20 ottobre 2009

Il Viaggio di Dante e la Bhagavad-gita.

Esperienza psicologica di Inferno, Purgatorio e Paradiso per l'uomo contemporaneo.
Sabato 26 settembre in Palazzo Vecchio a Firenze la Bhagavad-gita della tradizione vedico-vaishnava, che Shrila Prabhupada ha diffuso in Occidente, e la Divina Commedia di Dante Alighieri, hanno dialogato in uno scenario suggestivo, ispirando e affascinando le circa seicento persone intervenute da tutta Italia per l'occasione. Il suggestivo contesto storico artistico ha ospitato egregiamente l'evento, condotto da Matsyavatara Prabhu. Esso ha avuto luogo nel Salone De' Cinquecento ed è stato videoproiettato in quello De' Dugento. Le scene di battaglia raffigurate nei dipinti del Vasari, il Genio della Vittoria di Michelangelo e le statue di Vincenzo De' Rossi rappresentanti Le Fatiche di Ercole sembravano rievocare i momenti cruciali del viaggio esistenziale di Arjuna nella Gita e di Dante nella Commedia. L'angosciante crisi che entrambi vivono, che pare a loro quasi peggiore della morte, li conduce in una difficile battaglia (‘la guerra sì del cammino e sì de la pietate’) dalla quale escono entrambi vittoriosi. Matsyavatara Prabhu ha dapprima tracciato una contestualizzazione culturale e socio-storico-politica delle due opere, descrivendo tratti peculiari dell'antica tradizione indovedica e della civiltà medioevale ai tempi di Dante con riferimento alle loro rispettive fonti. Sono state offerte prospettive culturali di ampio respiro in uno stimolante confronto-dialogo tra Oriente e Occidente, tracciando collegamenti tra culture solo apparentemente distanti: i grandi classici greci e latini, gli antichi rishi vedici, la tradizione alchemica medievale e il Dolce Stil Novo, la letteratura islamica e i mistici sufi, il cristianesimo e la tradizione della Bhakti vaishnava. Su due grandi schermi scorrevano immagini che rievocavano i contenuti delle due opere, mentre Matsyavatara Prabhu entrava nel vivo approfondendo i profili psicologici dei caratteri di Arjuna e Dante nelle loro sorprendenti convergenze: due eminenti figure politiche, un principe e un priore, che nel loro dramma esistenziale e sociale, appassionatamente intraprendono la ricerca di un sentiero evolutivo che dalla selva oscura li riconduce alla luce dell’alta consapevolezza, il ben dell'intelletto dantesco e il buddhi-yukta di Krishna nella Bhagavad-gita. Attraverso le spiegazioni offerte, le voci di Arjuna e di Dante parevano dialogare tra loro esprimendo le stesse problematiche esistenziali, di cui si è potuta toccare con mano la sorprendente attualità; a tali cruciali interrogativi rispondevano gli insegnamenti di Krishna nella Gita e di Virgilio e Beatrice nella Commedia, offrendo soluzioni e valori di riferimento per vari aspetti convergenti. In entrambi i casi l'esperienza della crisi si rivela essere lo stimolo più grande per la propria personale evoluzione, che passa attraverso il riconoscimento e il superamento dei propri limiti fino all'illuminazione e all'incontro con Dio. Dante riconquista la luce attraverso la discesa negli inferi, in cui riconosce i propri vizi e le umane bassezze, e Arjuna ritrova la pace combattendo nello spirito dell’offerta a Shri Krishna quella battaglia di Kurukshetra che ogni individuo è chiamato ad affrontare nella propria vita. Dando risposta alle domande poste dal pubblico sono emerse, in un coinvolgente e vivido affresco, le caratteristiche degli stati di coscienza di inferno, purgatorio e paradiso, corrispondenti alle dimensioni bhur, bhuvah, svahah della psico-cosmogonia indovedica. I protagonisti della Gita e della Commedia sono stati colti e rappresentati nei loro significati più profondi: uscendo dall'alone di un'interpretazione meramente letteraria e accademica, essi hanno espresso con forza e chiarezza le loro istanze. Chi ascoltava ha potuto rispecchiarsi nelle loro vicende, li ha incontrati nella propria vita, li ha scoperti presenti nel proprio animo poiché sorprendente espressione di debolezze e virtù proprie, di differenti tendenze e livelli di consapevolezza. Alcuni dei temi approfonditi nel confronto tra Bhagavad-gita e Divina Commedia: la figura archetipica del maestro spirituale, gli ostacoli lungo il cammino, il rapporto individuo-società, le vie alchemiche della purificazione del cuore, e soprattutto l'amore come culmine dell'esperienza realizzativa in entrambi i percorsi iniziatici. La Bhakti della tradizione indovedica e l'amor divino della Commedia rappresentano nelle due opere la méta comune da raggiungersi e al tempo stesso il comune mezzo che conduce a quella suprema méta. In essa è racchiuso il senso della vita prima della morte e oltre la morte. Il viaggio dalla terra al cielo, dalla morte all'immortalità, dalle tenebre alla luce, dall'uomo a Dio, dalle passioni egoiche all'amore immortale è l'avventuroso percorso che in parallelo compiono Dante ed Arjuna, e che ogni individuo ha la possibilità di intraprendere per ritrovare la propria collocazione armonica nell'universo e realizzare se stesso oltre i condizionamenti dell'ego, di tempo e spazio. La Gita e la Commedia – ha concluso Matsyavatara Prabhu – sono opere di intramontabile valore, le cui straordinarie convergenze fanno cadere le contrapposizioni tra Oriente e Occidente, abbattono fanatismi laici e religiosi; esse insegnano ad integrare l'umano con il Divino, a realizzare il Divino senza rinnegare l'umano. La Gita e la Commedia possono non solo proficuamente dialogare tra loro, ma far dialogare anche le genti di oggi, l'individuo e la società, creature, creato e Creatore, conducendo nelle loro espressioni più alte alla realizzazione della divina saggezza e dell'amore immortale. L'amor che move il sole e le altre stelle. La Bhakti come suprema forza purificatrice, che trascende i confini di tempo e spazio e che costituisce l'apice di ogni percorso spirituale autentico.
Per chi è interessato è disponibile un video dell'evento.

Per informazioni: secretary@c-s-b.org.

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