somma dei contenuti psichici con i quali l'essere si identifica. E' la maschera che nasconde il nostro vero volto. È il paralume che a malapena lascia filtrare la luce della coscienza e la deforma. Ecco perché tutte le tradizioni autentiche hanno sviluppato sistemi e discipline per destrutturare i condizionamenti dell'ego ed entrare in contatto con la realtà. L'ego esprime una parte delle energie della Natura e corrisponde ad una funzione della nostra personalità nella dimensione incarnata, perciò non deve essere distrutto, ma può e deve essere trasformato in uno strumento utile alla nostra evoluzione. Ciò diventa possibile se lo poniamo sotto la guida del sé”.
Shrila Gurudeva continua descrivendo le potenza del mantra come strumento per operare la nostra liberazione. Tutti sono assorti nell'ascolto, anche quei passanti che si sono fermati e che ora sembrano parte integrante del nostro gruppo.
“Nei Veda i sacri mantra sono definiti mantra-manjari. Sono paragonati a boccioli di fiori, perché fanno rifiorire in noi la consapevolezza della Realtà e dell'Amore puro; essi danno alla nostra vita il profumo dell'eternità, ci permettono di accedere ad una dimensione più elevata, quella spirituale. Purificano la nostra mente, liberano dai condizionamenti, ci danno la forza per abbandonare le illusioni e gli attaccamenti egoici che sono la causa delle nostre sofferenze. Se ci liberiamo dal senso di possesso possiamo amare chiunque ed ogni cosa e gioire infinitamente di quell'Amore. L'importante è vivere ogni esperienza in armonia con l'ordine etico-universale e nella modalità pura dell'offerta. La Bhakti è agire in spirito di offerta continua a Dio, alla Sorgente dalla quale siamo partiti e nella quale vogliamo rientrare. Lo Yoga della Bhakti non ha altra funzione se non quella di ricollegarci a Dio. Il mantra Hare Krishna è il mantra dell'immortalità. Gli antichi testi ci invitano ad invocare il Nome divino per collegarci al Signore, all'Origine di tutto ciò che esiste, di ogni essere, della nostra stessa vita. Shri Caitanya Deva è stato il più grande apostolo dell'Amore attraverso la diffusione della glorificazione dei Nomi divini. Il Nome di Dio è capace di operare la nostra trasformazione. Golokhera premadhana Harinama sankirtana! Adesso cantiamo tutti assieme. Fate scendere questi Nomi divini nel profondo della vostra coscienza”.
Tutti cantano. Armonia e beatitudine si espandono dentro e fuori di noi.
Dopo il bhajan, Shrila Gurudeva prosegue rispondendo alle domande che gli vengono poste.
“La conoscenza non è il fine della vita. La gnosi è uno strumento per giungere all'Amore ed è per questo motivo che noi abbiamo creato una Scuola. L'amore è il nostro obiettivo. Attraverso la pratica dell'Amore si può sviluppare la più alta sapienza e accedere all'universo interiore spirituale”.
Ogni luogo diventa sacro se c'è chi rivela la via verso la realizzazione spirituale, se si glorifica il Nome divino, se si evocano le glorie di spiritualisti autentici e del supremo Signore.
Si è fatta ora di pranzo. I cari devoti che ci ospitano invitano le persone presenti a prendere prasada con noi. Mentre rispettiamo, ascoltiamo le note della sitar e mantra antichi. Dopo pranzo l'incontro continua. Shrila Gurudeva racconta di Shri Caitanya Mahaprabhu e della Sua vita. Poi leggiamo dalle sacre Scritture e concludiamo con un dolce prolungato bhajan. Il Nome divino è liberatorio. Dio sta nel cuore di colui che in Lui si è rifugiato, di colui che Lo invoca con Amore.
Napoli, 7 Giugno 2010.
Al mattino Shrila Gurudeva incontra alcune persone che ci hanno conosciuto durante il Seminario e che desiderano avvicinarsi alla nostra Scuola e alla via della Bhakti. Per alcune di loro le esperienze fatte assieme in questi giorni hanno rappresentato un punto di svolta nella loro vita. Nel pomeriggio una trentina di persone partecipano ad un altro incontro di Sat-sanga a casa dei cari devoti che ci ospitano.
“Per armonizzare le coscienze occorre in primo luogo trasformarle e purificarle. Se vogliamo che ci sia unione, pace, condivisione, occorre in prima istanza fare un lavoro profondo su noi stessi. Come spiega Patanjali, quando un pensiero si configura come negativo o angosciante si deve cercare di visualizzare il suo opposto. La meditazione rappresenta uno dei più importanti strumenti per la nostra evoluzione ed essa può risultare efficace solo c'è sufficiente conoscenza di sé stessi, delle pratiche spirituali e dello scopo dell'esistenza. E' per questo motivo che noi abbiamo deciso di istituire una Scuola per divulgare la conoscenza sacra ed elevare il proprio livello di consapevolezza. E' la coscienza che aggrega o disgrega i corpi. E' la coscienza che determina la nostra capacità di vedere. La coscienza è il nostro unico vero patrimonio. La coscienza è quel che noi sentiamo, quel che percepiamo, e le percezioni determinano la qualità della nostra vita. L'ipocondriaco che percepisce una malattia che non c'è la induce e alla fine si ammala davvero. Se ti percepisci buono, diventi buono! Se ti percepisci cattivo, diventi cattivo! Qualcuno a questo punto potrebbe chiedere: “Allora basta modificare il nostro pensiero?!” Sì, è così, ma non è un'impresa facile. Per riuscirci dobbiamo imparare a percepirci nella nostra reale identità. Quel che siamo non ce lo dice lo specchio, ma una meditazione profonda, una ricerca seria che ci permette di riscoprire il nostro centro. Se impariamo a raccoglierci, a fare un percorso interiore con il livello più lucido di consapevolezza, scopriamo che siamo già immortali e felici. Non abbiamo da indurre questa felicità o immortalità con un comportamento artificiale; dobbiamo invece destrutturare quei condizionamenti che non ci permettono di percepirci come siamo. Questo è lo scopo della vita. Realizzarlo permette di sperimentare