20 febbraio 2009

'Sulla Purezza' di Shriman Matsyavatara Prabhu.

Numerosi problemi sorgono da contaminazioni del carattere e molte soluzioni stentano a sortire i loro effetti perché è carente la purezza. Se incrementiamo la purezza, i problemi svaniranno. I problemi hanno il loro terreno di coltura nei condizionamenti, e questi ruotano invariabilmente intorno all’ego. Molti di essi non sussisterebbero se trovassero, come in un organismo sano, difese immunitarie vigorose, ma quando la personalità, anziché essere centrata sulla propria essenza spirituale, orbita attorno all’ego, tali difese immunitarie sono carenti e si costituiscono delle problematiche. La loro soluzione consiste nel ricentrarsi attraverso la purezza. Per purezza si intendono quei desideri, quei pensieri, quelle parole e quelle azioni che sono volti a ristabilire la nostra relazione con Dio, Shri Krishna. Purezza è quando siamo consapevoli che quel che desideriamo, che pensiamo, che diciamo, che facciamo vogliamo offrirlo a Krishna e siamo coscienti che Krishna ci ascolta, che Lui è nel nostro cuore e in quello del nostro interlocutore(1). La consapevolezza di essere monitorati passo dopo passo è vivere sulla via della purezza; conseguire questo stato di coscienza è vivere in stato di purezza, la quale non è un bene astratto, ma concreto: vale più dell’oro, dei diamanti, perché produce benessere interiore nel soggetto e negli altri. Ansietà, paura, collera, astio sono esito della conflittualità interiore, la quale si origina per carenza di purezza. Desiderare in maniera pura significa desiderare di far piacere a Guru e Krishna e quando si presenta un desiderio che è opposto al loro piacere, dovremmo essere immediatamente preoccupati. Le parole che usiamo hanno un grande peso e una forte risonanza prima di tutto nel nostro ambiente psicologico, interiore, e di conseguenza sugli altri, poiché siamo tutti in rete anche se non tutti ne sono consapevoli e capaci di connettersi; gli artistici, ad esempio, sono incapaci di entrare in empatia con gli altri poiché imprigionati nella dura crisalide dell'ego, nelle loro difficoltà caratteriali cristallizzate a causa di una personalità eccessivamente ego-riferita, di errori e impurità accumulati attraverso azioni unilateralmente interessate. I quattro principi regolatori che la tradizione vaishnava insegna, sono i principi per riguadagnare la libertà interiore; poiché solo chi è libero interiormente ha davvero capacità di decidere, di scegliere, è indispensabile praticare questa disciplina, la sadhana bhakti, per evitare la contaminazione e tornare al nostro stato naturale e originario di purezza. Evitando di incorrere nelle seguenti quattro categorie di attività empie, la psiche si illumina e si rigenerano visione, gioia, fede e tutte le qualità dell’anima. I quattro princìpi sono:
  • Non mangiare né carne, né pesce, né uova, perché questa astensione ci allontana dalla violenza verso ogni creatura, da un'attitudine aggressiva verso gli altri.
  • Non avere rapporti sessuali illeciti, rapporti che non sono mirati alla procreazione, ma alla mera gratificazione dei sensi e della mente(2). Quando il sesso, originariamente messo a disposizione dalla Natura per la procreazione, diventa un giocattolo, un vizio o una perversione, consuma tempo, risorse e sopratutto ottunde l’intelletto, riducendo la sua capacità di comprensione e visione alla sola esperienza empirica.
  • Abbandonare ogni tipo di intossicante, poiché diventare tossicodipendenti è il colmo della stupidità. Dipendere da ciò che intossica è il massimo della perdita di senso e scopo esistenziale, perché la persona viene trascinata verso la sub-umanità. Ogni stimolante innecessario (sostanze psicoattive: alcol, tabacco, the, droghe di ogni genere) deve essere dunque abbandonato. Allo stesso modo, deve essere abbandonato ogni atteggiamento mentale che risulti nocivo allo sviluppo delle virtù e della conoscenza spirituale. L'intelletto, l’ego, la mente e i sensi devono essere rigorosamente impegnati con determinazione, equilibrio e concentrazione nella sadhana bhakti per lo sviluppo della salute fisica, psichica e spirituale(3).
