Tutti albergano nel cuore l’intima aspirazione ad ampliare ed espandere progressivamente la propria coscienza della realtà fino ad abbracciare l’intera manifestazione cosmica, per carpirne infine i segreti più riposti e inaccessibili, ma, per quanto tale desiderio costituisca di per sé un potente stimolo alla ricerca, si rivela tuttavia tanto insufficiente quanto invece è necessario condurre tale ricerca in modo protetto, incamminandosi cioè su una via già tracciata e percorsa con successo da innumerevoli individui nel passato(1), non certo inventandone una nuova di sana pianta(2). L'essere spirituale, che vaga nel mondo fenomenico dimentico del proprio vero Sè, della propria vera natura, tenta affannosamente di comprendere, vita dopo vita, quali siano la propria collocazione e funzione nel contesto dell'universo. Ignorando quali siano la propria identità, la propria origine e la propria destinazione, in questo viaggio periglioso, non riesce a dare un senso alla vita. Gioie e dolori si palesano ai suoi occhi come manifestazioni caduche, impermanenti(3); pur essendosi messo alla ricerca della felicità, incontra piaceri effimeri, che si trasformano sempre e soltanto in dolori. Sente un anelito indomabile alla felicità, ma è incapace di accedere a questo stato dell'essere e si scontra continuamente con ciò che gli è opposto, l'infelicità. Ha sperimentato che tutto ciò che è caro prima o poi sfugge di mano e che il possesso, pur presentandosi come uno strumento di gioia, risulta impossibile a detenersi; quindi si trasforma inevitabilmente in dolore anche quella gioia iniziale verso la quale il possesso tendeva. L’essere infine giunge ad una considerazione inevitabile: la vita è sofferenza. La giostra di gioie e dolori continua a girare senza sosta finchè quest'anima peregrina non incontra una persona risvegliata, che vive nel Sè, che ha esperienza del Sè, che vede la Realtà e vive nella Realtà, che non solo ha sperimentato ma vive continuamente quell'esperienza che è al di là degli opposti dualismi che provocano eternamente gioie e dolori. Questa persona rivela un grande segreto all'anima “in pena”: le dice che la sua essenza è spirituale e che esiste un sentiero, lo Yoga, percorrendo il quale è possibile stabilirsi fermamente in quella dimensione dell'essere in cui ci si percepisce come sac-cid-ananda, ossia dotati di esistenza, intelligenza e beatitudine. Esistenza (sat) potrebbe sembrare solo una parola, ma in realtà indica la continuità della percezione della propria individualità, dell'Io vero, che non conosce né morte né interruzione alcuna. Intelligenza (cit) indica l’esser sempre coscienti e beatitudine (ananda) indica l’insorgere di un sentimento di intensa felicità, di cui l’essere per natura è colmo. Per coloro che aspirano, dunque, non solo a soddisfare i bisogni che rientrano nella sfera antropologica, ma anche a superarli per raggiungere passo dopo passo quello stato di coscienza divina in cui l’essere vede sciogliersi per sempre gli asfissianti legami che lo tenevano aggiogato alle sempre mutevoli forme della materia, non sono sufficienti né il pensare né l’agire. Una caratteristica del sentiero della perfezione indicato dai Veda, infatti, è l’aspetto iniziatico; non si può procedere da soli(4): è necessaria la guida di un Guru, una persona realizzata in quella scienza all’interno di una successione di maestri (Parampara)(5). Lo studio e la pratica della scienza sacra, quindi il percorso che parte da dharma per giungere a moksa e successivamente a prema, sono sempre precedute dai rispettosi omaggi all'insegnante, al Maestro, al Guru(6), colui che insegna la scienza della realizzazione spirituale, l'arte della vita, che permette di approdare dalla morte all’immortalità. Chi desidera penetrare i concetti propri della conoscenza che trascende i limiti e le risorse di cui solitamente sono dotati gli umani, deve trovare il modo di accedere ad un livello superiore di coscienza(7): ciò è possibile grazie all'intercessione di persone che vivono ad un livello tale.
om ajnana-timirandhasya jnananjana-salakaya
caksur unmilitam yena tasmai sri-gurave namah(8).
caksur unmilitam yena tasmai sri-gurave namah(8).
