Appunti di Viaggio.
“Alla ricerca della Sacro. Sulla via dello Yoga e delle sacre confluenze”.
Seminario alle pendici dell'Himalaya.
25 Agosto 2010, “La Partenza”.
Sono quasi le 18. Siamo sul volo da Bologna verso Monaco, da dove poi prenderemo l'aereo verso Nuova Delhi. Dai piccoli finestrini dell'aereo vediamo al di sotto di noi soffici cumuli di nuvole bianche. Scopriamo nuove prospettive. Inizia il nostro Viaggio. Stiamo volando ad una quota di 7600 metri, ci dice il pilota che ci dà il benvenuto. Diversi tra noi si conoscono, ma ci sono anche tanti volti nuovi, persone con le quali entrare in relazione, con cui condividere questa esperienza speciale che ci accomuna. Già sentiamo che qualcosa di profondo ci unisce, anche se ancora non conosciamo tutti i nostri nomi. Esperienze come queste sono uniche in una vita, perché la meta che perseguiamo in questo viaggio non è esteriore: è dentro di noi. Siamo qui perché desideriamo scoprire quella dimensione spirituale dell'essere in cui realizzare la Gioia e l'Amore.
26 Agosto 2010, “L'arrivo a Delhi”.
Siamo arrivati a Delhi. Ad accoglierci ci sono subito i segni della cultura tradizionale dell'India: nella hall dell'aeroporto ammiriamo la riproduzione in rame di 12 mudra della conoscenza e della devozione. Fuori dall'aeroporto vediamo un cantiere in corso, costruzioni che lo scorso anno non c'erano. La continua trasformazione dell'India è sotto i nostri occhi. Mentre stiamo uscendo dalla città di Delhi a bordo del pullman che ci porterà a Rishikesh incontriamo un primo grande tirtha o luogo sacro, il fiume Yamuna che lambisce la città, descritto nelle scritture sacre indovediche come uno dei luoghi più sacri dell'universo. I segni del sacro trionfano, ma sono molto visibili anche i segni della progressiva e sempre più rapida occidentalizzazione dell'India. Stiamo attraversando la città di Delhi e sulle strade non abbiamo ancora visto neanche una mucca, simbolo sacro di questa cultura, in cui essa viene tradizionalmente rispettata e onorata come come una delle sette madri. In viaggio da Delhi verso Rishikesh, il nostro Maestro ci introduce al senso del nostro viaggio alla ricerca del sacro. “Lo spettacolo dell'India attrae la nostra attenzione per quanto è pittoresco e paradossale, per quanto è difficile da comprendersi nella sua complessità e nelle sue molteplici contraddizioni, ma ricordiamoci che noi siamo qui non tanto per soffermarci su questo spettacolo multiforme che scuote i sensi, ma per ritrovare le tracce di una cultura spirituale antica che rappresenta una delle più nobili ed evolute espressioni della civiltà umana e che purtroppo sta sempre di più scomparendo nella misura in cui avanzano edonismo e consumismo. Noi siamo qui per andare oltre lo spettacolo delle percezioni sensoriali. Siamo qui per fare il viaggio dell'anima, per ricercare il senso più profondo della vita. La strada che stiamo percorrendo è quella che porta alle pendici dell'Himalaya, nelle città sacre di Haridwar e Rishikesh, ma il nostro vero percorso non è quello che si misura in chilometri, che figura nelle mappe o che si fa sull'asfalto: la strada che desideriamo percorrere è tutta interiore, è la via della coscienza che cerca di risvegliarsi alla Realtà. Il viaggio è spostamento ed anche tras-formazione, dunque la forma, se il viaggio va a buon fine, si deve modificare. E di quale forma stiamo parlando? Della nostra forma interiore, quella che ci rappresenta intimamente e con cui guardiamo a noi stessi, agli altri, al mondo, alla vita. La scoperta di noi stessi dovrebbe essere lo scopo di questo viaggio. In noi dovrebbe insorgere la seguente riflessione: che cosa dovrebbe essere prioritario nella mia vita? Che cosa è urgente distinto da che cosa è importante? Il viaggio è appena iniziato, ma ponetevi subito questa domanda, cercando la risposta in quella matrice spirituale che costituisce la nostra essenza e che rappresenta il punto di osservazione più intimo di cui disponiamo, purtroppo troppo spesso oscurato