31 maggio 2009

'Introduzione alla Sociologia e ai Rapporti Interpersonali (Parte Seconda)' di Shriman Matsyavatara Prabhu.

DOMANDA: Nelle Scritture vedico-vaishnava si legge di personalità che avevano grandi responsabilità, non solo della propria famiglia, ma addirittura di interi regni, di milioni di persone. Mi sembra, però, che il loro esempio non sia immediatamente spendibile nella nostra vita quotidiana, ma forse semplicemente perché loro erano loro e io sono io.
No, anche per ragioni molto più pratiche. Allora la società era organizzata in un modo, oggi è organizzata in un altro. I profeti della Bibbia convivevano in maniera pacifica con una società che accettava la schiavitù come norma comune. Oggi la schiavitù non viene accettata, per cui certi discorsi di allora, se tu li facessi oggi saresti profondamente criticato, e magari anche accusato e condannato. Dunque, dobbiamo sempre tenere in grande considerazione il tempo, il luogo e la circostanza in cui ci troviamo, non possiamo applicare fatti e norme di milioni di anni fa, o di decine di milioni di anni fa, o anche solo di alcuni secoli fa, in un contesto sociale profondamente mutato. Questo è un principio fondamentale: molti errori sono stati fatti nella storia e nella società e nelle singole istituzioni da chi non ha saputo rinnovarsi, da chi ha preteso di applicare in maniera cristallizzata, senza il minimo discernimento e mostrando scarsa lungimiranza, principi, valori, ideali che evidentemente non erano più adatti alla situazione storico-culturale del presente. La società arya, la civiltà dei Veda, era fondata su una concezione sociale straordinariamente aperta e, contrariamente a quanto dicano gli studiosi occidentali, che hanno frainteso molto, l’organizzazione sociale di allora era veramente avanzata, straordinariamente flessibile, non irrigidita nelle caste dell’India odierna. Due dispositivi sociali che permettevano tale flessibilità erano quelli di dharma e svadharma. Dharma era l’ordine universale, l’ordine cosmico, ritam, un ordine immutabile, riconosciuto e rispettato da tutti. Regole fondamentali cui tutti sono soggetti, dal re allo scudiero. Ma assieme al dharma, c’era lo svadharma, l’ordine individuale. Sva vuol dire “suo proprio”, quindi indica il dharma proprio di ciascun individuo. Per tornare all’esempio del re e dello scudiero, essi avevano in comune un dharma universale, il sanatana dharma; poi, per il loro ruolo specifico, seguivano un dharma individuale, lo sva-dharma. Anche a livello giuridico, la legge uguale per tutti è un principio che può suonare bene ma non funziona. E’ un prodotto della rivoluzione francese, un prodotto di tempi molto recenti, frutto di un’interpretazione molto entusiasta della democrazia, che comunque, come sistema di organizzazione sociale, ovvero di gestione politica della società, è probabilmente la soluzione che negli ultimi tempi ha fatto i danni minori. Diciamo che attualmente è il meno peggio. Dunque, questa divisione di ruoli e di doveri giustificava tutta una serie di comportamenti; c’erano valori assoluti, e c’erano valori relativi. Quelli relativi erano valori mobili, flessibili. Per fare un esempio: chi oggi ha un dovere da figlio, può essere che domani possa assumere quello di padre, quindi dovrà passare da un set di principi ad un altro. Allora il punto qual è? Che se facciamo nostra una visione ad ampio spettro, vediamo che la differenziazione è qualcosa di vantaggioso. Ammesso, però, che ci sia un polo che unisce tutte le tendenze e che obbliga tutti a dei doveri comuni, universali, perché troppa differenziazione senza un elemento unificatore genera una società schizofrenica, anarchica, sbandata, un po’ come quella di oggi. E d’altra parte una società troppo centralizzata, che differenzia troppo poco, è soffocante e genera disastri; pensate, ad esempio, al tracollo di sistemi come l’Unione Sovietica. Dobbiamo infine considerare l’organizzazione dei sottogruppi, visto che esiste un ordine ma anche un sub-ordine. Tradizionalmente, ad esempio, il matrimonio riguardava un determinato comparto sociale, comparto che ovviamente aveva regole diverse rispetto ad un altro. L’attuale organizzazione sociale è vittima di estremismi: in alcuni casi - pensiamo al fenomeno delle caste - questi comparti si sono sclerotizzati e sono diventati compartimenti stagni che non aiutano certo l’evoluzione individuale e sociale; in altri casi, probabilmente più frequenti, tutto si mescola e si sovrappone, in una confusione pressoché totale di ruoli, di doveri e funzioni. La