"Offro i miei rispettosi omaggi al mio maestro spirituale, che ha aperto i miei occhi, accecati dalle tenebre dell’ignoranza, con la torcia della conoscenza trascendente."
Colui che, dopo aver superato la densa foresta dell’illusione, si sente ormai giunto al termine dell'esperienza umana, può intraprendere la via iniziatica. In alcuni passi della letteratura vedica viene persino affermato che una persona che non abbia un maestro spirituale non dev'essere nemmeno considerata civile. Diksha (l’iniziazione) non è facoltativa, ma è una tappa inevitabile dell'esistenza, necessaria per giungere alla piena maturità. Per compiere l'evoluzione umana, per trasferirsi dal piano umano a quello divino, diksa è indispensabile. L’iniziazione equivale ad una simbolica morte nella vita profana e ad una reale rinascita nella vita spirituale. L'iniziazione spirituale (Diksha) di fatto è un ricollegamento alla Realtà superiore(9). Ben triste è il destino di colui che lascia il corpo senza aver ricevuto dik.sa; così dice il Garuda Purana, così dice il Rig-veda, così dicono il Mahabharata e lo Shrimad Bhagavatam. Nel Garuda Purana si arriva persino a distinguere le persone in due categorie: coloro che hanno ricevuto diksha e coloro che non l’hanno ricevuta. Quella tracciata dalle Upanishad e dalla B.G è una via iniziatica; Krishna in più occasioni parla di raja-guhyam (segreto regale) e raja-vidyam (conoscenza regale). Una delle accezioni più forti della parola Upanishad è "insegnamento segreto", ovvero che si può dare solo a persone iniziate. Che senso può avere dunque - ci si chiederà - pubblicare scritti che verranno letti da innumerevoli persone che non sono iniziate? La risposta è che intendiamo offrire al grande pubblico un panorama dell'insegnamento vedico-vaishnava, restando tuttavia pienamente coscienti del fatto che soltanto coloro che sono autenticamente ricollegati alla Realtà superiore otterranno effettivo beneficio dalla lettura, mentre coloro che non lo sono avranno come una pre-visione, una visione vaga di ciò che in essi viene esposto; la capitalizzazione del patrimonio più concreto, l’effettiva realizzazione spirituale, non avverrà per questi ultimi, perchè la loro comprensione si limita al piano psichico, che è completamente inadeguato ed insufficiente per accedere alla realizzazione spirituale, allo stato in cui l’essere si risveglia in senso spirituale. Come abbiamo accennato, esistono diversi piani di comprensione della Realtà: adhibautika, adhidaivika e adhiatmika; solo chi vede dal piano adhiatmika riuscirà a comprendere veramente ciò che è propriamente divino, spirituale. Per questa ragione alcuni, che sembra abbiano capito tutto, all’atto pratico commettono un errore dopo l’altro; di fatto non hanno capito niente, perchè la loro comprensione è a livello superficiale, a livello psichico, intellettuale, non spirituale. Per chi è situato a livello spirituale non c'è più nessuna discrepanza fra quello che si è compreso, quello che si pensa, quello che si dice e quello che si fa. Il sapere iniziatico, dunque, può essere trasmesso avvertendo in anticipo che ognuno comprenderà in proporzione al proprio livello di coscienza. Come ciascun uccello in volo raggiunge l’altezza che gli permettono le proprie ali, così chi legge raggiungerà il livello di comprensione che gli permette la propria coscienza. Di fatto è per questo che i Veda insistono così fortemente sulla necessità delle pratiche di purificazione, o di decontaminazione del carattere. Per questa stessa ragione è richiesta una vita di purezza; non perché la purezza abbia valore di per sè, ma perché permette di raggiungere livelli di comprensione che sarebbero irraggiungibili senza di essa. Ciò non avviene per la forza di un volere superiore, perché non c'è niente di dogmatico o di artificialmente imposto in tutto questo. Con grande rispetto, dunque, dovremmo introdurci in questo dominio che spesso non è padroneggiato neanche dagli esseri celesti, gli dei, le grandi personalità che vivono nei pianeti Svarga o in genere in Svargaloka(10) La via iniziatica è aperta a tutti, ma come sempre ci saranno coloro che nutriranno un sano, intenso desiderio di immortalità (icchami Brahman o icchami amritam) e coloro che parteciperanno in maniera passiva. Così è fatto il mondo. Per la legge del karman, le comprensioni delle due categorie di persone non potranno essere identiche.