dalla presenza ingombrante della mente condizionata e dell'ego. Il nostro viaggio dovrebbe servire a trasferirci dalla percezione dell'ego a quella dell'anima”. Mentre sulla strada vediamo bambini che vendono pannocchie di mais ai passeggeri degli autobus, Shrila Gurudeva continua ad introdurci al nostro viaggio. “Una chiave di lettura indispensabile per comprendere l'animus indiano è il concetto di dharma. Il dharma è l'ordine cosmo-etico che governa tutto ciò che esiste. Quando si perde il contatto con il dharma, si attiva un processo entropico distruttivo. Ciò che prima era brillante diventa opaco, ciò che prima era luminoso diventa buio, crepuscolare, tenebroso. Quel che prima era pietà diventa empietà. Quel che prima era ispirazione diventa disperazione, quel che era pace diventa conflitto; i sogni cessano di realizzarsi, degenerano e diventano incubi. Questo nome, dharma, scrivetelo nei vostri quaderni, sulla sabbia alle rive dei fiumi sacri, ma soprattutto scrivetelo nei vostri cuori, cercando di comprendere qual è il vostro dharma, quali sono le vostre caratteristiche irrinunciabili. Tutte le volte che ne smarriamo una, diventiamo ansiosi e irrequieti fintanto che non ne riprendiamo consapevolezza”. Il viaggio prosegue. Ci vengono i brividi al pensiero che la strada che stiamo facendo è stata percorsa in miliardi di anni da innumerevoli persone che andavano a cercare il loro dharma sull'Himalaya, in luoghi speciali e di grande valore per la trasformazione evolutiva del genere umano. In quei luoghi Dio è apparso, è vissuto, ha impartito insegnamenti e ha giocato con i Suoi devoti, e in quei luoghi numerose anime realizzate hanno continuato a trasmettere quei grandi insegnamenti che avevano ricevuto per rivelazione divina. La strada che desideriamo percorrere è quella per ritrovare la pace, il contatto con Dio, per risvegliare la coscienza sopita, per contemplare la realtà ben oltre il mondo delle apparenze, per realizzare la devozione per Creatore, creato e creature. Quella devozione (bhakti) costituisce la facoltà fondamentale di ogni essere, il sentimento sorgente della nostra gioia. Nell'intimo del nostro cuore esprimiamo questo desiderio: “Che questo viaggio ci conduca a quella devozione, alla luce dell'anima”. Shrila Gurudeva prosegue con una riflessione tra mito e storia, tra storia e metastoria, tra terra e cielo. “Se non prendiamo coscienza del nostro centro coscienziale, anche se conquistassimo grande potere nel mondo, vivremmo comunque nella sofferenza, in un deserto relazionale. Allo stesso modo, se volessimo fare una fuga nello spirito trascurando gli impegni e i doveri presi nel mondo, non potremmo realizzarci. Siamo esseri di terra e di cielo. Abbiamo bisogni immanenti da soddisfare, che se rimangono irrisolti producono pericolose nevrosi, ma allo stesso tempo aneliamo in maniera irrinunciabile all'immortalità, alla sapienza, alla beatitudine, all'amore puro”. Ci stiamo avvicinando sempre di più alla nostra meta. Il paesaggio si fa sempre più verde, sempre più bello. Ci sembra di entrare in un altro mondo. A 25 km da Rishikesh vediamo per la prima volta il grande fiume sacro: Ganga Mayi, e di fronte un'imponente gigantesca statua di Shiva che concede le sue benedizioni. Subito dopo scorgiamo le prime montagne della catena himalaiana e cominciamo a salire. Per predisporci a comprendere la realtà spirituale oltre il mondo visibile, quella che permette anche a ciò che si vede di esistere e di avere un senso, offriamo un canto di lode al Signore per la nostra protezione. “Che questa preghiera sia di buon auspicio, mangalam, per il viaggio che stiamo intraprendendo. Che la pace, la serenità, la visione spirituale, la misericordia, la compassione scendano su tutti noi, che ci rafforzino, che ci diano nuova vita e permettano ai nostri occhi di vedere veramente”. Con questa intenzione nel cuore, cantiamo tutti assieme la preghiera a Shri Nrsimha Deva e poi dolcemente il Mahamantra Hare Krishna. Verso sera arriviamo in albergo.