il benessere, la felicità interiore, la gioia profonda dell'anima. Non quella gioia che dipende da cose esteriori, che non abbiamo mai potuto controllare e che mai potremo controllare, ma quella felicità che sgorga dal cuore, inteso non come muscolo cardiaco ma come il nostro metaspazio interiore che contiene tutto l'Universo. Un Universo spirituale così grande che include anche quello che fisico che percepiamo con gli occhi. L'euforia o l'eccitazione dei sensi non sono sinonimo di felicità. Esse producono piuttosto un'illusione cui segue sempre l'inevitabile delusione. In questo modo la persona finisce per diventare sfiduciata e cattiva verso se stessa e di conseguenza verso gli altri. Impegniamoci a pervenire ad una comprensione fondamentale di immenso valore: se ritroviamo il nostro centro, progressivamente realizziamo l'inconsistenza degli eventi per i quali abbiamo sofferto. Viceversa quel che è successo o quel che accade diventerà sempre più importante per noi fino al punto da condizionarci profondamente. Non è l'accadimento in sé che ha veramente influenza su di noi, quanto la nostra risposta affettiva, il nostro modo di reagire, la nostra capacità di elaborare, di gestire l'elaborato e di rispondere in maniera progettuale che sia al tempo stesso produttiva, costruttiva, evolutiva. La preghiera è un aiuto straordinario. E' una pratica che dovrebbe essere quotidiana, perché serve a centrarsi. La preghiera può essere una petizione, l'espressione di una promessa, la richiesta di ispirazione, di una speciale protezione. Può essere una richiesta di aiuto per comprendere più profondamente qualcosa: non un dammi per me, ma perché io possa aiutare meglio gli altri. Quando la preghiera raggiunge il suo livello più alto perviene alla meditazione, attraverso la quale si può liberare la mente dai condizionamenti. Qual è la differenza tra il pensiero meditativo e quello ordinario prodotto dal condizionamento? La differenza è che grazie alla meditazione noi possiamo agire per la prima volta in stato di libertà. Non è sufficiente non avere le manette ai polsi per essere liberi. Occorre essere liberi interiormente. La libertà interiore non necessariamente corrisponde alle apparenze di una libertà esteriore. Nella vita ho conosciuto diverse persone di grande potere che, nonostante la loro saldezza esteriore, soffrivano di mancanza di libertà autentica. La meditazione, se praticata con l'ausilio di una guida esperta e con il desiderio intenso di ritrovare il proprio senso di libertà, permette di fare grandi meravigliose scoperte.
Shrila Gurudeva prosegue spiegando quali sono i nostri unici veri nemici: quelli prodotti dall'ego! Sono kama, krodha, lobha, moha, matsara: bramosia, collera, avidità, illusione, invidia. Shrila Gurudeva li spiega uno ad uno.
“Chi ha conquistato l'ego ha fatto la conquista più grandiosa al mondo, perché è l'ego che moltiplica i nostri avversari. Quando le persone investono sull'ego, non investono su loro stesse ma su di una loro falsa proiezione. É come se mettessero soldi sul conto di un altro. Ogni volta si ritroveranno a scoprire che non hanno accumulato niente, fino a che non capiranno che debbono investire su loro stesse”.
Shrila Gurudeva comincia a rispondere alle varie domande poste dalle persone presenti. Il nostro ego è influenzato dal pensiero degli altri? In che modo dobbiamo utilizzare i nostri talenti?
“Se tradisci un tuo talento, tradisci te stesso. Il talento è la somma di una serie infinite di interazioni tra tue tendenze e tue esperienze. È una cifra che rappresenta la tua personalità. I talenti vanno investiti nell'azione offerta con amore al Signore per il bene di tutte le creature. Possiamo realizzarci se sappiamo ben integrare contemplazione e azione cosciente di Krishna. Non dobbiamo fuggire dal mondo o dalla società in cui viviamo, altrimenti manchiamo di realizzare la dimensione collettiva della nostra personalità, perché noi non siamo individui scissi da tutto il resto: i collegamenti tra noi e gli altri sono fitti e inscindibili. La Bhakti permette la nostra realizzazione nel mondo, agendo con gli altri per gli altri. Quando la contemplazione si armonizza in maniera perfetta all'azione, si ha una significativa evoluzione della coscienza. Gli orizzonti si aprono e cominciamo a percepire tutto nell'Uno e l'Uno nel tutto, Dio negli altri e gli altri in Dio”.
Shrila Gurudeva prosegue parlando di Napoli e dei suoi abitanti.
“Napoli ha una grande ricchezza culturale e spirituale che scorre sotterranea. È attanagliata però dalla paura, che è una forma di manipolazione”.
Tra i presenti vi è un imprenditore che, commosso, dice a Shrila Gurudeva: “Seguendo questi vostri insegnamenti voglio fare qualcosa per il bene dei napoletani e di questa città, mettendo i talenti che ho al servizio di Dio. La ringrazio di cuore perché lei mi ha confermato quel che nel profondo sentivo e mi ha indicato la via per realizzarlo”. Sembra di essere in un ambiente indiano. Il ventilatore sul soffitto che gira. Rumori e frastuoni nelle strade. Gente solare, aperta, accomodante. Vediamo le coscienze che si trasformano accogliendo nel cuore gli insegnamenti della Bhakti.
“In tutte le tradizioni troviamo la lotta degli angeli contro i demoni, dei deva contro gli asura. Le forze della luce però infine hanno sempre la vittoria sulle tenebre. Possono perdere qualche battaglia ma vincono sempre la guerra. Sono le forze dell'ordine cosmico, dell'Amore, potenti più di ogni altra cosa. La tendenza a ricercare il benessere è in tutti. E' presente anche nei malfattori, solo che loro lo ricercano in maniera sbagliata. Come chi vuole cercare la luna nel pozzo”.
Per dare speranza a tutti, occorre incrementare incontri come questo in cui si parla di Dio e della scienza sacra applicata alla nostra vita quotidiana.
