08 maggio 2009

'Introduzione alla Sociologia e ai Rapporti Interpersonali (Parte Prima)' di Shriman Matsyavatara Prabhu.

Il tema che ci accingiamo ad affrontare, con un programma di domande e risposte, è di natura specificamente sociologica: in che modo una persona che adotta i principi etici della Scuola vaishnava di Caitanya può vivere nella società del terzo millennio. Questi antichi insegnamenti si possono ancora vivere nel mondo, in mezzo a persone che lavorano, che concepiscono la vita e le relazioni in un modo che è piuttosto lontano dai valori della tradizione? In questa società dove la comunicazione ha raggiunto livelli di velocità sorprendente, ma altrettanto sorprendenti livelli di scadente qualità, quali sono le condizioni ideali o gli adattamenti da fare per applicare nella società odierna la scala di valori fornita dalla civiltà dei Veda?

DOMANDA: Il mio problema è appunto comunicare con l’esterno, addirittura comunicare con la famiglia.
Comunicazione implica due parti che entrano in contatto. A trasmette, B riceve; B trasmette, A riceve. Spesso, quando da una parte c’è comunicazione, c’è anche dall’altra e, ugualmente, quando da una parte c’è difficoltà nel comunicare, c’è anche dall’altra. Probabilmente le difficoltà che tu incontri nel comunicare con la famiglia sono altrettanto forti da parte della famiglia nel comunicare con te. C’è sempre da capire, quando trasmettiamo, come mai il messaggio non venga ricevuto, oppure perché viene ricevuto in maniera distorta. A volte dobbiamo aggiustare la modulazione di frequenza, a volte il linguaggio, a volte i tempi o le circostanze, a volte i temi da comunicare. In alcuni casi può succedere che partiamo troppo dall’alto. Io mi sono trovato, ad esempio, insegnando all’Università, ad iniziare una lezione e rendermi conto dopo pochi minuti che le persone di fronte a me non erano preparate per gli argomenti che stavo presentando, quindi ho dovuto applicare una strategia di adattamento. La comunicazione è una vera e propria scienza, richiede sensibilità, attenzione, una buona dose di rispetto per gli altri. Non credo che tu non abbia questo rispetto, ma dico che spesso manchiamo di sufficiente attenzione nel valutare i bisogni e gli interessi degli altri. Se noi siamo consapevoli di tutto questo, generalmente miglioriamo la nostra comunicazione. Magari non è possibile al livello che vogliamo noi, dobbiamo magari abbassarci un po’ di quota ed aspettare pazientemente che i nostri interlocutori siano pronti per tornare alla specificità del messaggio.