Siamo arrivati a Delhi. Ad accoglierci ci sono subito i segni della cultura tradizionale dell'India: nella hall dell'aeroporto ammiriamo la riproduzione in rame di 12 mudra della conoscenza e della devozione. Fuori dall'aeroporto vediamo un cantiere in corso, costruzioni che lo scorso anno non c'erano. La continua trasformazione dell'India è sotto i nostri occhi. Mentre stiamo uscendo dalla città di Delhi a bordo del pullman che ci porterà a Rishikesh incontriamo un primo grande tirtha o luogo sacro, il fiume Yamuna che lambisce la città, descritto nelle scritture sacre indovediche come uno dei luoghi più sacri dell'universo. I segni del sacro trionfano, ma sono molto visibili anche i segni della progressiva e sempre più rapida occidentalizzazione dell'India. Stiamo attraversando la città di Delhi e sulle strade non abbiamo ancora visto neanche una mucca, simbolo sacro di questa cultura, in cui essa viene tradizionalmente rispettata e onorata come come una delle sette madri. In viaggio da Delhi verso Rishikesh, il nostro Maestro ci introduce al senso del nostro viaggio alla ricerca del sacro. “Lo spettacolo dell'India attrae la nostra attenzione per quanto è pittoresco e paradossale, per quanto è difficile da comprendersi nella sua complessità e nelle sue molteplici contraddizioni, ma ricordiamoci che noi siamo qui non tanto per soffermarci su questo spettacolo multiforme che scuote i sensi, ma per ritrovare le tracce di una cultura spirituale antica che rappresenta una delle più nobili ed evolute espressioni della civiltà umana e che purtroppo sta sempre di più scomparendo nella misura in cui avanzano edonismo e consumismo. Noi siamo qui per andare oltre lo spettacolo delle percezioni sensoriali. Siamo qui per fare il viaggio dell'anima, per ricercare il senso più profondo della vita. La strada che stiamo percorrendo è quella che porta alle pendici dell'Himalaya, nelle città sacre di Haridwar e Rishikesh, ma il nostro vero percorso non è quello che si misura in chilometri, che figura nelle mappe o che si fa sull'asfalto: la strada che desideriamo percorrere è tutta interiore, è la via della coscienza che cerca di risvegliarsi alla Realtà. Il viaggio è spostamento ed anche tras-formazione, dunque la forma, se il viaggio va a buon fine, si deve modificare. E di quale forma stiamo parlando? Della nostra forma interiore, quella che ci rappresenta intimamente e con cui guardiamo a noi stessi, agli altri, al mondo, alla vita. La scoperta di noi stessi dovrebbe essere lo scopo di questo viaggio. In noi dovrebbe insorgere la seguente riflessione: che cosa dovrebbe essere prioritario nella mia vita? Che cosa è urgente distinto da che cosa è importante? Il viaggio è appena iniziato, ma ponetevi subito questa domanda, cercando la risposta in quella matrice spirituale che costituisce la nostra essenza e che rappresenta il punto di osservazione più intimo di cui disponiamo, purtroppo troppo spesso oscurato dalla presenza ingombrante della mente condizionata e dell'ego. Il nostro viaggio dovrebbe servire a trasferirci dalla percezione dell'ego a quella dell'anima”. Mentre sulla strada vediamo bambini che vendono pannocchie di mais ai passeggeri degli autobus, Shrila Gurudeva continua ad introdurci al nostro viaggio. “Una chiave di lettura indispensabile per comprendere l'animus indiano è il concetto di dharma. Il dharma è l'ordine cosmo-etico che governa tutto ciò che esiste. Quando si perde il contatto con il dharma, si attiva un