“Chi scopre se stesso, nella contemplazione dell'ordine universale e soprattutto nell'amore per Dio, si libera di ogni paura. Abhaya non è il coraggio del temerario, ma è la fede e il coraggio del sapiente. Se ci rifugiamo nell'Amore, questo Amore ci protegge, più di qualsiasi altra cosa. Perché l'Amore di per sé è una potenza straordinaria. Non solo ferma ogni offensiva, non solo crea i presupposti per ridurla ai minimi termini ma genera anche un potente stimolo a seguirne il modello.
Sono oltre le undici di sera, ma nessuno accenna ad andare via. Siamo tutti attratti dal gusto della Bhakti.
“Il Nome divino sgombra il cuore da ogni paura, rende liberi. Nessuna costrizione esteriore può pregiudicare la nostra libertà interiore. La vera schiavitù è essere schiavi interiormente. Ingannare noi stessi è il più grande inganno che possiamo perpetrare. Tutte le disgrazie sono la conseguenza di questo iniziale errore micidiale. Invocare il Nome divino è salvifico, si diradano le nebbie, comprendiamo gli errori compiuti, ci correggiamo e scopriamo la nostra matrice divina. Provate a meditare su questo mantra che ha il potere di conferire il dono della libertà interiore.
Shrila Gurudeva mostra il suo japamala e insegna ai presenti come si cantano i santi Nomi.
“Con questa meditazione i nostri ostacoli vengono spazzati via, la mente si libera dai condizionamenti. Le parole non riescono a descrivere la gioia viva che si produce, che sgorga dal cuore e che non dipende da nient'altro. Il grande mantra della liberazione ci permette di raggiungere moksha e ci fa conquistare quel che è ben oltre ad essa: ci proietta nei prati di smeraldo dell'Amore, nei suoi cieli virginali, in quelle dimensioni pure che esistono dentro di noi. Per raggiungerle dobbiamo cercare noi stessi nelle profondità del nostro essere e nelle vette luminose della coscienza. Invochiamo i nomi del Signore per far risplendere sempre più dentro di noi quella luce che poi può illuminare anche gli altri e il mondo fuori”.
Napoli, 8 Giugno 2010.
Al mattino andiamo in visita a Cuma, la più antica colonia greca dell'Italia meridionale (730 a.C.). Emozionati ci rechiamo nell'antro della Sibilla cumana.
“Vaneggia il gran fianco dell'euboica montagna in un antro, cui cento larghi aditi guidano cento gran porti; di là cento voci precipitano: della Sibilla i responsi.” (Da Virgilio, eneide, Libro VI, versi 42-44)
Shrila Gurudeva ci spiega che siamo in luoghi iniziatici, sacrificali, dove persone venivano per entrare in contatto con altre dimensioni, con il sovrammondo, per ascoltare la voce interiore. Qui ognuno riceveva la rivelazione conseguente alla propria predisposizione interiore. Shrila Gurudeva ci invita a raccoglierci e ad invocare i Nomi divini, per ricercare la via del cuore.
“Con il Maha-mantra apriamo varchi nel buio, sprazzi di luce nelle tenebre, costruiamo l'Amore dentro e fuori di noi”.
Proseguiamo la visita dello scavo archeologico e ci rechiamo in luoghi di meravigliosa bellezza naturale, tra lecci e alberi di alloro. Ammiriamo un mare che si apre davanti a noi di un blu intenso, di fronte all'isola di Ischia. Arriviamo al tempio di Apollo. Nell'Eneide Virgilio narra la fuga dal labirinto di Cnosso del mitico artefice Dedalo con lo sventurato figlio Icaro, servendosi di ali di cera. Giunto sull'acropoli di Cuma, successivamente alla perdita di Icaro, le cui ali, avvicinandosi troppo al sole, si erano sciolte facendolo precipitare in mare, Dedalo eresse qui un tempio ad Apollo, simbolo del Sole e della potenza del Divino imparagonabile rispetto a quella dell'uomo. Qui Dedalo consegnò e consacrò ad Apollo le sue ali di cera. E' la storia dell'uomo che si abbandona di fronte all'incommensurabile Potenza divina.
“Dall'alba dei tempi, in ogni latitudine e longitudine e in qualsiasi epoca, gli uomini hanno sempre sentito forte il richiamo verso il mondo spirituale invisibile, oltre quella visione materialistica che tende a soccombere agli impulsi dell'ego. Quando le persone sono ottenebrate vedono solo ciò che hanno davanti agli occhi, ma nei momenti d'ispirazione si rendono conto che c'è tutto un altro mondo da scoprire, altre dimensioni del vivere molto più elevate di quella che con i sensi percepiamo”.
Proseguiamo il percorso e arriviamo al tempio di Giove sulla collina più alta. Qui l'unica voce è quella del mare. Siamo tra terra e cielo. I cristiani vollero demolire questo tempio per costruirvi una chiesa. Ritornano alla memoria le parole di Shrila Gurudeva quando in più occasioni ci ha spiegato i danni che si producono volendo costruire sulle macerie di altri. Sentiamo forte il profumo delle erbe mediterranee. Ci fermiamo a contemplare il mare mentre respiriamo l'aria di quel luogo sacrale. Scopriamo di essere a 108 metri di altezza (!) e sorridiamo pensando alla meraviglia delle verità divine universali. Nel tempio di Giove cantiamo il sacro Gayatri mantra. Dopo questa suggestiva esperienza, ritorniamo a casa dei cari devoti che ci ospitano. Nel pomeriggio Shrila Gurudeva incontra varie persone in colloqui individuali.
Napoli - Lecce, 9 Giugno 2010.
Al mattino ci svegliamo con una bellissima strofa tratta da una poesia di Kabir che risuona nella mente e nel cuore: “Il Guru è grande al di là delle parole e grande è la fortuna del discepolo”. Anche la giornata di oggi è dedicata a colloqui individuali per soddisfare le richieste di persone che in questi giorni hanno conosciuto Shrila Gurudeva e che desiderano approfondire la relazione ed avere consigli personali su come proseguire il Viaggio. Shrila Gurudeva ci fa notare ancora una volta che nessuna trasformazione è possibile se non c'è una forte consapevolezza e volontà di superare i propri limiti. Nel primo pomeriggio partiamo per Lecce. Le quattro ore in auto passano come quattro minuti. Arriviamo. Ci accolgono con gioia i devoti che vivono a Lecce ed altri cari confratelli venuti per l'occasione. Sono le 21. Nonostante la stanchezza e l'ora tarda Shrila Gurudeva fa un breve bhajan e offre subito ai devoti presenti insegnamenti vitali per la nostra evoluzione.
