06 marzo 2009

'Yoga: l’Uomo tra Cielo e Terra' (Lezione introduttiva del seminario) di Shriman Matsyavatara Prabhu.

La vita è un viaggio, a prescindere dal fatto che uno se ne renda conto o meno. Il viaggio di cui vi sto parlando è verso una meta deliberatamente scelta, non è un vagare, un vagabondare, bensì un procedere veloci nella direzione giusta evitando inutili distrazioni, sempre frutto dell’illusione. Affronteremo la natura più intima dell’essere umano: i vizi, le paure, l’avidità, la collera, l’amor proprio, la superbia, e con gioia, scopriremo anche grandi risorse interiori, tesori nascosti, capacità enormi che però giacciono latenti, addormentate, sconosciute al soggetto stesso. Ci occuperemo anche di incidenti sul percorso; non solo di quei rallentamenti o di quelle paralisi creati da noi stessi, ma anche di quelli causati dagli altri, dall’eredità genetica, dalla cerchia familiare, dalle abitudini del luogo e dal luogo stesso, che una così grande influenza ha sulle persone. Uno studente mi chiedeva recentemente se un panorama ameno, un ambiente di bellezze naturali, può influire sul carattere. Certo. Ma le stesse bellezze possono costituire un ostacolo all’evoluzione, così come un ambiente angusto, brutto, deprimente, può accelerare la nostra realizzazione spirituale; tutto dipende dalla nostra motivazione e da come noi utilizziamo ciò con cui veniamo a contatto. Siamo noi che forgiamo il nostro destino con le nostre mani, noi abbiamo creato il presente, più o meno consapevolmente, e lo stesso succederà per il nostro futuro. L’organizzazione del viaggio cui mi sto riferendo richiede meticolosità, pazienza, estrema attenzione, expertise, sensibilità, tutte le nostre doti migliori. Siamo umani e subiamo i limiti e le costrizioni degli umani nella misura in cui noi stessi ce li creiamo. Ma se consideriamo a fondo la nostra natura, senza lasciarci influenzare dai condizionamenti culturali caratteristici di ogni epoca, se riconosciamo la nostra essenza più intima, allora capiamo che siamo fatti per vivere e sviluppare virtù e conoscenza, che non possiamo vivere in gabbia, rimanere in acque stagnanti e che mantenerci consapevolmente in viaggio è un dovere irrimandabile. Incontreremo certamente ostacoli, asprezze, difficoltà, ma potenzialmente abbiamo anche una forza immane, coraggio, naturale predisposizione per la bellezza, per l’amore, per libertà e immortalità. Da qui il tema: "L’Uomo tra Cielo e Terra". Quali sono gli incidenti sul percorso, le disgrazie che ci fanno abbassare di quota e ci fanno sentire sempre più di terra, grevi e opachi? Quand’è che invece mettiamo le ali e diventiamo leggeri e luminosi? In quali circostanze? Quand’è che abbiamo desiderato di più di volare, che ci siamo sentiti librare in alto nel cielo luminoso e abbiamo visto lontano, qualche volta anche oltre l’orizzonte? Questo sarà l’oggetto di ricerca del Seminario che sta per iniziare, questo il nostro viaggio.Tutti i grandi viaggiatori, prima di iniziare le loro esplorazioni, hanno studiato carte, mappe, percorsi. Per accingersi a fare qualcosa di grande, per mettersi in viaggio verso la meta desiderata, occorrono basi di conoscenza e di esperienza. E’ importante aver chiari i propri punti di riferimento per orientare la rotta, occorre aver fatto le dovute valutazioni, pur senza frenare coraggio e intraprendenza, altrimenti il viaggio non comincerà mai. Si è mai sentito dire che uno abbia imparato a nuotare senza entrare nell’acqua? No. Dunque bisogna metterci in cammino e continuare a correggerci durante il tragitto. La buona riuscita del viaggio dipende in gran parte anche dalle compagnie con le quali lo condividiamo. Alcuni tra quelli che incontreremo durante il percorso ci faranno andare molto avanti, ci aiuteranno a progredire; altri invece distoglieranno la nostra attenzione o addirittura ci ostacoleranno, ci faranno cambiare rotta o tornare indietro, anche se alla fine la responsabilità rimarrà nostra e saremo noi a fare la scelta ultima e definitiva. La predisposizione soggettiva è essenziale, infatti ci accorgeremo presto di come l’esito del viaggio sia perfettamente corrispondente alla nostra attitudine interiore. In ogni impresa l’atteggiamento che si assume all’inizio è determinante, perché darà un segno verso l’alto o verso il basso al nostro agire e quindi ai risultati dell’impresa stessa. Quel che succederà dopo la partenza sarà in gran parte la risposta alla nostra predisposizione interiore. Per questo è fondamentale verificare bene la nostra motivazione e il nostro sentire