processo entropico distruttivo. Ciò che prima era brillante diventa opaco, ciò che prima era luminoso diventa buio, crepuscolare, tenebroso. Quel che prima era pietà diventa empietà. Quel che prima era ispirazione diventa disperazione, quel che era pace diventa conflitto; i sogni cessano di realizzarsi, degenerano e diventano incubi. Questo nome, dharma, scrivetelo nei vostri quaderni, sulla sabbia alle rive dei fiumi sacri, ma soprattutto scrivetelo nei vostri cuori, cercando di comprendere qual è il vostro dharma, quali sono le vostre caratteristiche irrinunciabili. Tutte le volte che ne smarriamo una, diventiamo ansiosi e irrequieti fintanto che non ne riprendiamo consapevolezza”. Il viaggio prosegue. Ci vengono i brividi al pensiero che la strada che stiamo facendo è stata percorsa in miliardi di anni da innumerevoli persone che andavano a cercare il loro dharma sull'Himalaya, in luoghi speciali e di grande valore per la trasformazione evolutiva del genere umano. In quei luoghi Dio è apparso, è vissuto, ha impartito insegnamenti e ha giocato con i Suoi devoti, e in quei luoghi numerose anime realizzate hanno continuato a trasmettere quei grandi insegnamenti che avevano ricevuto per rivelazione divina. La strada che desideriamo percorrere è quella per ritrovare la pace, il contatto con Dio, per risvegliare la coscienza sopita, per contemplare la realtà ben oltre il mondo delle apparenze, per realizzare la devozione per Creatore, creato e creature. Quella devozione (bhakti) costituisce la facoltà fondamentale di ogni essere, il sentimento sorgente della nostra gioia. Nell'intimo del nostro cuore esprimiamo questo desiderio: “Che questo viaggio ci conduca a quella devozione, alla luce dell'anima”. Shrila Gurudeva prosegue con una riflessione tra mito e storia, tra storia e metastoria, tra terra e cielo. “Se non prendiamo coscienza del nostro centro coscienziale, anche se conquistassimo grande potere nel mondo, vivremmo comunque nella sofferenza, in un deserto relazionale. Allo stesso modo, se volessimo fare una fuga nello spirito trascurando gli impegni e i doveri presi nel mondo, non potremmo realizzarci. Siamo esseri di terra e di cielo. Abbiamo bisogni immanenti da soddisfare, che se rimangono irrisolti producono pericolose nevrosi, ma allo stesso tempo aneliamo in maniera irrinunciabile all'immortalità, alla sapienza, alla beatitudine, all'amore puro”. Ci stiamo avvicinando sempre di più alla nostra meta. Il paesaggio si fa sempre più verde, sempre più bello. Ci sembra di entrare in un altro mondo. A 25 km da Rishikesh vediamo per la prima volta il grande fiume sacro: Ganga Mayi, e di fronte un'imponente gigantesca statua di Shiva che concede le sue benedizioni. Subito dopo scorgiamo le prime montagne della catena himalaiana e cominciamo a salire. Per predisporci a comprendere la realtà spirituale oltre il mondo visibile, quella che permette anche a ciò che si vede di esistere e di avere un senso, offriamo un canto di lode al Signore per la nostra protezione. “Che questa preghiera sia di buon auspicio, mangalam, per il viaggio che stiamo intraprendendo. Che la pace, la serenità, la visione spirituale, la misericordia, la compassione scendano su tutti noi, che ci rafforzino, che ci diano nuova vita e permettano ai nostri occhi di vedere veramente”. Con questa intenzione nel cuore, cantiamo tutti assieme la preghiera a Shri Nrsimha Deva e poi dolcemente il Mahamantra Hare Krishna. Verso sera arriviamo in albergo.