“Prima che il canto dei Nomi divini diventi privo di qualsiasi contaminazione può passare anche un'intera vita. In tempi brevi possiamo sperimentare qualche goccia di quel gusto spirituale che ci fa sentire un'irrefrenabile gioia che sgorga dal cuore, ma per dimorare sempre a quel livello è necessaria una grande dedizione, un lavoro profondo su noi stessi. Occorre lasciare andare tutto quel che è collegato all'illusorio. Fintanto che questo lavoro non è completato, mentre cantiamo il santo Nome nel desiderio di entrare in rapporto con Krishna, le cose cui siamo attaccati richiamano la nostra attenzione e così la nostra mente, invece di librarsi verso il Signore, vola sul nido degli attaccamenti. Occorre purificare la coscienza, altrimenti gli attaccamenti si accumulano e noi rimaniamo schiacciati sotto ad essi. Il Signore, Dio, l'Onnipotente, l'Onnipresente, il più grande Amico del cuore si manifesta nella forma di Nama. Il Nome divino è la più grande benedizione per ogni essere. Se sappiamo cogliere questa grande opportunità che ci dà la vita nella forma umana, beneficiando della compagnia dei devoti, dello studio delle Scritture e dell'adorazione delle Divinità, possiamo tornare a percepirci nella nostra reale dimensione e riscoprire il gusto dell'Amore puro”.
Durante il viaggio, in riferimento ai vari luoghi e città che vediamo, Shrila Gurudeva ci racconta episodi della storia, aiutandoci a trarne insegnamento per orientare la nostra vita verso la virtù e verso il Divino.
“La storia scorre nel nostro sangue, nei nostri neuroni, fa parte del nostro inconscio collettivo. Già da ragazzo mi interessavo della storia perché comprendevo che il conoscere certe dinamiche e certi errori permetteva di evitarli, di non compierli a nostra volta. Ma ora capisco che quel che veramente ci affranca dal compierli non è solo conoscerli ma aprirsi ad una visione superiore. Ci sono persone che fanno cose ignominiose pur conoscendo le conseguenze che quelle stesse cose hanno determinato nella vita di altri”.
Siamo arrivati vicino a Porto Santo Stefano, dove vediamo un fiume che entra nel mare. Pensiamo che è il fiume della vita, dell'io che scopre il sé, dell'uomo che entra in Dio. Acqua che si estende nel mare infinito. E' il miracolo dell'espansione della coscienza.
“La vita si snoda e si espande nel futuro. Se ci comportiamo bene, senza mai danneggiare nessuno, con sentimenti di Bhakti verso Dio ed ogni essere, viviamo nella Luce che mai tramonta”.
Siamo quasi arrivati a Napoli. Cantiamo la Gayatri contemplando il sole al tramonto. L'indaco del cielo è tinteggiato del rosso del sole. La bellezza immensa di Dio trionfa fuori e dentro di noi, in una visione che ci lascia senza parole.
Shrila Gurudeva ci dice con soavità, con una voce che sembra giunga da un'altra dimensione:
“Quando siamo centrati nel nostro sé profondo e collegati in Amore a Dio e ad ogni creatura, non si soffre né per il condizionamento del tempo né per quello dello spazio, non si ha più paura nemmeno della morte. Tutto dipende dalla nostra attitudine, dalla nostra predisposizione interiore”.
Napoli, 5 Giugno 2010.
Oggi c'è il Seminario sul tema “Psicologia del Ciclo della Vita”.
Siamo raccolti in una sala nel centro di Napoli con una trentina di persone che ascoltano con profondo interesse.
“Per riuscire a comprendere la psicologia del ciclo della vita, occorre in primo luogo liberarsi da quei pregiudizi che inducono a considerare di valore o esistente solo ciò che è visibile con i limitati strumenti psicofisici. Non attacchiamoci a ciò che vediamo come se fosse tutto. Il mondo visibile è una proiezione del mondo invisibile, che costituisce l’origine e il fondamento di ciò che percepiamo con i sensi. Attraverso il percorso spirituale della Bhakti, possiamo sperimentare in questo mondo, qui ed ora, di appartenere ad una dimensione trascendente rispetto a quella psicofisica. Questa esperienza libera dalla paura della morte, ci fa sperimentare una gioia ineffabile e un gusto superiore, l’originario gusto della Vita. Impariamo a chiederci: quali sono i benefici che apporta il morire? Questa domanda sottende una visione della morte ribaltata rispetto a quella imperante, ma solo se ci poniamo in questa prospettiva possiamo scoprire l'utilità della morte quale passaggio da una dimensione di esistenza ad un'altra che ci permette di continuare il nostro viaggio evolutivo. In questo senso, se sviluppiamo la giusta consapevolezza, la morte può trasformarsi in un’occasione straordinaria per fare un salto di qualità, per varcare quella soglia che ci proietta in nuove e più elevate visioni e verità. Per acquisire tale consapevolezza, occorre imparare ogni giorno a morire, realizzando che solo ciò ci permette di rinascere. Ogni giorno, infatti, possiamo morire a cattive abitudini, a difetti della personalità per rinascere ad un bene più grande, sempre più elevato, fino a riscoprire quell'Amore universale rivolto verso tutti e verso ogni cosa e che tutto collega alla sua origine divina”.
Il Seminario si conclude con una Visualizzazione meditativa intensa e suggestiva. Queste le parole con le quali Shrila Gurudeva conclude questa esperienza:
“Meditando sull'impermanenza di questo mondo, possiamo aprirci alla realizzazione di ciò che non muta, che è eterno e che è l'essenza stessa del nostro essere e della nostra vita. Tale realizzazione dissipa ogni paura, così come le tenebre si dileguano in presenza della luce.”
Le persone sono ispirate, commosse. Le invitiamo a partecipare il giorno successivo ad un incontro di Sat-Sanga all'aperto, nella Villa Floridiana.
Napoli, 6 Giugno 2010.