storia upanishadica di Satyakama Jabala, è autorevole testimonianza di come siano le qualità individuali, quelle derivanti da guna e karma, “tendenza ed esperienza” a porre una persona in una situazione sociale piuttosto che in un'altra. Il bimbo, figlio di una shudra, una donna che aveva lavorato in molte case ed era rimasta incinta da un padre sconosciuto, aveva qualità luminose. Attratto alla realizzazione spirituale si recò di sua spontanea volontà presso la gurukula di un guru famoso, e chiese di ricevere l’iniziazione, che al tempo veniva concessa soltanto ai membri delle tre classi superiori (vaishya, kshatriya e brahmana). Quando il guru chiese al bimbo chi fosse suo padre, egli rispose che non lo sapeva, perché la madre aveva frequentato molti uomini. In questo modo Satyakama - il cui nome significa infatti ‘amore per la verità’ - mostrò di avere una fondamentale qualità tipicamente brahmanica, la veridicità; per questo motivo il Maestro ben volentieri gli concesse l’iniziazione, impartendogli insegnamenti che lo avrebbero portato a diventare guru a sua volta. Questo a dimostrazione che il principio delle caste non pertiene all’India della tradizione e che le qualifiche esteriori degli individui, i cognomi, le casate, il livello culturale, ci dicono fino ad un certo punto; poi dobbiamo andare a vedere dentro che cosa c’è. Per tornare ad oggi, chi sono i rappresentanti della famiglia reale? Sono persone che sono nate in una famiglia reale, ma evidentemente non hanno le qualità per guidare una nazione e per farsi carico delle responsabilità che scaturiscono da un ruolo simile. Assistiamo infatti ai loro numerosi disastri, alle loro mancanze, alle loro debolezze di carattere. La nobiltà non si eredita, o c’è o non c’è. Nel Mahabharata molto ci dice l’analisi dei caratteri di Yudhisthira e di Duryodhana. Il primo aveva un carettere ideale, da monarca perfetto; il secondo si ritrova a governare solo per ambizione propria e per debolezza del padre, ma la sua malvagità e la sua sete di onori e di ricchezze personali sfoceranno nella famosa guerra di Kurukshetra. Quindi non c’è discrepanza, non c’è sconnessione tra struttura sociale e impostazione caratteriale. Quando questa frattura c’è si sviluppano molti problemi, sia a livello individuale che a livello di corpo sociale. Per risolvere le nostre debolezze e le nostre lacune caratteriali dobbiamo lavorare sui punti di forza ed applicare una sadhana, una disciplina, che ci consenta di sviluppare le nostre facoltà latenti. Questo è stato il tema di due seminari che ho tenuto di recente. Il carattere può essere modificato e migliorato: lo si fa con impegno e costanza, e soprattutto lo si può fare con la guida di chi certe lacune le ha già colmate o non le ha mai avute. I singoli individui vanno sviluppati secondo le linee-guida della loro personalità. Questo è un punto centrale. Una persona incline al canto va fatta cantare. Una persona incline allo studio deve essere incoraggiata a studiare. Una persona incline a coltivare e a curare le piante, va incoraggiata a procedere in quella direzione. Tutti devono essere favoriti nelle loro inclinazioni, e mentre si favorisce si deve anche correggere ciò che è sbagliato, anche in quella stessa inclinazione. Facciamo un esempio: una persona vuole educare i bambini, ma assieme a questa inclinazione soffre di un grave difetto del carattere: è autoritaria. L’autoritarismo è una vera e propria nevrosi, per cui il lavoro che si deve fare consiste nel recuperare, nel bonificare la tendenza positiva ad educare, e nel contempo guarire la nevrosi dell’autoritarismo. Questo si fa contemporaneamente, senza creare scissioni nella personalità dell’individuo, che si può curare solo mantenendo l’integrazione di tutte le sue parti della personalità e soprattutto trattandolo con rispetto ed affetto autentici. Colgo l’occasione per dire un’altra cosa che ritengo importante. Anche quando dobbiamo redarguire qualcuno, non dovremmo mai farlo con collera o risentimento, perché una simile attitudine genera inimicizia. Se lo si fa in maniera insensibile, senza tener conto delle circostanze non solo esterne ma anche interiori all’individuo, ciò che si ha è una sostanziale non accettazione della correzione. Se invece, in maniera lucida ed obiettiva, con affetto, con rispetto, vengono fatte notare parti difettose del carattere o dell’azione, salvaguardando tutto quello che di positivo c’è, di solito, prima o dopo, la correzione viene accettata con conseguente rafforzamento della relazione tra i due individui.