Partiamo al mattino presto per andare a Ramjhula, il ponte dedicato a Shri Rama. Lungo il percorso vediamo l'ashram dove il nostro Maestro soggiornò quando venne per la prima volta a Rishikesh 34 anni fa. Passiamo per la strada che faceva ogni mattina per andare a meditare sulle rive della Ganga. In questa strada oggi ci sono una lunga serie di baracche di commercianti che un tempo non c'erano. L'India cambia, si trasforma, ma noi siamo in cerca della sua anima. Per il nostro programma di sat-sanga ci fermiamo in un ghata proprio davanti alla Ganga. Il grande fiume scorre. A noi pare il fiume impetuoso della nostra vita. Siamo qui per trovare la giusta direzione da dare al nostro flusso di desideri, pensieri, emozioni, sentimenti. La giusta direzione da dare alla nostra aspirazione irrinunciabile: l'amore. Dolci note con antichi mantra vibrano nell'etere e danno a questo momento il sapore dell'eternità. Una donna indiana seduta su di un muretto accanto a noi batte le mani accompagnando il kirtana. I nomi di Dio e la genuina devozione permettono di trascendere le differenze di razza, religione e cultura e ci uniscono profondamente. “Le sacre scritture dell'india ci spiegano che il bene e il male che incontriamo nella vita dipendono dalla nostra predisposizione interiore e dalla qualità delle azioni che compiamo. Se vogliamo far risplendere la nostra natura spirituale, dobbiamo saperci predisporre e imparare ad orientare non solo i nostri pensieri ma anche le nostre emozioni. Sono le emozioni che danno il sapore, il gusto a ciò che facciamo. L'uomo e la donna occidentali sono in genere più propensi a gestire i pensieri, ma spesso si lasciano travolgere da emozioni negative che non sanno dominare. Pensieri ed emozioni debbono essere invece ben armonizzati e tenuti sotto il controllo del sé superiore, come le acque di madre Ganga che scorrono entro solidi argini”. Ad un certo punto vediamo il cadavere di una mucca che scorre portato via dalle acque del grande fiume. Shrila Gurudeva richiama la nostra attenzione su questa scena e ci dice: “Da quel che vedete potete imparare una grande lezione: capire qual è il destino di tutti i nostri corpi. Niente di quel che è relativo ai corpi è duraturo e realmente importante. Il corpo vive perché dentro ci siamo noi che lo facciamo vivere. Quando l'essere spirituale esce dal corpo, quel corpo diventa tale e quale a quel cadavere che vedete trasportato dalla corrente. Se ci fermiamo qui a meditare a lungo, madre Ganga ci dà lezioni straordinarie: la sua forma, la sua voce, il suo profumo, la sua brezza, la sua corrente vivificante di prana ci parlano dello scopo vero della vita. Chi ha problemi mentali di ansietà, irrequietudine, insoddisfazione, cammini lungo questo sacro fiume, respirando profondamente e lentamente e in breve tempo sentirà che tutto ciò che prima era ansietà, tormento, insoddisfazione se ne è andato via trasportato da queste speciali acque che, secondo la Tradizione, hanno toccato i divini piedi di loto del Signore. Madre Ganga ha una forza magnetica e noi non riusciamo a staccarci dalle sue sponde. “Non pensate che la Ganga sia soltanto quel che vedete in superficie: c'è tutto un suo mondo nascosto agli occhi ordinari, con la presenza di esseri alati, divini, che provengono dalle dimensioni superiori della coscienza. La nostra consapevolezza del dharma può essere ravvivata attraverso le abluzioni nei fiumi sacri e l'osservanza del dharma è il plinto di fondazione del nostro processo evolutivo. Senza rispetto del dharma non può esservi prapatti, abbandono a Dio”. Shrila Gurudeva scrive su di un foglio di carta la parola dharma, sia in caratteri sanscriti che in italiano e ci invita a dedicare questo primo giorno di Seminario a Rishikesh alla comprensione di questo concetto fondamentale. Ci spiega dunque i principi di yama e niyama, le attività da cui dobbiamo astenerci categoricamente perché dannose e distruttive e le azioni che invece dobbiamo fare poiché propedeutiche al nostro e altrui percorso evolutivo. I vizi sono quegli ostacoli, a volte apparentemente insormontabili, che si frappongono tra noi e il nostro desiderio di essere felici.
“Che Madre Ganga ci ispiri e ci permetta di intrattenere riflessioni che possano illuminare la nostra vita. Che Madre Ganga ammorbidisca il nostro cuore, che ci renda più gentili, più sensibili, più aperti, più capaci di sperimentare la gratitudine che, assieme alla devozione, è il sentimento che ci permette di comprendere il sapere sacro e di sviluppare le ali per diventare residenti del cielo”. In riva al sacro fiume leggiamo la narrazione della sua manifestazione sulla terra dalle pagine del Bhagavata Purana. Alcuni indiani si fermano ad ascoltare. E' come se capissero la nostra lingua. In realtà comprendono ben oltre le semplici parole. Mentre ascoltiamo le glorie di Madre Ganga, le sue acque continuano a parlarci, ci ispirano, ci inondano di intuizioni elevate. E noi, nel cuore, sentiamo sempre più che stiamo vivendo un'esperienza unica.