prima di dare inizio a qualcosa. Se vi sentite confusi, smarriti, distratti, non agite. Prima centratevi in voi stessi, siate lucidi nel vostro proposito. Non è solo una questione di volontà, ma soprattutto di aver ben considerato e scelto la meta, secondo gli insegnamenti universali propri di tutte le tradizioni spirituali che favoriscono l’evoluzione dell’essere verso le vette più alte e luminose della coscienza. Una volta scelta la meta e la guida che ci accompagna nel viaggio, quanto più riuscirete a visualizzare le tappe intermedie, tante meno sorprese ci saranno. Il viaggio procederà ed avrà successo nella misura in cui riuscirete e trasformarvi. E’ proprio questa trasfigurazione o trasformazione della coscienza che caratterizza il viaggio ben intrapreso e compiuto. Come un atleta deve aggiungere fibra su fibra ai propri muscoli guadagnandoli dal tessuto adiposo, così il nostro viaggiatore, il ricercatore del sé, l’entronauta, colui che compie il viaggio all’interno dell’universo interiore, raggiungerà l’obiettivo nella misura in cui accrescerà la consapevolezza del proprio sé profondo di natura spirituale e ridurrà il peso condizionante del proprio ego o io storico. Lo scopo è liberarsi dall’illusione di sperimentare un reale appagamento attraverso la mera gratificazione dei sensi, le comodità materiali o altre inutili distrazioni o ostacoli al proprio progresso. Solo su questi presupposti si sarà in grado di sviluppare una visione che oltrepassa le apparenze e arriva all’essenza, che non si limita alla percezione della realtà psicofisica ma che permette di visualizzare le dimensioni più profonde e più fondamentali dell’essere e della vita. Chi vive questa trasformazione interiore, sperimenta altri gusti e tendenze, altre emozioni, aneliti e percezioni rispetto al vivere mondano, fino alla modificazione stessa della struttura psicofisica della persona, sistema nervoso incluso. Se questa trasformazione non ha luogo, possiamo anche dire che il viaggio in realtà non è iniziato, forse perchè il navigante si è dimenticato di sciogliere gli ormeggi. Rema strenuamente ma con gli ormeggi ancora ben saldi e l’alba successiva lo coglierà, affaticato ed amareggiato, allo stesso punto del giorno prima. Nella nostra metafora del viaggio gli ormeggi sono i condizionamenti del carattere, le brutte abitudini, le illusioni e i vizi della coscienza. Come abbiamo spiegato all’inizio, la vita è un viaggio comunque: da naufraghi, sbattuti qua e là dalle onde del karma, oppure un viaggio consapevole con meta deliberatamente selezionata. A noi la scelta. Krishna nella Gita spiega che le motivazioni al viaggio verso l’elevazione della coscienza sono principalmente quattro: la ricerca di sollievo dalla sofferenza, la volontà di raggiungere un obiettivo, la curiosità e la coltivazione della conoscenza. Coloro che soffrono, che sono in ansietà, che vivono sensi di colpa, idee ossessive, paure, gelosie, invidie, conflittualità, lacerazioni e conflitti intrapsichici ed interpsichici di varia natura, desiderano intraprenderlo per modificare in meglio la propria situazione e liberarsi dalla sofferenza opprimente. Ci sono poi coloro che hanno desideri personali da soddisfare, ma che si prefiggono di realizzarli secondo il Progetto di evoluzione universale, in armonia con Dio e le Sue leggi. Vi sono inoltre coloro che si interrogano sulle origini dell’universo, sulla creazione, sul mistero della nascita e della morte, che si pongono numerosi interrogativi esistenziali e che intraprendono il viaggio per trovare risposte alla loro sete di conoscenza, e infine i jnani, coloro che già sanno, e proprio perché sanno hanno piacere di compiere quel viaggio che dalla conoscenza li porterà alla trascendenza. Durante il tragitto coloro che sono più egoicamente motivati debbono innalzare e purificare la loro motivazione per evolvere e raggiungere equilibri sempre superiori altrimenti, una volta raggiunti i loro obiettivi, si troveranno a scendere loro malgrado dal vascello credendo di essere giunti a destinazione e rimanendo invece ancorati ad un livello incompiuto di evoluzione, dunque vincolati ad illusione e sofferenza. Il compimento del viaggio per intero, fino alla meta, porta la persona in quella dimensione oltre lo spazio e il tempo che armonizza bisogni psicofisici e istanze ideali; in essa scompare anche la paura più grande, quella della morte, poiché si è realizzata la natura eterna e spirituale del proprio essere e dalla terra si è giunti al cielo.

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