La mattina andiamo in visita a Castel Sant'Elmo, costruito nel 1500 da Pietro di Toledo, Viceré di Napoli. E' una fortezza maestosa. In essa vediamo la genialità umana all'opera. Il castello è costruito sulla roccia, perfettamente studiato per attacco e difesa.
Shrila Gurudeva osserva: “Qui la grandezza dell'ingegno dell'uomo è posta al servizio dell'ego, quando invece dovrebbe essere messa al servizio di Dio, del Bene e dell'Amore”.
Nel pomeriggio organizziamo un programma di sat-sanga nella Villa Floridiana, in un bellissimo parco. Sediamo all'ombra di alberi secolari. Siamo una cinquantina di persone. Tra queste molte che avevano partecipato al Seminario di ieri ed altri amici di Napoli che già ci conoscono. Dopo un bhajan Shrila Gurudeva comincia a parlare di valori spirituali universali e della via dell'Amore. Alcune persone di passaggio si fermano incuriosite ad ascoltare e rimangono fino alla fine dell'incontro, per oltre due ore.
“La realtà di questo mondo è temporanea e in continua mutazione ma è anche fonte di fascino e piena di bellezza. E' sufficiente osservare una cascata, un monte o un bambino che gioca per sentire questo fascino. I Veda, e in particolar modo la via dell'Amore divino o Bhakti-Yoga, non ci ingiungono di fuggire dal mondo o di voltare le spalle alle sue bellezze. Ci stimolano piuttosto ad un'attitudine e stato di coscienza in cui possiamo apprezzare la bellezza del creato ringraziando il Creatore e desiderando al contempo realizzare quella bellezza spirituale che è ben superiore a ciò che riusciamo a contemplare con gli occhi fisici. Questo mondo esprime infatti solo una manifestazione fugace della realtà. Esso è in continua mutazione, mentre la nostra essenza è l'eternità. Qui anche la più grande bellezza decade e sfuma. I piaceri dei sensi si trasformano in sofferenza, quel che prima era splendore diventa cupo e grigio. Per questo motivo i Veda esortano a guardare attraverso le apparenze per vedere l'essenza della realtà. In sanscrito la sostanza che costituisce il mondo viene chiamata dravya. Ma esiste qualcosa che è l'essenza di quella sostanza. Quell'essenza è il Brahman. Il Brahman è l'essenza di tutte le cose, la forza che tutto sostiene. Nella Bhagavad-gita si dice che la sorgente del Brahman è Krishna. Il Brahman è il sostegno di tutto ciò che vedete vivere. È il Brahman dentro ad un seme che genera l'albero. Se imparate questa semplice verità: aham brahmasmi, “io sono Brahman”, diventate coscienti di essere immortali. Uno può essere sano ma se crede di essere malato, soffre come se lo fosse veramente. E cosa gli succede se continua a coltivare questa falsa convinzione? Che si ammala veramente. Similmente, chi crede di essere mortale soffre come se davvero dovesse morire.
Il mantra ha una grande forza intrinseca. Lavora nella nostra struttura psichica e purifica le nostre convinzioni profonde. Chi siamo? Come possiamo tornare in possesso delle nostre potenzialità e realizzare l'immortalità? L'uomo moderno crede di saperne molto di più dell'uomo antico, ma purtroppo spesso è schiavo di una conoscenza priva di una prospettiva trascendente. La tradizione della Bhakti ci offre insegnamenti e pratiche spirituali per realizzare l'immortalità dell'essere, della vita e delle nostre relazioni. Anch'esse infatti sono eterne se non le macchiamo con l'egoismo, quando siamo coscienti che esse uniscono esseri spirituali eterni. Il Brahman è l'energia di cui è costituito l'atman, l'essere spirituale individuale. C'è una relazione tra atman e Brahman, tra l'essere individuale e l'Essere supremo, tra il piccolo sé e il grande Sé, tra l'anima e Dio?
I testi indovedici spiegano che esiste tra loro una relazione eterna, ma lo schermo dell'ego ci impedisce la visione di tale realtà. L'ego è la somma dei contenuti psichici con i quali l'essere si identifica. E' la maschera che nasconde il nostro vero volto. È il paralume che a malapena lascia filtrare la luce della coscienza e la deforma. Ecco perché tutte le tradizioni autentiche hanno sviluppato sistemi e discipline per destrutturare i condizionamenti dell'ego ed entrare in contatto con la realtà. L'ego esprime una parte delle energie della Natura e corrisponde ad una funzione della nostra personalità nella dimensione incarnata, perciò non deve essere distrutto, ma può e deve essere trasformato in uno strumento utile alla nostra evoluzione. Ciò diventa possibile se lo poniamo sotto la guida del sé”.
Shrila Gurudeva continua descrivendo le potenza del mantra come strumento per operare la nostra liberazione. Tutti sono assorti nell'ascolto, anche quei passanti che si sono fermati e che ora sembrano parte integrante del nostro gruppo.
“Nei Veda i sacri mantra sono definiti mantra-manjari. Sono paragonati a boccioli di fiori, perché fanno rifiorire in noi la consapevolezza della Realtà e dell'Amore puro; essi danno alla nostra vita il profumo dell'eternità, ci permettono di accedere ad una dimensione più elevata, quella spirituale. Purificano la nostra mente, liberano dai condizionamenti, ci danno la forza per abbandonare le illusioni e gli attaccamenti egoici che sono la causa delle nostre sofferenze. Se ci liberiamo dal senso di possesso possiamo amare chiunque ed ogni cosa e gioire infinitamente di quell'Amore. L'importante è vivere ogni esperienza in armonia con l'ordine etico-universale e nella modalità pura dell'offerta. La Bhakti è agire in spirito di offerta continua a Dio, alla Sorgente dalla quale siamo partiti e nella quale vogliamo rientrare. Lo Yoga della Bhakti non ha altra funzione se non quella di ricollegarci a Dio. Il mantra Hare Krishna è il mantra dell'immortalità. Gli antichi testi ci invitano ad invocare il Nome divino per collegarci al Signore, all'Origine di tutto ciò che esiste, di ogni essere, della nostra stessa vita. Shri Caitanya Deva è stato il più grande apostolo dell'Amore attraverso la diffusione della glorificazione dei Nomi divini. Il Nome di Dio è capace di operare la nostra trasformazione. Golokhera premadhana Harinama sankirtana! Adesso cantiamo tutti assieme. Fate scendere questi Nomi divini nel profondo della vostra coscienza”.