Nel pomeriggio ci raccogliamo in un altro ghata davanti alla Ganga. Alcuni bambini indiani ci offrono fiori, incenso e lampada di ghi da offrire al grande fiume sacro. Accendiamo una candelina e la offriamo allo spirito del fiume: nel guscio di una noce di cocco il fuoco corre sull'acqua trasportato dalle onde di Madre Ganga. Questo piccolo gesto risuona in noi come un antico simbolo di armonizzazione tra gli elementi, tra terra e cielo, tra essere e Dio, tra micro e macrocosmo, tra noi e l'origine della Vita. Shrila Gurudeva ci parla di alcuni formidabili mezzi per l'elevazione della coscienza. Il più importante tra questi è l'invocazione dei nomi di Dio, che ci permette di ritrovare la nostra dimensione, fuori dal mondo delle apparenze, dentro al mondo della realtà. “Siamo in un luogo sacro, davanti ad un fiume sacro, con persone animate da aspirazioni elevate. Cogliete questa speciale occasione per interrogarvi profondamente sulla natura dello Spirito. Imparate a riconoscerlo dovunque esso sia. Imparate a riconoscere lo spirito del fiume, del bosco, del cielo, della pioggia e offrite i vostri omaggi. Dobbiamo cercare di instaurare un dialogo profondo con le forze della natura, con esseri celesti invisibili e con i nostri compagni di viaggio sulla terra. Cercate di realizzare la natura spirituale di ogni essere e cogliete ogni occasione per servire gli altri donando fede, speranza, amore”. Mentre Shrila Gurudeva ci parla in questo modo, una brezza leggera ci sfiora il volto. La magia di questo posto è grande, unica. Qui si hanno intuizioni che provengono da un altro mondo. L'incontro prosegue con importanti riflessioni in risposta alle domande poste a Shrila Gurudeva dai nostri compagni di viaggio. Vengono approfonditi temi come dharma e sva-dharma, relazione Guru-discepolo, strumenti per superare la solitudine e la depressione. “Le tecniche psicologiche e spirituali che provengono dal mondo dello Yoga e che gli antichi veggenti (rishi) ci hanno trasmesso e lasciato in eredità, sono patrimonio del genere umano. I grandi saggi ci hanno offerto insegnamenti e pratiche spirituali per rompere le catene dei condizionamenti e raccoglierci in noi stessi, imparando a guardarci dentro, nel profondo dell'anima. Questi insegnamenti hanno la stessa dinamica bellezza delle acque di Madre Ganga, che purificano e ristorano”. Sono le 19.30. ormai è quasi completamente buio. Si spengono anche le luci degli hotel sulla costa. Entriamo così ancora più in intimità con Madre Ganga, che sembra essere sempre più vicina a noi con la sua presenza imponente e forte. Il buio e le stelle nel cielo esaltano la sua potenza. Da un tempio sull'altra sponda del fiume provengono le dolci noti del Mahamantra, che da là si diffondono in tutta la valle.