DOMANDA: Ho conosciuto individui che hanno operato una certa scelta di vita dopo che ne avevano già fatte altre decisive, come quella del matrimonio, ritrovandosi quindi ad incamminarsi sul nuovo percorso con i presenti compagni di vita. Sapendo quanto determinate scelte modifichino aspirazioni, ambizioni ed obiettivi, e sapendo che una coppia si lega tanto di più se ha obiettivi in comune, desidererei ascoltare una tua considerazione su questo. In un ambiente sociale dove i valori religiosi sono ampiamente condivisi, problemi simili non ve ne sono, ma in una società multiculturale e multireligiosa come la nostra, queste sono tematiche che possibilmente dovrebbero essere prese in considerazione prima del matrimonio. Quando si parla di conflitto, più che di conflitto tra individui dovremmo parlare di conflitto tra visioni della vita. Tale visione determina tutto: la scelta del cibo, la scelta delle amicizie, la scelta dei luoghi da frequentare, del vestiario, degli orari, per cui accade spesso che le due vie si divaricano, e se non c’è un aggiustamento tempestivo, prima che le due posizioni si radicalizzino, non può avvenire altro che una separazione, cosa peraltro non auspicabile. Allora, quando le persone incontrano un nuovo credo, una nuova visione della vita, dovrebbero quanto prima preoccuparsi di farne partecipe il partner che non sa, perché se questi ama veramente, di solito il problema non si pone anzi, generalmente la nuova scelta risolve anche vecchi problemi rimasti insoluti. Uno stile di vita che ha alla base l’accettazione di una scala valoriale è molto stimolante: significa rinascere, ringiovanire, riscoprire il gusto della vita. Se però il partner non ne vuol sapere, allora è una cartina di tornasole. In questo caso è infatti una riprova che la relazione di fatto era già finita. Ciò significa che una vera relazione non c’era mai stata, oppure si era sempre mossa su di una base selvaggiamente individuale, dove ognuno faceva sempre quel che voleva, per cui comunque nemmeno prima era stato possibile impostare una vita fondata su valori comuni. Dove, invece, c’è autentico interesse fra i due membri della coppia, se c’è una buona relazione, normalmente viene fatto uno sforzo per soddisfare l’interesse del partner. Così come quando i genitori amano davvero i figli, se questi prendono una decisione i genitori cercano di favorirli. Una relazione salda, si dimostra per quello che è nel momento del bisogno, nelle necessità, negli entusiasmi… tra persone senzienti ed equilibrate, si valutano la ragione e le motivazioni dell’interlocutore; se nel tempo si è stabilita una relazione di stima, di fiducia, di rispetto, di apprezzamento, se il partner è stato destinatario di così tanta fiducia da parte nostra, noi abbiamo una fiducia implicita nella persona e quindi anche nella sua scelta. Oppure questa fiducia non c’era, ma allora se non c’era, non dipende dal fatto che noi abbiamo adottato una diversa scala di valori. È che non c’era e non c’è. Non pensate che il rapporto di coppia sia un rapporto rigido, strutturato, ingessato. Quando lo fosse deve essere modificato, perché in ogni caso, indipendentemente dalle scelte che si fanno, un rapporto del genere è inaccettabile e certamente poco duraturo. Spesso una certa scelta del coniuge diventa un alibi, una scusa per troncare definitivamente il rapporto. Se facciamo un’analisi approfondita scopriamo infatti che c’erano anche altri principi, altri ideali che non venivano fatti passare. Uno magari dà la colpa alla moglie, poi cambia moglie e i problemi rimangono gli stessi. Una dà la colpa al marito, poi cambia marito e i problemi non cambiano. Questo perché dobbiamo capire che in molti casi il problema siamo noi, o meglio, il problema è situato dentro di noi. Allora dobbiamo guardare realisticamente al quadro nella sua completezza, sforzarci soprattutto di ascoltare la persona che ci sta di fronte, di capire le sue motivazioni e le sue necessità più profonde, e vedere se ci sono ancora delle possibilità per rinsaldare il rapporto di coppia su una base di valori condivisi. Mai prendere una posizione unilaterale, si possono commettere errori molto gravi e poi se ne pagano le conseguenze. Il punto è che le persone oggi si sposano molto frettolosamente, e lo fanno su basi a dir poco discutibili. Questo è probabilmente il vero problema, che sta alla base di ciò che eventualmente accade dopo. Ci si sposa senza conoscersi, ci si sposa fra estranei, quando si fanno, si fanno patti che nessuno dei due è poi in grado di mantenere, perché non ci si conosce profondamente, perché il livello di conoscenza è suggestionato, deviato, defletto, disturbato da molti stereotipi, principalmente culturali, diffusi dai mass-media. Per la stragrande maggioranza delle persone la realtà dell’individuo si ferma al corpo, per cui il carattere, le motivazioni, le tendenze profonde (vasana e samskara) non vengono nemmeno prese in considerazione, e quando poi le persone vanno oltre la vernice e si trovano di fronte ad aspetti profondi della personalità dell’altro, spesso debbono amaramente constatare che non hanno fatto una buona scelta.

DOMANDA: Quando sono nati anche dei bambini frettolosamente, è giusto mantenere unita la coppia fino a che i figli non sono cresciuti? Alle volte ho sentito questa scelta giustificata dalla responsabilità di genitore.
Nel corso della vita ho avuto modo di testimoniare molte situazioni. Ho testimoniato grande sofferenza, ho ascoltato storie molto dolorose, ho visto commettere numerosi errori e ritrovarsi in situazioni drammatiche. In alcuni casi sono stato testimone già nel periodo intermedio della frattura o separazione; a volte ho visto invece nascere le prime fasi di questo allontanamento, e in certi casi ho potuto intervenire in maniera benefica. Ogni caso va studiato a sé, singolarmente, perché anche se rientra al cento per cento nella casistica generale, ha le proprie peculiarità. Premesso questo, io non sono un sostenitore del divorzio, ma debbo dire con rammarico che qualche volta la situazione è così tragica che le persone non si possono più tenere assieme, sarebbe una violenza. Talvolta si sprigionano forze così distruttive, che i bambini sono i primi a farne le spese, magari in maniera irreparabile. Allora, per il bene dei bambini e anche per quello dei coniugi, dovremmo in tempo utile, quando la situazione non ha ancora raggiunto livelli di non ritorno, proporre qualche sana pausa nella relazione, senza però lasciare che il vuoto sia riempito da una terza persona, che in molti casi peggiora il disastro. Questa pausa per essere benefica deve essere una pausa di riflessione profonda; possibilmente, se queste persone hanno un Maestro spirituale, dovrebbero stare con lui o strettamente in contatto, in maniera che possano rafforzare lo studio, la meditazione, il servizio devozionale, in modo da favorire una possibilità effettiva di un recupero di coscienza a livello più alto, dal quale si possa smontare la causa della conflittualità. Se neanche questo è possibile, e se il conflitto diventa violento, la separazione è sicuramente migliore di una ottusa insistenza nel voler mantenere insieme due persone che si ledono vicendevolmente.

Nessun commento:

Posta un commento