DOMANDA: Qual è influenza dei guna sul carattere e nelle relazioni?
Determinante. Esistono innumerevoli categorie di tipi psicologici. Jung ne ha individuati quattro che poi diventano otto, ma potremmo andare avanti in una progressione geometrica fino ad arrivare alle famose quattrocentomila specie umane di cui parla il Vishnu Purana. Nella Bhagavad-gita Krishna spiega che a seconda di come le persone si predispongono nei confronti delle influenze della natura, sviluppano un particolare carattere piuttosto che un altro. Ci sono diversi shloka che potremmo citare per fare una ricerca approfondita. Uno è quello cui mi riferivo prima: catur varnyam maya shrishtam guna karma vibhagashah(1): guna e karma, come già detto, sono i fondamenti per la definizione dello status e del ruolo sociale. Particolarmente significativo è comunque il XIII.22: karanam guna sangasya sad-asad yoni janmasu. A seconda di come un soggetto si predispone nei confronti della prakriti, della materia, del mondo, delle cose, delle relazioni, sviluppa un guna piuttosto che un altro, e a causa di questo contatto con i guna rinasce in un modo o in un altro, raccogliendo sat e asat, il bene e il male conseguentemente a come si è posto di fronte alla vita. Uno dei punti più controversi, che ha contribuito non poco a rendere deludente la tecnologia della psicanalisi, soprattutto quella di origine freudiana, è che si sono volute ricercare tutte le cause dei disturbi della personalità all’interno di una stessa vita, cosa inaccettabile da tutti i punti di vista. Così si sono creati ed acuiti rapporti conflittuali con i genitori, con i fratelli, con l’educazione di origine, con i giochi di infanzia, perché a tutti i costi la genesi di un disturbo mentale doveva essere trovata in quella vita. Ma la conoscenza vedica ci insegna ben altro, ovvero che le nostre condizioni attuali sono un’eredità del nostro passato, che può essere recente ma anche molto remoto. La causa a monte è, come spiega lo shloka appena citato, la modalità con cui l’essere si pone di fronte alla materia, dovuto all’influenza dei guna che subisce. Questo va a determinare la gioia o il dolore, la fortuna o la disgrazia. Dove? Janma, nella vita successiva. Per cui la persona nasce con tutto un imprinting che è già il suo. Ci può essere comunque sempre una trasformazione, un’evoluzione: cambiare, dirigersi verso l’alto è facoltà dell’umana persona; come Dante fa dire al suo Ulisse: “Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”.