28 Agosto mattina, “Sulle rive di Madre Ganga”.
La mattina presto andiamo a meditare sulle rive della Ganga. Qui c'è una potenza spirituale straordinaria. Quel flusso impetuoso di corrente che appare inarrestabile è la nostra corrente spirituale di Amore. La Ganga corre veloce, senza indugi, e ci parla della nascita e della morte, della vita eterna oltre ad esse, dell'uomo e di Dio, della terra e del cielo. Con il cuore ci tuffiamo in queste acque e solo una preghiera è nella nostra mente. Possa io ritornare alla luce, possa vivere l'Amore puro, possa sviluppare ogni qualità e talento per offrirli al Cielo e così dimostrare la mia gratitudine verso Dio, i Maestri, tutti gli esseri. Possa la mia esistenza dimorare nella gioia, nella purezza, nella dolcezza d'animo, nella forza di un pensiero elevato. Possa io risvegliami alla Vita. Qui, lungo il fiume, si ha la sensazione di essere giunti a casa, il luogo da cui siamo partiti e dove finalmente ritorneremo. Facciamo qualche passo controcorrente respirando un prana potentissimo, che entra dentro e vivifica. Gli occhi verdi di Madre Ganga rappresentata in una Murti in un kutir lungo il ghata sembrano entrarci dentro e non abbandonarci più. E' qui che vogliamo stare, è qui che vogliamo dimorare nella coscienza. Verso metà mattina ci rechiamo in una spiaggetta sulla Ganga per ascoltare una lezione del nostro Maestro. Assieme a noi ci sono anche diverse mucche che vogliono ascoltare! Alcune si siedono placide, altre ci camminano intorno e annusano le nostre borse e tutto quel che abbiamo, altre ancora tentano di mangiare i nostri quaderni di appunti o le stuoie su cui siamo seduti. La loro curiosità ci diverte, mentre apprezziamo la loro speciale dolcezza e mansuetudine. Il sistema socio-spirituale tradizionale vedico è l'argomento principale che viene approfondito in questa lezione. “Come possiamo diventare utili nella società e al contempo evolvere spiritualmente? La tradizione indovedica ci spiega che ciò è possibile se svolgiamo nella società un ruolo adatto al nostro guna e karma, alle nostre tendenze ed esperienze, e se offriamo i frutti di queste azioni a Dio. Ogni azione ha reale valore nella misura in cui è collegata al piano trascendente: è questo collegamento (Yoga) che dà senso alla vita e che ci rende veramente soddisfatti. Dobbiamo agire per realizzare il nostro potenziale divino, altrimenti il vivere è inutile, privo di scopo. L'azione compiuta in spirito di offerta a Dio spezza ogni catena.” Shrila Gurudeva prosegue spiegando il sistema vedico del varna-ashrama dharma ed anche la sua degenerazione nel sistema delle caste. Descrive poi quali sono le caratteristiche di un autentico spiritualista, commentando lo shloka 42 del diciottesimo capitolo della Bhagavad-gita. Il sole è diventato molto forte e, come sempre, le acque della Ganga ci ristorano. La sabbia bianca qui luccica come se contenesse infinite piccolissime pietre preziose. Continuiamo a porre domande a Shrila Gurudeva per meglio comprendere il nostro dovere nella società e per armonizzarlo all'ordine universale. In questo viaggio la nostra vita si ricostituisce sul perno del dharma. Al termine del nostro incontro un indiano di Varanasi si avvicina e dice al nostro Maestro: “Non capisco l'italiano ma ho capito che sei una grande anima. Desidero offrirti questa preghiera in tuo onore”. E così inizia a cantare una preghiera al Guru: “Eh prabhu...”
Dopodiché tutti assieme intoniamo l'inno al Deva del Sole tratto dal Rigveda.
Om tad Vishnu paramam padam sadam...
28 Agosto pomeriggio, “Siate testimoni della Tradizione”.
Siamo di nuovo sulle rive della Ganga e proseguiamo il programma di domande e risposte iniziato al mattino. “Se l'anima è eterna perché deve incarnarsi in corpi materiali e perché in questo mondo si trova a soffrire?”. “Come possiamo spiegarci le contraddizioni e i paradossi che vediamo in India?”. A questo proposito Shrila Gurudeva ci spiega: “E' vero che questa era la terra dei rishi, che sulle sponde della Gange sono state scritte alcune delle pagine più illuminate della storia dell'umanità, ma oggi in questi luoghi potete trovare anche chi pugnala al cuore questa grande Tradizione. Ma noi non dobbiamo far leva su ciò per crearci un alibi ed interrompere la nostra ricerca. L'India ha ancora un grande tesoro da donare all'umanità. Non lasciatevi distrarre dalle incrostazioni che ci sono in superficie. Siate testimoni della ricchezza spirituale che resta e che tuttora è visibile e che probabilmente con il passare degli anni non sarà più così accessibile”. Un incontro speciale segna la conclusione di questa giornata. Vediamo una signora occidentale che si ferma ad ascoltare la lezione. Incuriositi andiamo a conoscerla e scopriamo che è italiana e che in Italia aveva letto uno dei libri del nostro Maestro, consigliata da un'amica. Inizia una bella conoscenza che approfondiremo anche nei giorni successivi.
Nessun commento:
Posta un commento