Krishna rakshamam
Krishna pahiman
Hare Krishna Hare Krishna Krishna Krishna Hare Hare
Hare Rama Hare Rama Rama Rama Hare Hare
Krishna pahiman
Hare Krishna Hare Krishna Krishna Krishna Hare Hare
Hare Rama Hare Rama Rama Rama Hare Hare
Tutti cantano. Armonia e beatitudine si espandono dentro e fuori di noi.
Dopo il bhajan, Shrila Gurudeva prosegue rispondendo alle domande che gli vengono poste.
“La conoscenza non è il fine della vita. La gnosi è uno strumento per giungere all'Amore ed è per questo motivo che noi abbiamo creato una Scuola. L'amore è il nostro obiettivo. Attraverso la pratica dell'Amore si può sviluppare la più alta sapienza e accedere all'universo interiore spirituale”.
Ogni luogo diventa sacro se c'è chi rivela la via verso la realizzazione spirituale, se si glorifica il Nome divino, se si evocano le glorie di spiritualisti autentici e del supremo Signore.
Si è fatta ora di pranzo. I cari devoti che ci ospitano invitano le persone presenti a prendere prasada con noi. Mentre rispettiamo, ascoltiamo le note della sitar e mantra antichi. Dopo pranzo l'incontro continua. Shrila Gurudeva racconta di Shri Caitanya Mahaprabhu e della Sua vita. Poi leggiamo dalle sacre Scritture e concludiamo con un dolce prolungato bhajan. Il Nome divino è liberatorio. Dio sta nel cuore di colui che in Lui si è rifugiato, di colui che Lo invoca con Amore.
Napoli, 7 Giugno 2010.
Al mattino Shrila Gurudeva incontra alcune persone che ci hanno conosciuto durante il Seminario e che desiderano avvicinarsi alla nostra Scuola e alla via della Bhakti. Per alcune di loro le esperienze fatte assieme in questi giorni hanno rappresentato un punto di svolta nella loro vita. Nel pomeriggio una trentina di persone partecipano ad un altro incontro di Sat-sanga a casa dei cari devoti che ci ospitano.
“Per armonizzare le coscienze occorre in primo luogo trasformarle e purificarle. Se vogliamo che ci sia unione, pace, condivisione, occorre in prima istanza fare un lavoro profondo su noi stessi. Come spiega Patanjali, quando un pensiero si configura come negativo o angosciante si deve cercare di visualizzare il suo opposto. La meditazione rappresenta uno dei più importanti strumenti per la nostra evoluzione ed essa può risultare efficace solo c'è sufficiente conoscenza di sé stessi, delle pratiche spirituali e dello scopo dell'esistenza. E' per questo motivo che noi abbiamo deciso di istituire una Scuola per divulgare la conoscenza sacra ed elevare il proprio livello di consapevolezza. E' la coscienza che aggrega o disgrega i corpi. E' la coscienza che determina la nostra capacità di vedere. La coscienza è il nostro unico vero patrimonio. La coscienza è quel che noi sentiamo, quel che percepiamo, e le percezioni determinano la qualità della nostra vita. L'ipocondriaco che percepisce una malattia che non c'è la induce e alla fine si ammala davvero. Se ti percepisci buono, diventi buono! Se ti percepisci cattivo, diventi cattivo! Qualcuno a questo punto potrebbe chiedere: “Allora basta modificare il nostro pensiero?!” Sì, è così, ma non è un'impresa facile. Per riuscirci dobbiamo imparare a percepirci nella nostra reale identità. Quel che siamo non ce lo dice lo specchio, ma una meditazione profonda, una ricerca seria che ci permette di riscoprire il nostro centro. Se impariamo a raccoglierci, a fare un percorso interiore con il livello più lucido di consapevolezza, scopriamo che siamo già immortali e felici. Non abbiamo da indurre questa felicità o immortalità con un comportamento artificiale; dobbiamo invece destrutturare quei condizionamenti che non ci permettono di percepirci come siamo. Questo è lo scopo della vita. Realizzarlo permette di sperimentare il benessere, la felicità interiore, la gioia profonda dell'anima. Non quella gioia che dipende da cose esteriori, che non abbiamo mai potuto controllare e che mai potremo controllare, ma quella felicità che sgorga dal cuore, inteso non come muscolo cardiaco ma come il nostro metaspazio interiore che contiene tutto l'Universo. Un Universo spirituale così grande che include anche quello che fisico che percepiamo con gli occhi. L'euforia o l'eccitazione dei sensi non sono sinonimo di felicità. Esse producono piuttosto un'illusione cui segue sempre l'inevitabile delusione. In questo modo la persona finisce per diventare sfiduciata e cattiva verso se stessa e di conseguenza verso gli altri. Impegniamoci a pervenire ad una comprensione fondamentale di immenso valore: se ritroviamo il nostro centro, progressivamente realizziamo l'inconsistenza degli eventi per i quali abbiamo sofferto. Viceversa quel che è successo o quel che accade diventerà sempre più importante per noi fino al punto da condizionarci profondamente. Non è l'accadimento in sé che ha veramente influenza su di noi, quanto la nostra risposta affettiva, il nostro modo di reagire, la nostra capacità di elaborare, di gestire l'elaborato e di rispondere in maniera progettuale che sia al tempo stesso produttiva, costruttiva, evolutiva. La preghiera è un aiuto straordinario. E' una pratica che dovrebbe essere quotidiana, perché serve a centrarsi. La preghiera può essere una petizione, l'espressione di una promessa, la richiesta di ispirazione, di una speciale protezione. Può essere una richiesta di aiuto per comprendere più profondamente qualcosa: non un dammi per me, ma perché io possa aiutare meglio gli altri. Quando la preghiera raggiunge il suo livello più alto perviene alla meditazione, attraverso la quale si può liberare la mente dai condizionamenti. Qual è la differenza tra il pensiero meditativo e quello ordinario prodotto dal condizionamento? La differenza è che grazie alla meditazione noi possiamo agire per la prima volta in stato di libertà. Non è sufficiente non avere le manette ai polsi per essere liberi. Occorre essere liberi interiormente. La libertà interiore non necessariamente corrisponde alle apparenze di una libertà esteriore. Nella vita ho conosciuto diverse persone di grande potere che, nonostante la loro saldezza esteriore, soffrivano di mancanza di libertà autentica. La meditazione, se praticata con l'ausilio di una guida esperta e con il desiderio intenso di ritrovare il proprio senso di libertà, permette di fare grandi meravigliose scoperte.