(1) B.g. IV.13

DOMANDA: È giusto suggerire ad una donna di risposarsi anche se ha già figli? Inoltre: il suo rifugio è solo il marito, o anche il maestro spirituale?
Partendo dall’ultima domanda: la figura del marito e quella del guru non dovrebbero mai essere sovrapposte, a parte nei rari casi in cui una donna ha per marito un guru o una persona illuminata - com’era ad esempio il caso di Maitreyi nei confronti di Yajnavalkya. Il maestro spirituale può offrire un certo tipo di riferimento, ma certi bisogni di tipo sociale una donna con figli può decidere di assolverli da sola, oppure in compagnia di un marito. Certe volte per una donna sola è difficile educare i figli, specialmente i figli maschi che, giunti all’adolescenza, hanno un terribile bisogno del padre. Una donna particolarmente forte, e anche rara, può farcela anche da sola, con l’aiuto di una famiglia molto solidale. Nella società tradizionale c’erano i nonni, gli zii, i cognati, tante persone che costituivano una sorta di piattaforma di sostegno.La società moderna ha prodotto una famiglia molto debole. Lui e lei che vanno a vivere in un appartamentino, poi a causa di conflitti uno dei due rimane solo e la famiglia non c’è più, è disgregata. Molte famiglie di oggi sono costituite da individui fragili, che non hanno la capacità di sopportare le onde ripetute delle difficoltà. Venendo al punto io non vedo una grande soluzione nel ri-sposarsi; soprattutto quando ci sono figli a carico. Ma non si può porre un veto assoluto perché, come dicevo poc’anzi, esistono molte categorie umane, e tra queste ve ne sono molte fragili psicologicamente, che se non hanno la possibilità di ricevere un sostegno e un nuovo affetto crollano definitivamente, diventando pesi insostenibili per la società. Non possiamo emettere sentenze unilaterali assolute; la società di oggi non ce lo permette, in quanto si è frammentata a dismisura, creando tutta una serie di diritti-doveri che costituiscono una matassa inestricabile. Nella società tradizionale le persone vivevano per la maggior parte in campagna. In campagna spesso è sufficiente avere un orto per sopravvivere. A Milano centro, o nel cuore di qualsiasi altra città è difficile vivere con un orto. Al di là poi della sopravvivenza fisica dobbiamo anche sottolineare l’importanza della solidarietà e delle relazioni umane che nelle megalopoli, nelle metropoli superabitate e trafitte dalla solitudine, sono veramente rare. Dunque, quel che prima era inauspicabile, oggi può essere una dolorosa necessità, quasi da raccomandare, seppur non sempre e non senza avere conosciuto precisamente il caso in questione. Sul Maestro spirituale a volte si proiettano aspettative esagerate. Il Maestro spirituale ha una funzione metafisica, e deve aiutare nel mondo fisico per dirigere il viaggio verso la dimensione spirituale. Non è un consulente del lavoro, non è un consulente familiare, non è un consulente per i disturbi dell’infanzia. Tutto questo può essere sottoposto al guru, e questi può avere un’apertura mentale e una cultura eclettica tali da poter aiutare in numerose occasioni; ma deve essere compreso che quell’aiuto non è per accomodarsi nel mondo materiale, è per superarlo e trascenderlo. Dunque, non si dovrebbe appesantire inutilmente il Maestro spirituale, quando altri possono risolvere problemi di loro specifica competenza. Spesso i problemi delle persone sono generati da loro stessi, soprattutto da pretese che nessun uomo o donna potrebbe mai soddisfare; i modelli messi in circolazione dai media sono artificiali. Programmi spazzatura come “Beautiful” propongono dei non valori, modelli di vita totalmente artificiali che entrano profondamente nella psiche profonda, anche in forma subliminale, e quando poi vengono applicati, anche inconsciamente, si creano impossibilità di convivenza, impossibilità di cooperazione, perché magari si pretende che il coniuge corrisponda a certi pesudo-modelli di uomo e di donna. L’interesse delle industrie, gli interessi economici, gli interessi della politica bombardano pesantemente e contribuiscono alla formazione di modelli che rendono la convivenza e in generale il mondo delle relazioni molto difficile. Comunque, come dico spesso, la massa è solo un concetto astratto, esistono gli individui e la società, che è costituita dall’interazione di individui. Dunque dobbiamo sempre partire da noi stessi, migliorando la nostra attitudine e il nostro personale comportamento. Agire bene rende anche sani e mantiene la persona più longeva possibile. Circa venti anni fa, feci una trasmissione radio il cui titolo era: “Essere onesti conviene”. Detti volutamente alla trasmissione un titolo provocatorio, perché volevo collegare il punto di vista economico a quello sociologico, a quello medico, a quello psicologico, sociologico e spirituale. Una persona che agisce in maniera scorretta crea una serie di conflitti prima di tutto intrapersonali, poi anche sul piano interpersonale e dunque sociale. Perciò, aiutando le persone a seguire con rettitudine i princìpi attraverso i quali ci si può armonizzare con l’ordine cosmico e quindi con la volontà divina, significa sicuramente aiutarle anche in ogni ambito dell’esistenza secolare. Se analizziamo in maniera approfondita i principi di yama e niyama, che si trovano riassunti nei quattro principi regolatori della tradizione Vaishnava, possiamo constatare come implichino ed aiutino a sviluppare un alto livello di igiene psicofisica, e di riflesso anche sociale. Gli strumenti per migliorare la nostra esistenza anche in quest’era e in questa società ci sono tutti, basta applicarli con rigore ed elasticità al tempo stesso.

08 maggio 2009

'Introduzione alla Sociologia e ai Rapporti Interpersonali (Parte Prima)' di Shriman Matsyavatara Prabhu.

Il tema che ci accingiamo ad affrontare, con un programma di domande e risposte, è di natura specificamente sociologica: in che modo una persona che adotta i principi etici della Scuola vaishnava di Caitanya può vivere nella società del terzo millennio. Questi antichi insegnamenti si possono ancora vivere nel mondo, in mezzo a persone che lavorano, che concepiscono la vita e le relazioni in un modo che è piuttosto lontano dai valori della tradizione? In questa società dove la comunicazione ha raggiunto livelli di velocità sorprendente, ma altrettanto sorprendenti livelli di scadente qualità, quali sono le condizioni ideali o gli adattamenti da fare per applicare nella società odierna la scala di valori fornita dalla civiltà dei Veda?