  • Abbandonare il gioco d’azzardo, che non consiste solo nel giocare a dadi oppure alla roulette, ma anche nel puntare tutto su una professione, su una persona condizionata, su un’azienda, su un partito politico, sulla famiglia, perché lo scopo della vita è invece puntare sul conseguire la libertà dalla sofferenza e dalla morte e conseguire l’illuminazione, la gioia e l’Amore(4). E’ l’abbandono fidente e amoroso a Dio che, liberandoci dalla dolorosa coppia di opposti illusione-delusione, ci consente infine di accedere al rapporto d’amore con Lui e tutte le creature. Occorre dunque gradualmente rinunciare a tutto ciò che è azzardoso perché il gioco d'azzardo non consente di abbandonarsi, pratica invece di fondamentale importanza per l'avanzamento spirituale.
Innanzitutto è necessario rinunciare ad ogni scusa per abbandonarsi; dobbiamo liberare la mente dai condizionamenti senza rimandare. Purifichiamoci fin da adesso senza aspettare che le fantomatiche condizioni esteriori si manifestino. Le pessime relazioni, la sofferenza, sono conseguenze della mancanza di purezza. I problemi aumentano quando s’impostano male le cose a causa dei condizionamenti e delle distorsioni nella struttura psichica. Occorre dunque aderire ad una disciplina interiore rigorosa per fare purezza e pulizia, sia dentro che fuori di noi. All’esterno la purezza consiste nel parlare veritiero, senza duplicità, rivolgendosi agli altri con dolcezza e rispetto(5); è lavarsi, fare in modo che gli indumenti che indossiamo siano puliti. Non è necessario usare profumi: il profumo di pulito è il migliore. Permettete al corpo di esprimere l’aroma che gli è proprio, che è poi quello dei guna. Se siete in sattva guna profumate da sattva guna, se siete in tamas e in rajoguna ne sentirete gli odori. Occorre lavarsi con cura, fare pulizia dentro e intorno a noi, mettere in ordine, imparare a riconoscere le impurità interne ed esterne, eliminandole senza pigrizia. Purezza è imparare a comunicare con le persone intorno a noi, essere onesti, leali, chiari e trasparenti, far presente gentilmente i problemi che può avere il nostro interlocutore, ma anche essere pronti ad ascoltare ciò che ci dicono gli altri a nostro beneficio, a prendere sul serio chi ci fa presente ciò che non va in noi, riflettere seriamente e responsabilmente su ciò che ci viene fatto notare con sincerità e mettere prontamente mano ad eventuali modifiche al carattere. Uno dei più formidabili ostacoli alla purezza è lamentarsi di quel che non va senza fare il necessario per modificare la situazione. La critica negativa, l’attribuire la colpa agli altri dei nostri guai, l'autocommiserazione danneggiano il soggetto poiché sono forme giustificative perverse. Purezza non è solo chiedere perdono a seguito di un’offesa arrecata, ma soprattutto modificare l'atteggiamento offensivo. Non è sufficiente confessare un errore commesso, ma cessare l'attitudine perversa. Confessarsi senza modificare l'atteggiamento verso l’errore risulterà alquanto sterile(6). Purezza è ricercare la compagnia di persone sante per servirle, cosicché la nostra vicinanza non sia solo spaziale ma di intenti e fondata sul servizio. Questa compagnia purifica il carattere, la personalità(7). Purezza è parlare alle persone della scienza della realizzazione spirituale, senza fare discorsi di spiritualismo astratto; è presentare la disciplina della sadhana bhakti, indispensabile strumento per la destrutturazione dei condizionamenti e per l’avanzamento spirituale. La purezza non si costruisce ma si ripristina, perchè nella nostra essenza spirituale siamo puri e desideriamo gioia, libertà, salute, intelligenza, affetto e amore, tutti valori che abbondano solo in un clima di purezza. Quando invece la coscienza si contamina, tutte le qualità si annebbiano. Per essere autenticamente felici, dobbiamo