Shrila Gurudeva prosegue spiegando quali sono i nostri unici veri nemici: quelli prodotti dall'ego! Sono kama, krodha, lobha, moha, matsara: bramosia, collera, avidità, illusione, invidia. Shrila Gurudeva li spiega uno ad uno.
“Chi ha conquistato l'ego ha fatto la conquista più grandiosa al mondo, perché è l'ego che moltiplica i nostri avversari. Quando le persone investono sull'ego, non investono su loro stesse ma su di una loro falsa proiezione. É come se mettessero soldi sul conto di un altro. Ogni volta si ritroveranno a scoprire che non hanno accumulato niente, fino a che non capiranno che debbono investire su loro stesse”.
Shrila Gurudeva comincia a rispondere alle varie domande poste dalle persone presenti. Il nostro ego è influenzato dal pensiero degli altri? In che modo dobbiamo utilizzare i nostri talenti?
“Se tradisci un tuo talento, tradisci te stesso. Il talento è la somma di una serie infinite di interazioni tra tue tendenze e tue esperienze. È una cifra che rappresenta la tua personalità. I talenti vanno investiti nell'azione offerta con amore al Signore per il bene di tutte le creature. Possiamo realizzarci se sappiamo ben integrare contemplazione e azione cosciente di Krishna. Non dobbiamo fuggire dal mondo o dalla società in cui viviamo, altrimenti manchiamo di realizzare la dimensione collettiva della nostra personalità, perché noi non siamo individui scissi da tutto il resto: i collegamenti tra noi e gli altri sono fitti e inscindibili. La Bhakti permette la nostra realizzazione nel mondo, agendo con gli altri per gli altri. Quando la contemplazione si armonizza in maniera perfetta all'azione, si ha una significativa evoluzione della coscienza. Gli orizzonti si aprono e cominciamo a percepire tutto nell'Uno e l'Uno nel tutto, Dio negli altri e gli altri in Dio”.
Shrila Gurudeva prosegue parlando di Napoli e dei suoi abitanti.
“Napoli ha una grande ricchezza culturale e spirituale che scorre sotterranea. È attanagliata però dalla paura, che è una forma di manipolazione”.
Tra i presenti vi è un imprenditore che, commosso, dice a Shrila Gurudeva: “Seguendo questi vostri insegnamenti voglio fare qualcosa per il bene dei napoletani e di questa città, mettendo i talenti che ho al servizio di Dio. La ringrazio di cuore perché lei mi ha confermato quel che nel profondo sentivo e mi ha indicato la via per realizzarlo”. Sembra di essere in un ambiente indiano. Il ventilatore sul soffitto che gira. Rumori e frastuoni nelle strade. Gente solare, aperta, accomodante. Vediamo le coscienze che si trasformano accogliendo nel cuore gli insegnamenti della Bhakti.
“In tutte le tradizioni troviamo la lotta degli angeli contro i demoni, dei deva contro gli asura. Le forze della luce però infine hanno sempre la vittoria sulle tenebre. Possono perdere qualche battaglia ma vincono sempre la guerra. Sono le forze dell'ordine cosmico, dell'Amore, potenti più di ogni altra cosa. La tendenza a ricercare il benessere è in tutti. E' presente anche nei malfattori, solo che loro lo ricercano in maniera sbagliata. Come chi vuole cercare la luna nel pozzo”.
Per dare speranza a tutti, occorre incrementare incontri come questo in cui si parla di Dio e della scienza sacra applicata alla nostra vita quotidiana.
“Chi scopre se stesso, nella contemplazione dell'ordine universale e soprattutto nell'amore per Dio, si libera di ogni paura. Abhaya non è il coraggio del temerario, ma è la fede e il coraggio del sapiente. Se ci rifugiamo nell'Amore, questo Amore ci protegge, più di qualsiasi altra cosa. Perché l'Amore di per sé è una potenza straordinaria. Non solo ferma ogni offensiva, non solo crea i presupposti per ridurla ai minimi termini ma genera anche un potente stimolo a seguirne il modello.
Sono oltre le undici di sera, ma nessuno accenna ad andare via. Siamo tutti attratti dal gusto della Bhakti.
“Il Nome divino sgombra il cuore da ogni paura, rende liberi. Nessuna costrizione esteriore può pregiudicare la nostra libertà interiore. La vera schiavitù è essere schiavi interiormente. Ingannare noi stessi è il più grande inganno che possiamo perpetrare. Tutte le disgrazie sono la conseguenza di questo iniziale errore micidiale. Invocare il Nome divino è salvifico, si diradano le nebbie, comprendiamo gli errori compiuti, ci correggiamo e scopriamo la nostra matrice divina. Provate a meditare su questo mantra che ha il potere di conferire il dono della libertà interiore.
Harer nama harer nama harer nama eva kevalam
Kalau nasti eva nasti eva gatir anyata
Concentriamo la nostra attenzione sulla vibrazione sonora del Mahamantra.Kalau nasti eva nasti eva gatir anyata
Shrila Gurudeva mostra il suo japamala e insegna ai presenti come si cantano i santi Nomi.
“Con questa meditazione i nostri ostacoli vengono spazzati via, la mente si libera dai condizionamenti. Le parole non riescono a descrivere la gioia viva che si produce, che sgorga dal cuore e che non dipende da nient'altro. Il grande mantra della liberazione ci permette di raggiungere moksha e ci fa conquistare quel che è ben oltre ad essa: ci proietta nei prati di smeraldo dell'Amore, nei suoi cieli virginali, in quelle dimensioni pure che esistono dentro di noi. Per raggiungerle dobbiamo cercare noi stessi nelle profondità del nostro essere e nelle vette luminose della coscienza. Invochiamo i nomi del Signore per far risplendere sempre più dentro di noi quella luce che poi può illuminare anche gli altri e il mondo fuori”.