DOMANDA: Il mio problema è appunto comunicare con l’esterno, addirittura comunicare con la famiglia.
Comunicazione implica due parti che entrano in contatto. A trasmette, B riceve; B trasmette, A riceve. Spesso, quando da una parte c’è comunicazione, c’è anche dall’altra e, ugualmente, quando da una parte c’è difficoltà nel comunicare, c’è anche dall’altra. Probabilmente le difficoltà che tu incontri nel comunicare con la famiglia sono altrettanto forti da parte della famiglia nel comunicare con te. C’è sempre da capire, quando trasmettiamo, come mai il messaggio non venga ricevuto, oppure perché viene ricevuto in maniera distorta. A volte dobbiamo aggiustare la modulazione di frequenza, a volte il linguaggio, a volte i tempi o le circostanze, a volte i temi da comunicare. In alcuni casi può succedere che partiamo troppo dall’alto. Io mi sono trovato, ad esempio, insegnando all’Università, ad iniziare una lezione e rendermi conto dopo pochi minuti che le persone di fronte a me non erano preparate per gli argomenti che stavo presentando, quindi ho dovuto applicare una strategia di adattamento. La comunicazione è una vera e propria scienza, richiede sensibilità, attenzione, una buona dose di rispetto per gli altri. Non credo che tu non abbia questo rispetto, ma dico che spesso manchiamo di sufficiente attenzione nel valutare i bisogni e gli interessi degli altri. Se noi siamo consapevoli di tutto questo, generalmente miglioriamo la nostra comunicazione. Magari non è possibile al livello che vogliamo noi, dobbiamo magari abbassarci un po’ di quota ed aspettare pazientemente che i nostri interlocutori siano pronti per tornare alla specificità del messaggio.

DOMANDA: Ho conosciuto individui che hanno operato una certa scelta di vita dopo che ne avevano già fatte altre decisive, come quella del matrimonio, ritrovandosi quindi ad incamminarsi sul nuovo percorso con i presenti compagni di vita. Sapendo quanto determinate scelte modifichino aspirazioni, ambizioni ed obiettivi, e sapendo che una coppia si lega tanto di più se ha obiettivi in comune, desidererei ascoltare una tua considerazione su questo. In un ambiente sociale dove i valori religiosi sono ampiamente condivisi, problemi simili non ve ne sono, ma in una società multiculturale e multireligiosa come la nostra, queste sono tematiche che possibilmente dovrebbero essere prese in considerazione prima del matrimonio. Quando si parla di conflitto, più che di conflitto tra individui dovremmo parlare di conflitto tra visioni della vita. Tale visione determina tutto: la scelta del cibo, la scelta delle amicizie, la scelta dei luoghi da frequentare, del vestiario, degli orari, per cui accade spesso che le due vie si divaricano, e se non c’è un aggiustamento tempestivo, prima che le due posizioni si radicalizzino, non può avvenire altro che una separazione, cosa peraltro non auspicabile. Allora, quando le persone incontrano un nuovo credo, una nuova visione della vita, dovrebbero quanto prima preoccuparsi di farne partecipe il partner che non sa, perché se questi ama veramente, di solito il problema non si pone anzi, generalmente la nuova scelta risolve anche vecchi problemi rimasti insoluti. Uno stile di vita che ha alla base l’accettazione di una scala valoriale è molto stimolante: significa rinascere, ringiovanire, riscoprire il gusto della vita. Se però il partner non ne vuol sapere, allora è una cartina di tornasole. In questo caso è infatti una riprova che la relazione di fatto era già finita. Ciò significa che una vera relazione non c’era mai stata, oppure si era sempre mossa su di una base selvaggiamente individuale, dove ognuno faceva sempre quel che voleva, per cui comunque nemmeno prima era stato possibile impostare una vita fondata su valori comuni. Dove, invece, c’è autentico interesse fra i due membri della coppia, se c’è una buona relazione, normalmente viene fatto uno sforzo per soddisfare l’interesse del partner. Così come quando i genitori amano davvero i figli, se questi prendono una decisione i genitori cercano di favorirli. Una relazione salda, si dimostra per quello che è nel momento del bisogno, nelle necessità, negli entusiasmi… tra persone senzienti ed equilibrate, si valutano la ragione e le motivazioni dell’interlocutore; se nel tempo si è stabilita una relazione di stima, di fiducia, di rispetto, di apprezzamento, se il partner è stato destinatario di così tanta fiducia da parte nostra, noi abbiamo una fiducia implicita nella persona e quindi anche nella sua scelta. Oppure questa fiducia non c’era, ma allora se non c’era, non dipende dal fatto che noi abbiamo adottato una diversa scala di valori. È che non c’era e non c’è. Non pensate che il rapporto di coppia sia un rapporto rigido, strutturato, ingessato. Quando lo fosse deve essere modificato, perché in ogni caso, indipendentemente dalle scelte che si fanno, un rapporto del genere è inaccettabile e certamente poco duraturo. Spesso una certa scelta del coniuge diventa un alibi, una scusa per troncare definitivamente il rapporto. Se facciamo un’analisi approfondita scopriamo infatti che c’erano anche altri principi, altri ideali che non venivano fatti passare. Uno magari dà la colpa alla moglie, poi cambia moglie e i problemi rimangono gli stessi. Una dà la colpa al marito, poi cambia marito e i problemi non cambiano. Questo perché dobbiamo capire che in molti casi il problema siamo noi, o meglio, il problema è situato dentro di noi. Allora dobbiamo guardare realisticamente al quadro nella sua completezza, sforzarci soprattutto di ascoltare la persona che ci sta di fronte, di capire le sue motivazioni e le sue necessità più profonde, e vedere se ci sono ancora delle possibilità per rinsaldare il rapporto di coppia su una base di valori condivisi. Mai prendere una posizione unilaterale, si possono commettere errori molto gravi e poi se ne pagano le conseguenze. Il punto è che le persone oggi si sposano molto frettolosamente, e lo fanno su basi a dir poco discutibili. Questo è probabilmente il vero problema, che sta alla base di ciò che eventualmente accade dopo. Ci si sposa senza conoscersi, ci si sposa fra estranei, quando si fanno, si fanno patti che nessuno dei due è poi in grado di mantenere, perché non ci si conosce profondamente, perché il livello di conoscenza è suggestionato, deviato, defletto, disturbato da molti stereotipi, principalmente culturali, diffusi dai mass-media. Per la stragrande maggioranza delle persone la realtà dell’individuo si ferma al corpo, per cui il carattere, le motivazioni, le tendenze profonde (vasana e samskara) non vengono nemmeno prese in considerazione, e quando poi le persone vanno oltre la vernice e si trovano di fronte ad aspetti profondi della personalità dell’altro, spesso debbono amaramente constatare che non hanno fatto una buona scelta.