considerare la purezza come obiettivo assolutamente necessario e urgente da raggiungere. La purezza è sattva guna, dobbiamo mettere dunque le radici in sattva guna. A questo proposito vi consiglio di ascoltare il seminario tenuto a Colle Val D'elsa nell'agosto del 2005 dal titolo: I sentieri dell'amore; in questa occasione ho commentato l'undicesimo canto dello Shrimad Bhagavatam, in particolar modo il capitolo in cui Krishna canta le glorie della purezza (sattva guna) ed esorta il Suo grande amico e devoto Uddhava a vivere puramente. Nella Bhagavadgita viene detto che se non si conquista il livello sattvico ogni progetto di realizzazione è utopico. L'avanzamento spirituale è possibile dunque solo attraverso il conseguimento (e il superamento) di sattva guna. In tamoguna e in rajoguna nessuno può diventare illuminato spiritualmente. Non è efficace meditare su Dio e allo stesso tempo compiere attività egoiche. Purezza è anche evitare radicalmente le dasha aparadha(8) nella meditazione sul Santo Nome, affinché gli effetti prodigiosi del canto si manifestino. Occorre fare purezza nel cuore se vogliamo che Krishna appaia, predisporsi per far funzionare il maha mantra come strumento di purificazione della coscienza. Fare purezza nel cuore è indispensabile, perché se la mente e il cuore non diventano puri, l’illuminazione non si manifesta e la gioia e l'ispirazione percepite a sprazzi non diventeranno mai uno stato stabile e continuo della coscienza. La purezza è una condicio sine qua non per realizzare il risveglio delle qualità spirituali; se ci realizziamo spiritualmente le qualità più elevate e i sentimenti più nobili dell'anima si manifesteranno in modo naturale. La purezza è tutto ciò che consapevolmente ci avvicina a Dio, è la volontà determinata di avvicinarsi a Krishna, di invocarLo, di percorrere il sentiero della realizzazione spirituale. La purezza è indispensabile e senza questa consapevolezza inganniamo noi stessi e gli altri. In ambiente di purezza la struttura psichica si sattvicizza e il soggetto inizia a sentire forte il desiderio di realizzazione spirituale e con questo altri doni si manifestano come esito di una maggiore sattvicità della coscienza. I primi due frutti maturi che si manifestano sono karuna e kripa, la compassione e la misericordia, ovvero due tra le principali funzioni archetipe che illuminano la personalità. Coloro che non giungono a sattva-guna soffrono e fanno soffrire, e proprio per queste loro caratteristiche sono agenti di discordia. Solo quando la coscienza diventa sattvica si trasforma la personalità e attraverso le funzioni di karuna e kripa il soggetto modifica la propria traiettoria gravitazionale e dall’orbita dell’ego si sposta all’orbita del Sé supremo: da peso e causa costante di conflitti e di sofferenze, diventa patrimonio per il genere umano.


(1) Cfr. Bg. XIII.23.
(2) I rapporti intimi tra coniugi meritano un discorso a parte. Per approfondire la questione si rimanda alla lettura dell’articolo di Marco Ferrini dal titolo “Relazioni familiari”.
(3) La mente deve esere utilizzata per elevarsi, non per degradarsi, ma chi non riesce a dominarla avrà serie difficoltà nel cammino della realizzazione spirituale. Cfr. Bg. VI.5-6.
(4) Cfr. Bg.XIII.8-12.
(5) Cfr. Bg. XVII.15.
(6) Cfr. Divina Commedia, Inferno XXVII.117-120: “Assolver non si può chi non si pente, né pentere e volere assieme puossi, per la contraddizion che nol consente”.
(7) Sadhu-sanga, sadhu-sanga sarva-shastre kaya lava-matra sadhu-sange sarva-siddhi haya (Cc. Madhya 22.54). Tutte le Scritture rivelate affermano che grazie anche ad un solo attimo di compagnia dei sadhu, persone sante, è possibile ottenere ogni perfezione [il successo della vita umana].
(8) Vedi nel testo Guru-discepolo “le 10 offese” in appendice.

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