Napoli, 8 Giugno 2010.
Al mattino andiamo in visita a Cuma, la più antica colonia greca dell'Italia meridionale (730 a.C.). Emozionati ci rechiamo nell'antro della Sibilla cumana.
“Vaneggia il gran fianco dell'euboica montagna in un antro, cui cento larghi aditi guidano cento gran porti; di là cento voci precipitano: della Sibilla i responsi.” (Da Virgilio, eneide, Libro VI, versi 42-44)
Shrila Gurudeva ci spiega che siamo in luoghi iniziatici, sacrificali, dove persone venivano per entrare in contatto con altre dimensioni, con il sovrammondo, per ascoltare la voce interiore. Qui ognuno riceveva la rivelazione conseguente alla propria predisposizione interiore. Shrila Gurudeva ci invita a raccoglierci e ad invocare i Nomi divini, per ricercare la via del cuore.
“Con il Maha-mantra apriamo varchi nel buio, sprazzi di luce nelle tenebre, costruiamo l'Amore dentro e fuori di noi”.
Proseguiamo la visita dello scavo archeologico e ci rechiamo in luoghi di meravigliosa bellezza naturale, tra lecci e alberi di alloro. Ammiriamo un mare che si apre davanti a noi di un blu intenso, di fronte all'isola di Ischia. Arriviamo al tempio di Apollo. Nell'Eneide Virgilio narra la fuga dal labirinto di Cnosso del mitico artefice Dedalo con lo sventurato figlio Icaro, servendosi di ali di cera. Giunto sull'acropoli di Cuma, successivamente alla perdita di Icaro, le cui ali, avvicinandosi troppo al sole, si erano sciolte facendolo precipitare in mare, Dedalo eresse qui un tempio ad Apollo, simbolo del Sole e della potenza del Divino imparagonabile rispetto a quella dell'uomo. Qui Dedalo consegnò e consacrò ad Apollo le sue ali di cera. E' la storia dell'uomo che si abbandona di fronte all'incommensurabile Potenza divina.
“Dall'alba dei tempi, in ogni latitudine e longitudine e in qualsiasi epoca, gli uomini hanno sempre sentito forte il richiamo verso il mondo spirituale invisibile, oltre quella visione materialistica che tende a soccombere agli impulsi dell'ego. Quando le persone sono ottenebrate vedono solo ciò che hanno davanti agli occhi, ma nei momenti d'ispirazione si rendono conto che c'è tutto un altro mondo da scoprire, altre dimensioni del vivere molto più elevate di quella che con i sensi percepiamo”.
Proseguiamo il percorso e arriviamo al tempio di Giove sulla collina più alta. Qui l'unica voce è quella del mare. Siamo tra terra e cielo. I cristiani vollero demolire questo tempio per costruirvi una chiesa. Ritornano alla memoria le parole di Shrila Gurudeva quando in più occasioni ci ha spiegato i danni che si producono volendo costruire sulle macerie di altri. Sentiamo forte il profumo delle erbe mediterranee. Ci fermiamo a contemplare il mare mentre respiriamo l'aria di quel luogo sacrale. Scopriamo di essere a 108 metri di altezza (!) e sorridiamo pensando alla meraviglia delle verità divine universali. Nel tempio di Giove cantiamo il sacro Gayatri mantra. Dopo questa suggestiva esperienza, ritorniamo a casa dei cari devoti che ci ospitano. Nel pomeriggio Shrila Gurudeva incontra varie persone in colloqui individuali.
Napoli - Lecce, 9 Giugno 2010.
Al mattino ci svegliamo con una bellissima strofa tratta da una poesia di Kabir che risuona nella mente e nel cuore: “Il Guru è grande al di là delle parole e grande è la fortuna del discepolo”. Anche la giornata di oggi è dedicata a colloqui individuali per soddisfare le richieste di persone che in questi giorni hanno conosciuto Shrila Gurudeva e che desiderano approfondire la relazione ed avere consigli personali su come proseguire il Viaggio. Shrila Gurudeva ci fa notare ancora una volta che nessuna trasformazione è possibile se non c'è una forte consapevolezza e volontà di superare i propri limiti. Nel primo pomeriggio partiamo per Lecce. Le quattro ore in auto passano come quattro minuti. Arriviamo. Ci accolgono con gioia i devoti che vivono a Lecce ed altri cari confratelli venuti per l'occasione. Sono le 21. Nonostante la stanchezza e l'ora tarda Shrila Gurudeva fa un breve bhajan e offre subito ai devoti presenti insegnamenti vitali per la nostra evoluzione.
“Prima che il canto dei Nomi divini diventi privo di qualsiasi contaminazione può passare anche un'intera vita. In tempi brevi possiamo sperimentare qualche goccia di quel gusto spirituale che ci fa sentire un'irrefrenabile gioia che sgorga dal cuore, ma per dimorare sempre a quel livello è necessaria una grande dedizione, un lavoro profondo su noi stessi. Occorre lasciare andare tutto quel che è collegato all'illusorio. Fintanto che questo lavoro non è completato, mentre cantiamo il santo Nome nel desiderio di entrare in rapporto con Krishna, le cose cui siamo attaccati richiamano la nostra attenzione e così la nostra mente, invece di librarsi verso il Signore, vola sul nido degli attaccamenti. Occorre purificare la coscienza, altrimenti gli attaccamenti si accumulano e noi rimaniamo schiacciati sotto ad essi. Il Signore, Dio, l'Onnipotente, l'Onnipresente, il più grande Amico del cuore si manifesta nella forma di Nama. Il Nome divino è la più grande benedizione per ogni essere. Se sappiamo cogliere questa grande opportunità che ci dà la vita nella forma umana, beneficiando della compagnia dei devoti, dello studio delle Scritture e dell'adorazione delle Divinità, possiamo tornare a percepirci nella nostra reale dimensione e riscoprire il gusto dell'Amore puro”.
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