(1) Nella Civiltà dei Veda sono tre le vie (traya mårga) per il raggiungimento della liberazione (moksha): il karma-marga (via dell’azione), il jnana-marga (via della conoscenza e della meditazione) e il bhakti marga (via della devozione amorosa a Dio). Ne parleremo più diffusamente nella Terza Parte, in cui illustreremo in particolare il bhakti-marga.
(2) Oggigiorno, al contrario, è frequente inventare teorie che andranno poi a costituire una “nuova” religione, assolutamente inventata e senza nessuna reale radice nella Tradizione (vedi l’intero, o quasi, filone New Age).
(3) Anitya, "ciò che non è permanente".
(4) L’individuo, se non viene educato, guidato, aiutato, corretto e costantemente incoraggiato, si trova ben presto in una situazione difficile, perché il sentiero si presenta irto di ostacoli di vario genere.
(5) Gli acarya, come A.C. Bhaktivedanta Svaami Prabhupada, sono grandi maestri e pensatori che, attinto il sapere a un livello sovrumano, lo trasmettono poi ai propri discepoli, i quali, una volta acquisite le qualità necessarie, lo trasmetteranno a loro volta ai propri discepoli. Ciò costituisce il sistema di conservazione e trasmissione della Rivelazione denominato parampara, che letteralmente significa “dall’uno all’altro”; poi vuol dire molto di più, naturalmente: un sistema di conoscenza, un sistema, un insieme di valori, tramandati di maestro in discepolo, ma il significato più immediato è ‘dall’uno all’altro’. Perciò, quando incontriamo persone che, anziché andare al mare o in montagna o dietro la gratificazione dei sensi in qualche forma, si riuniscono per cercare il sé, come nelle Upanishad (‘Tutti seduti ai piedi del maestro’ è la traduzione letterale di Upanishad), per ricevere gli insegnamenti più esoterici che permettono di proseguire sulla strada della realizzazione spirituale, dovremmo esser capaci di cogliere quell’occasione benedetta, sacra, per trasmettere un messaggio così prezioso, che non è solo patrimonio degli indiani, ma di tutta l’umanità. Ecco il significato di sacrificio: rendere sacro tutto quel che facciamo.
(6) Guru è una parola sanscrita che significa ‘insegnante’; qui ne ripudiamo gli abusi e gli usi a sproposito da parte di persone che non sono consapevoli della sua reale portata, pronunciando tale termine in relazione a personaggi e situazioni che con la scienza sacra e con la Tradizione non hanno niente a che fare.
(7) Nella letteratura vedica sono indicati i tre livelli di comprensione della Realtà: 1. adhibhautika: il piano terrestre, quello degli elementi fisici primari, più facilmente accessibile agli esseri incarnati. 2. adhidaivika: riguarda i deva, il cosmo e la cosmogonia, l'influenza dell'atmosfera, i pianeti e la creazione dell'universo. 3. adhyatmika: attiene al piano più elevato, quello spirituale, alla nitya-svarupa dell'åtman e all’ontologia dell’Essere Supremo.
(8) Questo è un mantra del (Gautamiya-tantra).
(9) Affinchè un individuo possa ricollegare altri alla coscienza del Divino, adempiendo così al sommo dovere del Guru, deve essere egli stesso di fatto ricollegato, avendo a sua volta ricevuto l’iniziazione da un altro individuo autenticamente risvegliato in senso spirituale. Chi non è collegato a quella coscienza non può collegare nessuno, a prescindere dai timbri rotondi, dalle carte bollate, dalle autorizzazioni rilasciate dalle gerarchie. Solo una persona risvegliata può risvegliare. Quindi, in essenza, iniziazione vuol dire essere ricollegati. E quando una persona è ricollegata lo sente. Certo, per rendere visibile questo ricollegamento si usa una cerimonia, ma non è la cerimonia che ricollega: è il ricollegamento in sè. La cerimonia è la celebrazione di questo collegamento, che però deve essere esistente.
(10) Uno dei pianeti della cosmogonia puranica.
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