DOMANDA: Quando sono nati anche dei bambini frettolosamente, è giusto mantenere unita la coppia fino a che i figli non sono cresciuti? Alle volte ho sentito questa scelta giustificata dalla responsabilità di genitore.
Nel corso della vita ho avuto modo di testimoniare molte situazioni. Ho testimoniato grande sofferenza, ho ascoltato storie molto dolorose, ho visto commettere numerosi errori e ritrovarsi in situazioni drammatiche. In alcuni casi sono stato testimone già nel periodo intermedio della frattura o separazione; a volte ho visto invece nascere le prime fasi di questo allontanamento, e in certi casi ho potuto intervenire in maniera benefica. Ogni caso va studiato a sé, singolarmente, perché anche se rientra al cento per cento nella casistica generale, ha le proprie peculiarità. Premesso questo, io non sono un sostenitore del divorzio, ma debbo dire con rammarico che qualche volta la situazione è così tragica che le persone non si possono più tenere assieme, sarebbe una violenza. Talvolta si sprigionano forze così distruttive, che i bambini sono i primi a farne le spese, magari in maniera irreparabile. Allora, per il bene dei bambini e anche per quello dei coniugi, dovremmo in tempo utile, quando la situazione non ha ancora raggiunto livelli di non ritorno, proporre qualche sana pausa nella relazione, senza però lasciare che il vuoto sia riempito da una terza persona, che in molti casi peggiora il disastro. Questa pausa per essere benefica deve essere una pausa di riflessione profonda; possibilmente, se queste persone hanno un Maestro spirituale, dovrebbero stare con lui o strettamente in contatto, in maniera che possano rafforzare lo studio, la meditazione, il servizio devozionale, in modo da favorire una possibilità effettiva di un recupero di coscienza a livello più alto, dal quale si possa smontare la causa della conflittualità. Se neanche questo è possibile, e se il conflitto diventa violento, la separazione è sicuramente migliore di una ottusa insistenza nel voler mantenere insieme due persone che si ledono vicendevolmente.