23 marzo 2009

'Dio, l’universo e le creature' di Shriman Matsyavatara Prabhu.

L’uomo moderno è confuso; ma a nessun singolo individuo può essere imputata la totale responsabilità o colpevolezza di tale confusione. Nel contempo, infatti, ognuno di noi interpreta, più o meno coscientemente, due ruoli distinti e contrapposti: da una parte quello dell’impiccato e dall’altra quello del boia, che impicca altri individui a ciò condannati; da una parte genera confusione e dall’altra viene confuso dalla confusione generata dagli altri. Così, privo di punti di riferimento stabili e precisi che gli consentano di navigare quietamente fra le onde dell’oceano dell’esistenza materiale, l’uomo moderno, colmo di angosce e timori apparentemente insormontabili, fragile ed instabile nella psiche e pietosamente stremato da nevrosi di varia natura ed origine che gli sottraggono, assorbendole occultamente, ingenti energie, si ritrova tristemente isolato ed incessantemente sballottato e trasportato verso ignote direzioni da tragici ed incontrollabili eventi esterni e da idee aberranti impostegli da individui più forti e prepotenti, che come una tempesta di venti impetuosi lo travolgono e lo costringono a naufragare, spingendo inesorabilmente alla deriva gli irriconoscibili detriti della sua fragile imbarcazione(1). L’uomo della Tradizione, che vive sulla base di un insieme di valori tradizionali, e in particolare di quelli appartenenti alla Tradizione vedico-vaisnava, aveva ed ha tuttora una propria visione cosmogonica: vede e comprende l’universo, essendo quindi in grado di individuare con precisione e certezza la propria posizione nella vastità della manifestazione cosmica. L’uomo moderno, al contrario, ha perso tutti questi punti di riferimento; e paradossalmente, pur avendo fatto passi da gigante nel campo della tecnologia, e in particolare nel settore delle comunicazioni, incontra serissime, quasi insormontabili difficoltà nel comunicare con gli altri. Perduta gradualmente la visione della realtà nella sua organicità, nella sua inscindibile interezza, perduta la consapevolezza della stretta relazione che intercorre fra le parti e il Tutto, si è immerso nello studio ostinato e reiterato del frammento in sè, delle micro-realtà scisse dall’insieme; ma, pur essendone diventato tanto esperto da inventare microscopi e altri macchinari potentissimi(2), deve riconoscere con stupore, sgomento e persino una punta di amarezza che la natura materiale, prendendosi gioco di lui, esce sempre e comunque indenne da questa lotta impari. La natura materiale, infatti, è paragonabile a una scatola cinese: una volta scoperta una cosiddetta realtà, se ne scopre subito un’altra che dalla prima veniva racchiusa. Per cui l’uomo moderno rischia di andare incontro a uno smarrimento traboccante di cupa angoscia, un sottile ma diffuso “mal di vivere” che si radica sempre più profondamente ed acremente negli animi (soprattutto dei più giovani) e che si aggrava pesantemente una volta scoperta la mancanza di risposte ad ampio respiro da parte delle religioni storicamente affermate, le quali spesso impiegano le proprie enormi energie e risorse nella ricerca di vasti consensi popolari, senza però dare risposte soddisfacenti ai tormentosi quesiti sul senso globale dell’intera vicenda cosmica, focalizzando sempre la gran parte dei loro interessi, al contrario, sulla sola sfera antropologica, quindi sull’uomo e sulle sue problematiche. Con atteggiamento assurdamente e riduttivamente antropocentrico, si adoperano quanto più possono per elaborare fin nei minimi dettagli una politica per l’uomo, con intricati (e spesso irrealizzabili) piani economici e sociali su scala nazionale ed internazionale, trascurando, purtroppo, una semplice verità di fondo: l’uomo, se non è in grado di percepirsi nell’essenza e di individuare se stesso nel suo contesto socio-cosmico, non potrà fare nemmeno un progetto serio per il proprio divenire(3). Si rivela quindi necessario definire con la maggior precisione possibile la cosmogonia, o il disegno universale, e l’escatologia, o il fine dell’esistenza.

(1) I sociologi affermano che una setta è costituita da un insieme di persone che tentano di fuggire dalla realtà per cercare una loro dimensione astratta. Per realtà generalmente essi intendono la società espressa dal mondo fisico; concordiamo sul fatto che nel tentativo di sfuggire a quella pseudo-realtà (procedendo nel saggio, risulterà chiaro per quale ragione definiamo pseudo-realtà il mondo fisico) molta gente crea altre pseudo-realtà, ma, come avremo modo di vedere, l’uomo dovrebbe prendere in seria considerazione un aspetto che è di primaria importanza per la vita di ciascuno: l’aldilà.
(2) Ci riferiamo, qui, non solo al riduzionismo, ma anche agli “specialismi” che tanto caratterizzano la vita culturale dell’Occidente moderno.
(3) Con ciò non intendiamo disconoscere l’insieme dei valori etici e spirituali conservati e promossi dalle religioni storiche (il che sarebbe in contraddizione con la necessità di riferirsi a un sapere tradizionale, di cui prima dicevamo), né sminuire l’importanza delle loro azioni sul piano sociale; semplicemente sentiamo la necessità di un’integrazione, di un completamento e rifinimento dei campi d’azione.

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